Italia Oggi, 1.3.00, pg 51

La legge sulla par condicio in Italia e negli altri Paesi

FERNANDO BRUNO

Esperto di diritto delle comunicazioni

La nuova disciplina sull’accesso ai mezzi di comunicazione in campagna elettorale, la "famigerata" par condicio, è ora legge dello stato (legge 22 febbraio 2000, n. 28). Collocata nel contesto sovrannazionale delle discipline di analogo segno, viene di criticarne una certa difficoltà di lettura, l'indubbio peccato di pesantezza e qualche eccesso di zelo, quest’ultimo evidente (basti pensare alla disciplina dei sondaggi o al divieto assoluto di spot elettorali) nella scelta di accentuare l'incisività di tutti gli strumenti già altrove utilizzati, calcando la mano, verrebbe di dire, alla luce di una riserva mentale mai espressa, ma palpabile, che richiama la specificità della situazione nazionale. Nulla, tuttavia, che consenta di scomodare i sacri valori o giustificare allarmi e foschi presagi.

Nel contesto europeo, in particolare, la legge 22 febbraio 2000, n. 28 non può essere classificata alla stregua di una stranezza nazionale. In fondo, il divieto imposto agli spot elettorali è ben noto anche in Francia, anche se qui non c'è un divieto assoluto, ma circoscritto ai tre mesi che precedono ogni consultazione elettorale. L'idea di staccare la propaganda elettorale dalla normale programmazione televisiva e confinarla in appositi contenitori è ripresa poi, pari pari dalla legislazione vigente in Germania e in Inghilterra. La previsione di spazi di pubblicità elettorale gratuiti autogestiti dai partiti, da assegnare secondo criteri di pari opportunità ai soggetti politici di volta in volta interessati alle campagne elettorali, infine, è da tempo conosciuta sia all’ordinamento tedesco che al Broadasting Act inglese (va detto, semmai, che in questi due paesi la disciplina non distingue tra pubblicità elettorale, lo spot per intenderci, e propaganda elettorale). Ma ciò che, in definitiva, si ricava di più interessante dalla lettura comparata dei vari ordinamenti nazionali in materia di par condicio, è la condivisa e diffusa consapevolezza che equilibrio e imparzialità dell'informazione radiotelevisiva in campagna elettorale sono principi meritevoli di specifica tutela. Persino in un ordinamento per definizione più leggero, come quello statunitense, il principio dell'equal time, pure in un contesto sostanzialmente deregolamentato, è lì a richiamare, con una serie di precise prescrizioni, che l'eventuale concessione di spazi televisivi a singoli candidati alle elezioni non federali (perché per le elezioni federali esiste un regime di obblighi più stringente) deve avvenire in un contesto di pari opportunità. Nel Regno Unito, peraltro, questa stessa preoccupazione ispira una complicata e dettagliatissima regolamentazione delle apparizioni in video dei vari candidati, in tutto simile a quella che si verifica in Italia.

Ma vediamole un pò più da vicino queste nuove regole nazionali, allo scopo di isolarne le novità di maggior rilievo.

l. Sono vietati gli spot elettorali in senso stretto, ed è previsto che i messaggi politici autogestiti, cioè gli spazi messi a disposizione dei singoli partiti, rechino una motivata esposizione di programmi o di opinioni politiche, e abbiano una durata compresa tra uno e tre minuti se trasmessi in tv e da 30 a 90 secondi se trasmessi per radio.

2. E’ introdotta, limitatamente al settore radiotelevisivo, una disciplina dell'accesso ai mezzi di comunicazione da parte dei soggetti politici anche al di fuori dei periodi elettorali.

3. In campagna elettorale il periodo protetto dalla par condicio è esteso ai 45 giorni che (di norma) intercorrono tra la convocazione dei comizi elettorali e le votazioni (in precedenza la copertura riguardava gli ultimi 30 giorni di campagna elettorale).

4. L’accesso agli spazi di propaganda radiotelevisiva (a differenza di ciò che avviene per la stampa), è consentito solo a soggetti politici collettivi e non anche a singoli candidati.

5. La comunicazione politica radiotelevisiva (tribune politiche; dibattiti; tavole rotonde, presentazione in contraddittorio di programmi politici; confronti; interviste), obbligatoria per la Rai e per le emittenti nazionali con obbligo di informazione (con esclusione delle pay tv), facoltativa per le emittenti locali, è sempre gratuita, e deve essere effettuata assicurando parità di condizioni a tutti i soggetti.

6. I messaggi politici autogestiti devono essere collocati in appositi spazi denominati contenitori, separati dal resto della programmazione e devono sempre recare l’indicazione "messaggio autogestito" e il nome del committente.

7. I programmi di informazione (telegiornali, speciali ecc.) devono essere ispirati al criterio della parità di trattamento, e all’obiettivo dell'imparzialità e della completezza dell'informazione. Il divieto di fornire indicazioni di voto, anche in forma indiretta, è supportato da una specifica responsabilizzazione di registi, presentatori e conduttori.

8. Del tutto residuale la disciplina prevista per quotidiani e periodici. La legge si limita infatti a chiarire che la comunicazione politica nei 45 giorni che precedono le votazioni debba essere limitata alla pubblicazione di annunci di dibattiti, tavole rotonde, conferenze, discorsi, nonché a pubblicazioni di programmi elettorali e di confronto tra più candidati.

9. Piuttosto pesante, al contrario, la disciplina dei sondaggi politici ed elettorali, all'interno della quale spicca il divieto assoluto di pubblicazione e diffusione nei 15 giorni che precedono ogni consultazione elettorale. Solo in Francia e in Spagna si segnala una previsione analoga, peraltro limitata rispettivamente ai sette e ai cinque giorni precedenti il voto. Nel complesso, e fatta salva la successiva regolamentazione di competenza della commissione parlamentare di vigilanza e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che pure dovrà chiarire aspetti importanti che attengono alle modalità di applicazione della normativa, si ha la sensazione che la legge in commento non avrebbe meritato tutta l'attenzione che pure le è stata tributata. Il vero problema, come sanno tutti, è che la specifica situazione italiana, con il capo dell'opposizione politica (già presidente del consiglio) che è anche il titolare di uno dei più forti gruppi multimediali europei, rende nei fatti incandescente a prescindere da qualunque giudizio di merito, ogni disputa politica che interessi la disciplina del settore radiotelevisivo.