ItaliaOggi

NORME E PROGETTI'

Mercoledì 4 Aprile 2001 5 3

Secondo la Cassazione non c é più correlazione con il finanziamento dell’opera

Stop a progettazioni gratis

I comuni devono pagare prima di ricevere i fondi

DI ANDREA MASCOLINI

Sulle progettazioni precedenti alla legge Merloni era consentito condizionare la corresponsione del compenso all'avvenuto finanziamento dell'opera, ma dal 18 dicembre 1998 non è più possibile.

È’ quanto si può desumere dalla pronuncia della Cassazione, sez. II, civile, n. 897/01 del 22 gennaio scorso che ha affermato la legittimità della pattuizione, risalente al 1987, tra un professionista e un comune relativamente alla condizione sospensiva apposta al contratto d'opera professionale con riguardo al finanziamento dell'opera progettata.

La Cassazione (in linea con un'altra pronuncia dello scorso anno della stessa sezione, sentenza 26 gennaio 2000, n. 863) ha anche previsto che la clausola apposta al contratto non comporta una deroga ai minimi tariffari con la conseguente automatica nullità del patto derogatorio.

Va subito precisato che l'intera pronuncia non può più ritenersi applicabile a fattispecie analoghe insorte dopo il 18 dicembre 1998, potendo semmai avere qualche riflesso per le altre professioni. Perciò i comuni non possono affidare "gratuitamente" le progettazioni: violerebbero la legge 109 (come modificata dalla legge 415/98).

La Cassazione si occupa infatti di una vicenda del 1987 quando la materia era disciplinata dalla legge 5 maggio 1976, n. 340 e non dall'articolo 17 della legge quadro sui lavori pubblici, la cosiddetta "Merloni-ter" (109/94 e successive modifiche).

Al riguardo la Suprema corte afferma che era del tutto legittima (nel 1987) la clausola che condizionava il pagamento della prestazione all'erogazione del finanziamento (allorché l'opera sarà finanziata) e, di conseguenza, ritiene inammissibile l'azione del professionista tesa al recupero degli onorari.

A seguire la Cassazione prende in esame anche la censura del ricorrente in ordine alla violazione dei minimi tariffari, affermando che l'inderogabilità dei minimi non determina la nullità della pattuizione dell'accordo, visto che il professionista potrebbe prestare anche gratuitamente la sua attività.

Tutto ciò può essere considerato valido per fattispecie relative a prima dell'entrata in vigore della legge 109, ma non per le fattispecie attuali e, per quelle successive all'entrata in vigore della 109, almeno dopo il 18 dicembre 1998, data di operatività della legge 415/98.

Esiste infatti una profonda differenza fra la normativa in vigore al momento dell'insorgere della controversia esaminata dalla Cassazione (la-legge 340/76 non prevede la nullità dei patti in deroga ai minimi) e la fattispecie normativa oggi in vigore.

La legge quadro sui lavori pubblici (la 415/98, modificativa della legge 109/94) è infatti intervenuta sulla materia delle tariffe professionali degli ingegneri e architetti innanzitutto delegando il governo ad aggiornare le attuali tariffe (con un decreto che è in fase di emanazione) e stabilendo che fino all'approvazione del decreto si continuino ad applicare le tariffe in vigore secondo certe aliquote.

La stessa legge 415 ha poi riconfermato il principio dell'inderogabilità dei minimi (già previsto nella legge 340/76 che viene richiamata),

aggiungendo la sanzione della nullità di ogni patto contrario.

Ecco quindi che la legge quadro sui lavori pubblici introduce espressamente quella pena di nullità che, se fosse stata presente nella normativa applicabile nel 1987, avrebbe portato la stessa Corte di cassazione a considerare nulla la pattuizione fra committente e professionista.

Al riguardo va anche rilevato come, almeno nel settore dei lavori pubblici, oggi l'ipotesi di pattuizioni fra le parti tese a disciplinare la materia tariffaria appaia del tutto residuale sia perché ormai buona parte degli incarichi vengono affidati previa selezione all'evidenza pubblica, sia perché spesso il prezzo, determinato dal responsabile del procedimento, risulta variabile soltanto per la parte afferente a prestazioni non ricomprese nella tariffa professionale.

II principio affermato dalla Cassazione assume quindi valore, oltre che per le questioni precedenti il 18 dicembre 1998, anche per le altre professioni laddove la singola disciplina settoriale non preveda un'espressa nullità dei patti in. deroga ai minimi.

In questi casi, per la Corte, un compenso inferiore ai minimi sarebbe del tutto efficace e legittimo.

Ma la legge 415/98 ha anche consentito di tutelare il progettista dal punto di vista della condizione sospensiva inerente al finanziamento dell'opera progettata.

È’ infatti proprio il comma 12 bis dell'articolo 17 della 109 (comma introdotto dalla legge 415/98) a prevedere che "le stazioni appaltanti non possono subordinare la corresponsione dei compensi relativi allo svolgimento della progettazione e delle attività tecnico-amministrative a essa connesse all'ottenimento del finanziamento dell'opera progettata".

E questa norma è stata introdotta proprio per frenare i deleteri effetti della giurisprudenza della Cassazione che, in passato aveva certamente legittimato una situazione di forte squilibrio fra progettista e amministrazione e che, adesso, con il sistema della programmazione triennale e delle gare per gli incarichi, non avrebbe più avuto alcuna ragion d'essere.