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Una risoluzione del Ministero dell’Interno che prende spunto dal caso di una dipendente assente dal lavoro per maternità

L’ASTENSIONE NON FA CADERE LA RETRIBUZIONE DI POSIZIONE

La retribuzione di posizione per i dipendenti inquadrati nelle cosiddette "posizioni organizzative" spetta anche nei periodi di astensione obbligatoria dal lavoro. Lo ha chiarito il ministero dell'interno, con la risoluzione numero 15700/4A/2757 dello scorso 12 gennaio, in risposta a un quesito posto da un comune, relativo alla situazione giuridica di una dipendente assente per maternità.

Secondo il Viminale nell'ipotesi di assenza dovuta ad astensione obbligatoria per parto, e anche per i primi 30 giorni di astensione facoltativa, la dipendente assente ha diritto a percepire l'indennità di posizione, poiché detta indennità presenta i caratteri di fissità e continuità ed è legata al ruolo che viene occupato nell'ambito dell'ente, in relazione alla complessità organizzativa e alle responsabilità gestionali.

Pertanto, l'assenza dal servizio dovuta alla maternità non può avere come conseguenza la perdita dell'indennità di posizione. Lo stesso vale anche per tutti i dipendenti assenti per ferie, in quanto l'articolo 18, comma 1, del contratto collettivo nazionale di lavoro firmato in data 6 luglio 1995, ancora vigente, prevede che al dipendente in ferie spetti la normale retribuzione, escluse le indennità previste per prestazioni di lavoro straordinario e quelle che non siano corrisposte per dodici mensilità. L'indennità di posizione, allora, continua a spettare potendo essere considerata normale retribuzione posta a compensare la nomina nella posizione organizzativa ed essendo corrisposta per le 12 mensilità annue.

Non altrettanto, secondo il ministero, può dirsi per l'indennità di risultato. L'erogazione di questa, infatti, non costituisce normale retribuzione, ma è subordinata al raggiungimento degli obiettivi predefiniti a inizio anno. E’ evidente che la prolungata assenza dal servizio per astensione obbligatoria può oggettivamente impedire il perseguimento e il raggiungimento di obiettivi, in relazione soprattutto ai progetti o alle attività che debbono essere svolte ai fini del loro conseguimento.

La risoluzione, tuttavia, lascia aperta la possibilità di corrispondere al dipendente una quota parte dell'indennità di risultato, nell'ipotesi in cui detto risultato sia frazionabile, ovviamente limitatamente al periodo di servizio effettivamente prestato e purché il sub-obiettivo sia stato raggiunto. Si tratta di un suggerimento razionale, anche se non appare conforme al dettato contrattuale. Ai sensi dell'articolo 10, comma 3, del contratto collettivo nazionale di lavoro firmato in data 31 marzo 1999, l'importo della retribuzione varia da un minimo del 10% a un massimo del 25% dell'indennità di posizione. Questa norma sembra fare riferimento necessariamente al risultato complessivo gestionale, connaturato del resto alla responsabilità complessiva assegnata al dipendente nominato in posizione organizzativa. Del resto, se frazionando il risultato l'indennità andasse sotto al 10% non sarebbe possibile assegnarla, a meno di non violare le previsioni contrattualí, che non consentono di retribuire il risultato in modo diverso da quanto previsto. La risoluzione ministeriale esclude, invece, che l'indennità attribuita ai responsabili di servizio apicali in enti privi di qualifiche dirigenziali ai sensi dell'articolo 2, comma 13, della legge 191198, possa spettare nell'ipotesi di astensione obbligatoria. Detta indennità, infatti, secondo il ministero non è considerabile fissa e ricorrente, anche perché attribuibile solo in via transitoria, nelle more dell'entrata in vigore del contratto collettivo nazionale di lavoro firmato in data 31 marzo 1999. Tuttavia quest'ultima conclusione non pare del tutto condivisibile: l'indennità prevista dalla legge 191/98 compensa l'assegnazione al funzionario delle funzioni dirigenziali previste dall'articolo 51, comma 3, della legge 142/90. Tale assegnazione è avvenuta per provvedimento espresso del sindaco, e ha posto in capo ai funzionari una responsabilità continuativa e non limitata alla presenza in servizio, quale è quella dirigenziale.