Dal sito www.giust.it Rivista di diritto pubblico diretta dal Prof. Giovanni Virga

 

TRIBUNALE DI TARANTO, SEZ. I CIVILE - Sentenza 11 novembre 1999 - Pres. Genoviva, Est. Ancona - CARROZZO (Avv. Caricato) c. PROVINCIA DI TARANTO (Avv. Rana) e BRIZIO (n.c.).

Dopo l'entrata in vigore della legge 25 marzo 1993 n. 81 (recante norme sull'elezione diretta del Sindaco, del presidente della Provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), devono ritenersi attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario, al quale sono devolute le controversie in materia di compatibilità e di eleggibilità a consigliere comunale nonché in materia di decadenza da detta carica, anche i giudizi concernenti la legittimità della nomina degli assessori da parte del sindaco o del presidente della Provincia, ove si alleghi il difetto, nelle persone nominate, dei requisiti inderogabilmente prescritti dalla legge o, comunque, la violazione di norme, parimenti inderogabili, che condizionano e limitano il potere di scelta e di nomina ora attribuito al sindaco o al presidente della Provincia (1).

Tali controversie vanno decise tenendo conto dell’unicità del sistema del contenzioso elettorale amministrativo, nell'ambito del quale vanno ricondotti tutti i giudizi vertenti sulla conformità a legge della costituzione e composizione degli organi degli enti locali, dato che, in difetto di una specifica normativa al riguardo, i principi che regolano il contenzioso elettorale amministrativo esprimono principi generali ricollegabili alla natura e consistenza delle posizioni rispettivamente dedotte in giudizio, ed hanno quindi una capacità di espansione e di adattamento alle nuove situazioni determinate da leggi sopravvenute (2).

E’ illegittimo il provvedimento con il quale un Presidente di Provincia ha nominato quale assessore un soggetto che aveva esercitato le funzioni di Direttore Generale dell'Unità Sanitaria Locale il cui territorio è ricompresso nel territorio provinciale sino a pochi giorni prima della consultazione elettorale, atteso che, da un lato, ai sensi dell'art. 33 co.3 della legge n. 142/1990, come sostituito dall'art. 23 L. 25.3.93 n. 81, "nelle province gli assessori sono nominati dal Presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di compatibilità ed eleggibilità alla carica di consigliere", e che, dall’altro, l'art. 3, comma 9, del d. lgs. 30.12.1992 n. 502, così come sostituito dall'art. 4 del d. lgs. 7.12.1993 n. 517, dispone che: "Il direttore generale non è eleggibile a membro … dei consigli provinciali … salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi"; "In ogni caso il direttore generale non è eleggibile nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'unità sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura". Lo spirito di quest’ultima norma è quello di evitare possibili fenomeni di condizionamento della volontà degli elettori da parte di chi ricopriva determinate cariche amministrative, quale quella di Direttore generale della AUSL, in epoca prossima allo svolgersi della competizione elettorale.

(1 e 2) Cfr., sia pure con riferimento solo alle nomine effettuate dal sindaco, Cass., Sez. Unite, sentenza 28.11.1994, n. 10131.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI TARANTO, PRIMA SEZIONE CIVILE

composto dai sigg. magistrati:

  1. DOTT. PIETRO GENOVIVA - PRESIDENTE
  2. DOTT. MICHELE ANCONA - GIUDICE REL.

3) DOTT. GIUSEPPE DE MARZO - GIUDICE

ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile in primo grado, iscritta al n.953 del R.G. anno 1999/S, riservata per la decisione nell'udienza del 5.11.1999,

TRA

CARROZZO GAETANO, elettivamente domiciliato in Taranto, presso lo studio dell'avv. Francesco Caricato, dal quale è rappresentato e difeso, come da mandato a margine del ricorso introduttivo,

- ricorrente -

E

PROVINCIA DI TARANTO, in persona del Presidente pro-tempore avv. Domenico Rana, elettivamente domiciliata in Taranto in via Anfiteatro n. 4, rappresentata e difesa dagli avv.ti Tiziana Mazzacane e Luigi Paccione, in virtù di mandato a margine del controricorso depositato il 12.10.99 e giusta delibera di conferimento di incarico n. 364 del 7.10.99,

-resistente-

nonché

BRIZIO GIUSEPPE -resistente contumace-

nonché

PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto.

OGGETTO: Ricorso elettorale.

Nell'udienza di discussione i procuratori delle parti hanno così concluso:

per il ricorrente: dichiarare la decadenza di Brizio Giuseppe nato a Castellaneta il 7.1.1944 dalla carica di assessore e vice Presidente della Giunta Provinciale di Taranto, condannando i resistenti al pagamento delle spese processuali, da distrarsi in favore del procuratore del ricorrente;

per la Provincia di Taranto: 1)rigettare integralmente ogni avversa richiesta perché infondata tanto in punto di fatto, quanto in punto di diritto; 2) in via massimamente gradata, in caso di mancato accoglimento della richiesta sub 1), sollevare dinanzi alla competente Suprema Corte eccezione di incostituzionalità delle norme di cui all'art. 3, comma 9, del d. lgs. N. 502/1992, all'art. 23 della legge 25 marzo 1993, n. 81, nonché di ogni altra norma alle stesse collegabili.

Il Pubblico ministero ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 18.9.1999 Carrozzo Gaetano, nella sua qualità di elettore della Provincia di Taranto, nonché consigliere provinciale eletto in esito alle elezioni amministrative per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Taranto del 13 giugno 1999 esponeva che il Consiglio Provinciale di Taranto eletto nel corso del primo semestre dell'anno 1995 aveva terminato il proprio naturale quadriennio il 23.4.1999 ed il Prefetto, con atto del 31.3.1999, aveva provveduto a convocare i comizi per la elezione diretta del Presidente della Provincia e dei trenta consiglieri provinciali per il successivo 13.6.1999.

Aggiungeva che, risultato eletto alla carica di Presidente della Provincia l'avv. Domenico Rana, questi, ai sensi dell'art. 34 L. 142/1990, così come modificato dall'art. 16 della legge 25.3.1993 n. 81, aveva nominato, con proprio decreto n. 18 del 12.7.99, otto assessori, tra i quali Brizio Giuseppe, nato a Castellaneta il 7.1.1944, nominandolo, altresì, vice Presidente della Provincia di Taranto. Precisava che in detto decreto presidenziale si affermava in maniera non corrispondente al vero che nei confronti del Brizio non sussisteva alcuna causa di ineleggibilità o di incompatibilità, in quanto il Brizio aveva esercitato le funzioni di Direttore Generale dell'Unità Sanitaria Locale TA/1, con sede in Taranto, sino al 2.6.1999 (data della Determinazione Dirigenziale n. 137 a cura dell'Assessorato alla Sanità e Servizi Sociali della Regione Puglia -Settore Sanità- con la quale si era preso atto della sentenza n. 267/99 del Tar Puglia sez. II, per effetto della quale il dott. Brizio risultava decaduto ad ogni effetto di legge), cioè sino ad undici giorni antecedenti alla consultazione elettorale del 13.6.99, data sicuramente successiva al termine ultimo del 25.10.1998 (corrispondente al centottantesimo giorno antecedente al 23.4.1999, data di scadenza dell'organo elettivo del Consiglio Provinciale).

Puntualizzava che vi era identità tra il territorio della Azienda USL TA/1 nella quale il Brizio aveva svolto il mandato di Direttore generale e quello della consultazione elettorale (Provincia di Taranto) e che l'impedimento alla nomina del Brizio alla carica di assessore provinciale era contenuto nell'art. 23 della Legge 25.3.93 n. 81, a norma del quale "nelle province gli assessori sono nominati dal Presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di compatibilità ed eleggibilità alla carica di consigliere", con riferimento all'art. 3, comma 9, del d. lgs. 30.12.1992 n. 502, così come sostituito dall'art. 4 del d. lgs. 7.12.1993 n. 517, a norma del quale "Il direttore generale non è eleggibile a membro … … … dei consigli provinciali … salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi"; "In ogni caso il direttore generale non è eleggibile nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'unità sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura".

Precisava che lo spirito della norma era quello di evitare possibili fenomeni di condizionamento della volontà degli elettori da parte di chi ricopriva determinate cariche amministrative quale quella di Direttore generale della AUSL; chiedeva dichiararsi la decadenza del Brizio dalla carica di assessore e vice presidente della Giunta provinciale di Taranto.

Il Presidente del Tribunale fissava l'odierna udienza per la discussione, nominava il relatore ed assegnava i termini per la notifica.

Si costituiva la Provincia di Taranto in persona del Presidente pro-tempore avv. Domenico Rana ed osservava che il dott. Brizio era stato nominato assessore al di fuori della compagine degli eletti nel Consiglio; che alla data del decreto presidenziale n. 18 del 12.7.1999 egli non rivestiva alcuna carica pubblica; che l'atto di investitura degli assessori era del tutto estraneo a procedure elettive e si inseriva armonicamente nell'evoluzione del sistema di governo locale transitato da forme di tipo assembleare a forme di tipo presidenziale; che, in definitiva, appariva inappropriata la trasposizione dei criteri di ineleggibilità alle ipotesi di investitura nella carica assessorile che avvenga al di fuori dei procedimenti elettorali; sicché, il richiamo contenuto nell'art. 23 della legge 25.3.1993 n. 81, laddove prescrive che il Presidente della Provincia scelga i propri assessori "fra i cittadini in possesso dei requisiti di compatibilità ed eleggibilità alla carica di consigliere", doveva intendersi limitato alle sole ipotesi di incompatibilità rispetto alla carica di assessore e non di ineleggibilità, con la conseguenza della inapplicabilità al caso di specie di ogni sbarramento temporale circa la carica di direttore generale ricoperta e la sanabilità di ogni situazione di incompatibilità derivante dal cumulo di cariche, tramite la cessazione del titolare dalla carica confliggente.

Aggiungeva che con sentenza n. 267 /99 del decorso aprile, il Tar Puglia aveva dichiarato la decadenza del dott. Giuseppe Brizio dall'incarico di Direttore Generale della ASL TA/1 con effetto ex tunc e, quindi, fin dal 1997; sicché, pur volendo accedere alla tesi avversa, la stessa era inapplicabile al caso di specie, in considerazione di quanto deciso dal Tar Puglia.

Prospettava un profilo di incostituzionalità della norma richiamata dal ricorrente, laddove non avrebbe consentito al direttore generale di rimuovere la causa di incompatibilità, al contrario di quanto previsto in favore dei consiglieri provinciali.

Contestava che si fossero verificate ipotesi di "gravi e persistenti violazioni di legge" , tali da legittimare lo scioglimento autoritativo dell'organo elettivo e chiedeva il rigetto del ricorso perché infondato in fatto ed in diritto ed in via subordinata che fosse sollevata questione di incostituzionalità della normativa richiamata.

Con memoria depositata il 30.10.1999 la provincia di Taranto contestava l'applicabilità del procedimento in questione, poiché la fattispecie all'esame non era frutto di procedimento elettorale, ma espressione di atto amministrativo monocratico a firma del Presidente della Provincia; ribadiva i profili di infondatezza della domanda proposta dal Carrozzo, atteso che non di ineleggibilità doveva parlarsi, con riferimento al direttore generale di A.U.S.L., ma di incompatibilità, ipotesi non sussistente per il Brizio.

All'udienza fissata, il P.M., nella persona del sostituto procuratore della Repubblica di Taranto, dott. Maurizio Carbone, ha chiesto l'accoglimento del ricorso e le parti hanno discusso riportandosi alle proprie conclusioni. Il Collegio, ritiratosi in camera di consiglio, ha deciso mediante lettura del dispositivo in udienza.

Motivi della decisione

Il ricorso è, ad avviso del Collegio, fondato e deve essere accolto, con le ovvie conseguenze in ordine alle spese.

In via preliminare deve essere risolta la questione della ammissibilità del procedimento di ricorso elettorale disciplinato dall'art. 82 D.P.R. 16.5.60, n. 570 nella fattispecie in esame.

Sostiene l'ente resistente che, poiché la nomina del Brizio non è frutto di consultazione elettorale, ma di atto amministrativo del Presidente della Provincia, il procedimento disciplinato dall'art. 82 DPR 570/60 non sarebbe applicabile.

L'eccezione appare infondata.

Ed infatti, la Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 10131 del 28.11.1994, ha avuto modo di affrontare la questione in fattispecie del tutto analoga, la nomina degli assessori da parte del Sindaco a seguito della riforma per effetto della legge n. 81 del 25.3.93 e, da un lato, ha stabilito la giurisdizione del giudice ordinario rispetto a quella del giudice amministrativo, dall'altro, in motivazione, ha sottolineato l'unicità del "sistema del contenzioso elettorale amministrativo, nell'ambito del quale vanno ricondotti tutti i giudizi vertenti sulla conformità a legge della costituzione e composizione degli organi degli enti locali". Ed ha aggiunto, ancora, che, in difetto di una specifica normativa al riguardo, i principi che regolano il contenzioso elettorale amministrativo esprimono principi generali ricollegabili alla natura e consistenza delle posizioni rispettivamente dedotte in giudizio, "ed hanno quindi una capacità di espansione e di adattamento alle nuove situazioni determinate da leggi sopravvenute". Sicché, dopo l'entrata in vigore della legge 25 marzo 1993 n. 81 (recante norme sull'elezione diretta del Sindaco, del presidente della Provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale), "devono ritenersi attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario, al quale sono devolute le controversie in materia di compatibilità e di eleggibilità a consigliere comunale nonché in materia di decadenza da detta carica, anche i giudizi concernenti la legittimità della nomina degli assessori da parte del sindaco, ove si alleghi il difetto, nelle persone nominate, dei requisiti inderogabilmente prescritti dalla legge o, comunque, la violazione di norme, parimenti inderogabili, che condizionano e limitano il potere di scelta e di nomina ora attribuito al Sindaco".

E tale affermazione è fondata su un duplice ordine di considerazioni: la prima, consistente nel fatto che "in questi ultimi giudizi come in quelli espressamente indicati negli artt. 1 e 5 della legge 1147 del 1966 sono coinvolte posizioni di diritto soggettivo perfetto, la cui tutela spetta in ogni caso al giudice ordinario in forza di un generale e fondamentale principio dell'ordinamento processuale civile e della legge abolitiva del contenzioso amministrativo"; la seconda, derivante da "una esigenza evidente di coerenza e di armonia del sistema del contenzioso elettorale amministrativo, considerata l'identità, negli uni e negli altri giudizi, non soltanto delle posizioni giuridiche dedotte, ma anche dell'oggetto dell'accertamento giudiziale, teso alla verifica della sussistenza delle condizioni e dei requisiti richiesti dalla legge tanto per l'elezione a consigliere comunale e per l'esercizio delle relative funzioni quanto per la nomina e per l'assunzione della carica di assessore". Orbene, ritiene il Tribunale che le medesime evidenti esigenze di coerenza e di armonia del sistema del contenzioso elettorale amministrativo debbano valere ad escludere la possibilità di far valere la tutela delle posizioni in esame con qualsiasi procedimento diverso da quello disciplinato dall'art. 82 DPR n. 570/1960 e tanto meno con il ricorso al rito del giudizio ordinario civile, come ventilato dalla difesa dell'ente resistente in sede di discussione.

Quanto alla osservazione secondo cui tali principi non sarebbero vincolanti per l'interprete perché contenuti solo nella motivazione della sentenza della Suprema Corte e non nel dispositivo, è sufficiente osservare che le sezioni unite, nel giudizio posto a fondamento della sentenza esaminata, erano chiamate a pronunciarsi solo sul riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in sede di regolamento di giurisdizione e non potevano che limitare la propria pronuncia a detto ristretto ambito. Ciò che nulla toglie all'autorevolezza e condivisibilità delle ulteriori considerazioni testé riportate.

Come detto in apertura, nel merito la domanda appare pienamente fondata.

Ed infatti, un dato testuale normativo ineludibile e di chiarissima intelligibilità pone un preciso limite al potere del Presidente della Provincia di nominare gli assessori. A norma dell'art. 33 co.3 della legge n. 142/1990, come sostituito dall'art. 23 L. 25.3.93 n. 81, "nelle province gli assessori sono nominati dal Presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di compatibilità ed eleggibilità alla carica di consigliere", con riferimento all'art. 3, comma 9, del d. lgs. 30.12.1992 n. 502, così come sostituito dall'art. 4 del d. lgs. 7.12.1993 n. 517, a norma del quale "Il direttore generale non è eleggibile a membro … … … dei consigli provinciali … salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi"; "In ogni caso il direttore generale non è eleggibile nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'unità sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura".

Lo spirito della norma è quello di evitare possibili fenomeni di condizionamento della volontà degli elettori da parte di chi ricopriva determinate cariche amministrative, quale quella di Direttore generale della AUSL, in epoca prossima allo svolgersi della competizione elettorale.

La difesa dell'ente resistente ha proposto una interpretazione diversa della normativa richiamata, in un primo momento omettendo di considerare la presenza del requisito della "eleggibilità" a consigliere provinciale in capo al soggetto che aspiri alla carica di assessore; in un secondo momento, con la memoria depositata il 30.10.1999, considerandola una forma sui generis di incompatibilità, denominata "ineleggibilità relativa", pur sempre riconducibile alle ipotesi di incompatibilità, rimovibile con la cessazione della carica confliggente all'atto della nomina ad assessore.

Le due prospettazioni non appaiono convincenti: la prima, perché all'interprete non è consentito omettere di considerare il dato letterale quale emergente dalla chiara lettura della norma da interpretare (in claris …), soprattutto allorquando l'unica interpretazione resa possibile dalla lettura sia conforme allo spirito della norma stessa; nel nostro caso, lo spirito della norma è quello di evitare che, così come per l'elezione alla carica di consigliere, anche per la nomina alla carica di assessore la scelta cada su persona la quale, per la carica amministrativa ricoperta fino a poco tempo prima delle elezioni, avrebbe potuto orientare e -perciò- condizionare la volontà degli elettori.<O:P</O:P

Non appare condivisibile neppure la seconda prospettazione, che si riduce nella pretesa di leggere "incompatibilità" laddove è scritto "ineleggibilità", con una inutile duplicazione ermeneutica di cui non si conosce l'utilità pratica e lo spirito che dovrebbe sorreggerla.

Appare pacifico tra le parti che il Brizio ha esercitato le funzioni di Direttore Generale dell'Unità Sanitaria Locale TA/1, con sede in Taranto, sino al 2.6.1999 (data della Determinazione Dirigenziale n. 137 a cura dell'Assessorato alla Sanità e Servizi Sociali della Regione Puglia -Settore Sanità- con la quale si era preso atto della sentenza n. 267/99 del Tar Puglia sez. II, per effetto della quale il dott. Brizio risultava decaduto ad ogni effetto di legge), cioè sino ad undici giorni antecedenti alla consultazione elettorale del 13.6.99, data sicuramente successiva al termine ultimo del 25.10.1998 (corrispondente al centottantesimo giorno antecedente al 23.4.1999, data di scadenza dell'organo elettivo del Consiglio Provinciale).

La difesa dell'ente resistente ha sostenuto che con sentenza n. 267/99 il Tar Puglia aveva dichiarato la decadenza del dott. Giuseppe Brizio dall'incarico di Direttore Generale della ASL TA/1 con effetto ex tunc e, quindi, fin dal 1997; sicché la normativa richiamata dal ricorrente era da considerarsi inapplicabile.

Anche tale prospettazione non appare condivisibile.

Ed infatti, per giurisprudenza costante della Suprema Corte, anche l'esercizio soltanto di fatto di funzioni dirigenziali in cui si sostanzia l'ipotesi ostativa alla eleggibilità è sufficiente a concretizzare l'ipotesi invocata (ineleggibilità), in quanto il difetto di forma non esclude l'idoneità dell'attività effettivamente svolta dal candidato a produrre potenziale alterazione della par condicio degli aspiranti alla carica: "Ai fini del concretamento della condizione di ineleggibilità - che, in quanto tale ed a differenza di quelle implicanti semplice incompatibilità, deve cessare, onde impedire la decadenza dell'eletto, col compimento dell'atto dimissivo dall'incarico, entro il termine per la presentazione delle candidature - alla carica di consigliere comunale, prevista dall'art. 2, 1º comma, n. 8, l. 23 aprile 1981 n. 154, la circostanza che l'esercizio di funzioni dirigenziali apicali nell'ambito della struttura sanitaria del comune di cui trattasi sia avvenuto soltanto di fatto, a causa dei vizi dell'atto amministrativo di conferimento dell'incarico, non assume rilievo dirimente, in quanto un tale difetto di forma non esclude l'idoneità dell'attività effettivamente svolta dal candidato a produrre potenziale alterazione della par condicio degli aspiranti alla carica" (Cass., sez. I, 28-10-1993, 10743/1993, Pestarino — Angelini); ed ancora, "La qualità di "ministro di culto", prevista dall'art. 6 d.p.r. 16 maggio 1960, n. 570, come ostativa alla "nomina" alla carica di sindaco, deve, nel nuovo sistema introdotto dalla l. 25 marzo 1993, n. 81 il quale prevede l'elezione diretta del sindaco e dei consiglieri comunali da parte dei cittadini del comune, essere annoverata fra le cause di "ineleggibilità" in senso stretto di cui all'art. 2 l. 23 aprile 1981, n. 154; a tali fini, deve ritenersi che essa qualità (la quale si riferisce alla funzione esercitata di amministrare il culto, e che, con riferimento alla chiesa cattolica, designa i fedeli che, avendo ricevuto il sacramento "dell'ordine", adempiono alle funzioni di "insegnare, santificare, e governare" i fedeli) venga in considerazione, proprio in relazione al concreto esercizio (o alla possibilità di esercizio) di tale specifica funzione, quale requisito ostativo all'elezione alla carica di sindaco; elezione la quale, a seguito dell'entrata in vigore della l. n. 81 del 1993, è - per l'appunto - rimessa direttamente ai cittadini dei rispettivi comuni (art. 16), non diversamente da quella dei consiglieri comunali (art. 11 d.p.r. n. 570 del 1960); ciò induce pertanto a ritenere che la cessazione da ogni servizio ministeriale, privando l'interessato della possibilità di esercitare le funzioni connesse al ministero sacerdotale, abbia a rimuovere ogni pericolo di influenza sulla libera determinazione degli elettori, e comporti il venir meno della suddetta causa di ineleggibilità; né vale - in contrario - richiamare la circostanza per cui la "sacra ordinazione", una volta validamente ricevuta, non possa essere più cancellata, ed infatti non è sotto un tale aspetto che la qualità di ministro di culto viene presa in considerazione quale causa di "ineleggibilità" a determinate cariche fra le quali quella di sindaco; con la previsione in esame si è inteso - infatti - solo garantire la libera determinazione della volontà degli elettori da indebite interferenze che solo il concreto esercizio di attività pastorali rende possibili e configurabili" (Cass., sez. I, 14-04-1997, 3193/1997, Oronzo — Greco).<O:P</O:P

Quanto alla questione di incostituzionalità della normativa richiamata, sollevata da parte resistente in via subordinata, la stessa appare manifestamente infondata.

Sostiene l'ente resistente che l'applicazione della normativa in parola "priverebbe il cittadino che riveste la carica di direttore generale del diritto di essere nominato nella carica assessorile della provincia con atto monocratico postumo rispetto alle elezioni, previa cessazione dalla carica incompatibile, senza possibilità per l'interessato di preventivamente rimuovere la presunta causa di incompatibilità", al contrario di quanto sarebbe consentito per gli aspiranti consiglieri provinciali.

In proposito, ed immaginando che l'eccezione di incostituzionalità sia stata sollevata con riferimento all'art. 3 Cost.- si osserva che le posizioni del cittadino che vanti l'aspettativa ad essere nominato assessore e quella del cittadino che eserciti il diritto di elettorato passivo candidandosi alla carica di consigliere, comunale o provinciale, sono del tutto dissimili, sicché il legislatore bene ha potuto regolarle in maniera difforme, senza che vi sia lesione alcuna del principio di uguaglianza.

Ma ancora, la soluzione prospettata da questo Tribunale nella interpretazione della normativa richiamata (l'unica, si ribadisce, conforme al dato letterale ed allo spirito della norma), consente al cittadino che rivesta anche la carica di Direttore generale della A.U.S.L. di far valere entrambe le posizioni soggettive nell'unico ed omogeneo modo previsto dalla legge: cessando dalle funzioni esercitate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza del periodo di durata dell'organo per il quale ci si candida od in relazione alla cui elezione si aspira ad essere nominati assessori nella relativa giunta (art. 3 co.9 D.lgs. n.502/92, come sost.).

Da ultimo, la difesa dell'ente resistente ha sostenuto che non potrebbe essere richiesto il requisito della eleggibilità al cittadino da nominarsi assessore, perché, ove lo spirito della norma fosse quello di evitare condizionamenti della volontà degli elettori, ciò costituirebbe ipotesi di reato, sanzionata con altre modalità dallo Stato.

L'argomento appare suggestivo.

Ed infatti, a parte la considerazione secondo cui l'osservazione potrebbe valere anche per il candidato consigliere comunale o provinciale (i presupposti per la ineleggibilità sono gli stessi), si rileva che appare del tutto plausibile che l'ordinamento persegua la tutela di un bene tanto rilevante quale quello della libertà nell'esercizio del diritto di voto sia attraverso lo strumento della norma penale, sia attraverso lo strumento della sanzione di ineleggibilità, volta a scongiurare il semplice "rischio" che chi si candida o venga poi ad essere nominato assessore possa - in astratto- condizionare la libertà di voto, per avere rivestito la posizione soggettiva di amministratore di determinati enti.

In definitiva, in accoglimento del ricorso, deve essere dichiarata la decadenza di Brizio Giuseppe dalla carica di assessore e di vice-presidente della giunta provinciale di Taranto.

Alla soccombenza segue la condanna dei resistenti, in solido, al pagamento in favore del ricorrente delle spese di causa, liquidate in dispositivo, con distrazione in favore del procuratore costituito.

P. Q. M.

Il Tribunale, visti gli artt. 82 DPR 570/1960, come modificato, art. 33 della legge 8.6.90 n. 142, come modificato dall'art. 23 L. 25.3.93 n. 8, art. 3 comma 9 D.Lgs. 30.12.1992, n. 502, così come sostituito dall'art. 4 D. Lgs. 7.12.1993 n. 517; dichiara Brizio Giuseppe decaduto dalla carica di assessore e vice-presidente della giunta provinciale di Taranto.

Condanna la Provincia di Taranto in persona del Presidente pro-tempore, nonché il Brizio, in solido tra loro, al pagamento in favore del ricorrente delle spese di causa, che liquida in complessive £. 3.325.000, di cui £. 25.000 per spese, £. 1.000.000 per diritti, £. 2.000.000 per onorari e £. 300.000 per spese generali, oltre IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore del procuratore costituito, avv. F. Caricato.

Taranto, 5 novembre 1999

Il giudice estensore Il Presidente

Dr. Michele Ancona Dr.Pietro Genoviva