Italia Oggi venerdì 9 Marzo 2oo1 GIUSTIZIA E SOCIETÀ

Peculato , il giudice licenzia

Con la condanna si estingue il rapporto di lavoro

DI ACHILLE MACCAPANI

 

Il giudice penale potrà disporre, in sede di condanna, il licenziamento del dipendente pubblico.

Trasferimento d'ufficio o aspettativa per i dipendenti rinviati a giudizio per peculato, corruzione o concussione.

Sono queste alcune delle principali novità contenute nella legge relativa al rapporto tra il procedimento penale e quello disciplinare, nonché agli effetti del giudicato penale, nei confronti dei dipendenti delle p.a., approvata in via definitiva dalla camera nella seduta di ieri.

Esaminiamo gli elementi più significativi della suddetta legge.

Estinzione del rapporto di lavoro.

Con una modifica all'art. 19 cp, il legislatore prevede che l'estinzione del rapporto di impiego o di lavoro costituisca una delle pene accessorie per i delitti.

Ciò significa che il giudice può sostituirsi direttamente alla p.a. presso la quale opera il dipendente disponendo nel proprio provvedimento la risoluzione del rapporto lavorativo. Inoltre l'art. 32 quinquies cp prevede che la condanna alla reclusione per un periodo pari o superiore a 3 anni per i delitti di peculato, peculato mediante profitto dell'errore altrui, malversazione a danno dello stato, concussione, corruzione per un atto d'ufficio o per un atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari e corruzione di persona incaricata per pubblico servizio comporta anche l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente delle p.a. o anche degli enti a prevalente partecipazione pubblica.

Efficacia della sentenza penale.

Riveduto l'art. 653 cpp, in base al quale ora la sentenza penale irrevocabile (e dunque non più di sola assoluzione) ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità sia per l'accertamento dell'insussistenza del fatto sia per la mancata presenza di illecito penale sia per la mancata effettuazione di detto illecito, da parte dell'imputato.

Si precisa inoltre che la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità sia per l'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso.

Di conseguenza, è stato modificato l'art. 445 cpp, relativo agli effetti dell’applicazione della pena su richiesta.

Trasferimento ad altro ufficio.

In caso di rinvio a giudizio di un dipendente, per alcuni dei delitti quali il peculato, il peculato mediante profitto dell'errore altrui, la malversazione a danno dello stato; la concussione, la corruzione per un atto d'ufficio o per un atto contrario ai doveri d'ufficio, la corruzione in atti giudiziari e la corruzione di persona incaricata per pubblico servizio, la p.a. deve trasferirlo a un ufficio diverso rispetto a quello in cui lavorava al momento del fatto.

Sono attribuite al dipendente le funzioni corrispondenti per inquadramento, mansioni e prospettive di carriera a quelle precedentemente svolte.

La p.a. può anche, con riferimento alla sua organizzazione, trasferire il dipendente in altra sede o attribuirgli un diverso incarico, se sussistono "evidenti motivi di opportunità", in ordine alla sua permanenza nell'ufficio, che potrebbe comportare un discredito a danno della P.a. stessa.

E se non è possibile attuare il trasferimento d'ufficio, nei casi relativi alla qualifica rivestita o a oggettivi motivi organizzativi, il dipendente è posto in aspettativa o disponibilità: a esso è corrisposto lo stipendio in godimento, ma non gli emolumenti legati alle presenze in servizio.

Rientro in servizio.

Tranne che nel caso in cui il dipendente chieda di restare presso il nuovo ufficio o di continuare a svolgere le nuove funzioni, i provvedimenti sopraccitati perdono efficacia, se è pronunciata, per il fatto, una sentenza di proscioglimento o di assoluzione non definitiva e, a ogni modo, scaduti 5 anni dalla loro adozione, a meno che non sia intervenuta una sentenza di condanna definitiva.

Nel caso di proscioglimento o di assoluzione anche non definitiva, la p.a., sentito l'interessato, adotta gli atti conseguenti entro i dieci giorni successivi alla comunicazione della sentenza. In tutti questi casi, se sussistono però ragioni oggettive e motivate, in base alle quali la riassegnazione presso l’ufficio originario comporterebbe un pregiudizio alla funzionalità dello stesso, la p.a. può disporre di non effettuare il rientro del dipendente.