ITALIA OGGI

Venerdì 15 Dicembre 2000

IMPOSTE E TASSE

Sentenza della corte di giustizia europea interpreta la VI direttiva del 17/5/77

COMUNI, parcheggi senza iva

Gestione di pubblica autorità esente dal tributo

DI FRANCO RICCA

Non è soggetta a Iva la gestione, da parte di un comune, di aree destinate al parcheggio degli autoveicoli, trattandosi di attività svolta in veste di pubblica autorità.

Lo ha stabilito la corte di giustizia europea con una sentenza emessa ieri a conclusione del procedimento C-446/98, promosso dall'autorità giudiziaria portoghese, definendo le numerose questioni prospettatele in merito all'interpretazione delle disposizioni sull'Iva, contenute nella VI direttiva del 17/5/77.

Questioni che il giudice nazionale aveva considerato pregiudiziali per la soluzione della controversia insorta tra la città di Oporto e l'amministrazione finanziaria portoghese, circa l'applicazione dell'Iva sui proventi derivanti dalla gestione dei parchimetri e delle aree di parcheggio cittadine o, più precisamente, la soggettività passiva dell'ente in merito a detta attività.

Al riguardo l'articolo 4 della VI direttiva stabilisce, al punto 5, che gli stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività che esercitano in quanto pubbliche autorità, benché ne ritraggano corrispettivi. Tuttavia la disposizione non opera (e l'ente pubblico diviene, quindi, soggetto passivo) se l'esclusione dall'Iva può causare distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

Infine la norma prevede che detti enti sono considerati in ogni caso soggetti passivi per l'esercizio delle attività elencate nell'allegato D alla direttiva, quando non siano trascurabili.

Sotto il profilo oggettivo, poi, la direttiva prevede l'esenzione dall'imposta delle operazioni di affitto e locazione di beni immobili, eccettuate talune operazioni tra cui la locazione di aree destinate a parcheggio di autoveicoli.

In questa cornice normativa si inserisce la domanda fondamentale, diretta a conoscere se la locazione di aree destinate al parcheggio di autoveicoli sia un'attività che, se esercitata da un ente pubblico, può considerarsi autoritativa.

La corte, richiamando la precedente giurisprudenza, ha osservato che il criterio in base al quale decidere se l’ente agisca in veste autoritativa è quello di verificare se vi sia utilizzo dei poteri propri della pubblica autorità.

Nella fattispecie, ad avviso della corte, l'attività di locazione delle aree di parcheggio implica l'uso di simili poteri, "consistenti nell'autorizzare o nel limitare il parcheggio su una strada aperta al traffico o a sanzionare con un'ammenda la sosta oltre il tempo autorizzato".

Quanto all'ulteriore presupposto di non assoggettamento, rappresentato dall'assenza di distorsioni concorrenziali di rilievo, secondo la corte, la normativa comunitaria non è di ostacolo a che la legge nazionale autorizzi il ministro delle finanze a precisare cosa debba intendersi per distorsioni di una certa importanza.

La medesima facoltà può essere riconosciuta, ad avviso della corte, riguardo alla definizione della misura trascurabile, cui è subordinata l'esclusione dal campo di applicazione dell'Iva relativamente all'esercizio delle attività indicate nella tabella D allegata alla VI direttiva (tra le quali non figura, peraltro, quella di locazione delle aree di parcheggio).

In questo senso il, giudice comunitario ha risolto altre due questioni e posto le basi per la risoluzione di un ulteriore quesito con il quale si chiedeva di conoscere se il requisito della non trascurabilità, necessario per escludere la soggettività passiva, sia richiesto solo per le attività indicate nella citata tabella D oppure, più in generale, qualunque altra attività.

Al riguardo la corte ha spiegato che tale requisito rileva soltanto nei riflessi delle attività di cui alla tabella D, le quali, se esercitate in difetto del requisito stesso, attribuiscono obbligatoriamente la soggettività passiva.

Infine la sentenza statuisce che il giudice nazionale ha la facoltà e, se del caso, l'obbligo di rimettere alla corte di giustizia una questione di interpretazione della sesta direttiva che ritenga necessario risolvere pregiudizialmente e che, una volta effettuato il rinvio, è obbligato a tenere conto della decisione della corte nel definire la controversia principale.