ITALIA OGGI, 21 GIUGNO 2000

PRUSST, STRUMENTI DI URBANISTICA E RISORSE PER TRASFORMARE IL TERRITORIO

di Simone Ombuen,

commissione nazionale INU,

programmi complessi

 

I Prusst, Piani di riqualificazione urbanistica, come le varie generazioni di programmi complessi alla quale segue, e delle quali è in qualche modo il naturale sviluppo, sollecitano una riflessione sul rapporto con i quadri urbanistici all'interno dei quali si vanno a collocare.

Tutti i programmi complessi si sono sviluppati in un rapporto dialettico con la strumentazione urbanistica, dapprima quasi di contrapposizione (art. 18, legge 203), successivamente di maggiore integrazione. Prova ne siano le molte leggi urbanistiche regionali che ormai comprendono i programmi complessi, e in particolare i programmi integrati d'intervento, come strumento ordinario per la riqualificazione degli ambiti urbani afflitti da fenomeni di degrado.

L'elemento principale di contraddizione è costituito dalla possibilità che i programmi hanno di rendere disponibili in tempi più brevi di quanto non possano fare gli ordinari strumenti attuativi dei piani urbanistici sia volumi di risorse economiche, sia soprattutto la disponibilità degli immobili oggetto di trasformazione, giacché i soggetti proponenti i programmi devono fra l'altro dimostrare la disponibilità dei beni in oggetto.

Partire dalla concreta operabilità dei programmi, anziché dedurre la loro opportunità da un quadro onnicomprensivo ed esteso all'insieme degli elementi territoriali, come accade all'interno della tradizionale strumentazione urbanistica, se da un lato consente di far rapidamente emergere le principali opportunità di trasformazione presenti nei contesti urbani, dall'altro rischia di svuotare di pertinenza la visione onnicomprensiva, specie quando essa dimostra di non poter disporre delle risorse effettive, economiche ma anche umane e organizzative, per dar luogo alle trasformazioni da essa poste.

Questo tema, all'origine dei programmi complessi, con l'avvento dei Prusst ha subito un ulteriore processo di trasformazione.

Per la loro natura i prusst intervengono alla scala di interi sistemi territoriali, e infatti spesso riguardano ambiti interprovinciali e talvolta addirittura interregionali. In tal modo a incontrarsi con i programmi complessi stavolta non è più solo la pianificazione urbanistica comunale ma l'intero sistema di pianificazione con tutte le sue scale di progettazione e di intervento.

Ma un altro elemento, stavolta nuovo a tutti gli effetti, i Prusst fanno emergere: la questione del rapporto fra strumentazione urbanistica e territoriale e risorse economiche. I Prusst vanno proponendo programmi e trasformazioni all'interno degli strumenti urbanistici di coordinamento, che nella pur recente tradizione italiana, sostanzialmente dopo la legge 142/90, non sono ancora mai arrivati a intercettare il governo delle risorse per la trasformazione territoriale. Così è per la difesa del suolo, così è per il governo degli assetti agricoli, così per le grandi scelte infrastrutturali e altro ancora.

I Prusst, con la formidabile mobilitazione di risorse e di capacità progettuali della quale si sono mostrati capaci, costringono la strumentazione urbanistica nel suo complesso a misurarsi con le risorse disponibili, sia di provenienza pubblica sia privata, e in particolare con l'importante flusso dei fondi strutturali dell'Ue e con i modelli di partenariato economico e sociale che in tale linea di programmazione è presente.

La riformattazione dei rapporti di pianificazione proveniente da tale spinta giunge sulle amministrazioni pubbliche in un momento in cui esse sono impegnate all'interno del grande processo di ridefinizione di poteri e competenze promosso dai provvedimenti Bassanini, che, se possibile, amplifica gli effetti dell'impatto.

In prospettiva, a mio avviso, la possibilità di successo sia dei lineamenti di nuova programmazione sia della crescita di capacità operativa del sistema di governo del territorio da parte degli enti locali italiani passa proprio attraverso una rinnovata interpretazione del rapporto fra pianificazione urbanistica, programmazione socio-economica e territoriale e capacità di interlocuzione interistituzionale fondata su una corretta logica sussidiaria.

Nella strumentazione urbanistica d'area vasta di livello provinciale la gran parte delle risorse e delle programmazioni viene implementata nella pianificazione attraverso i cosiddetti strumenti di settore, che si occupano di pianificare e programmare singoli aspetti, dalla manutenzione e progettazione delle strade provinciali alla gestione dei rifiuti, alla tutela dell'ambiente, alla gestione delle aree protette.

A livello regionale la situazione si presenta simile, pur con un più ampio spettro di campi settoriali (sanità, istruzione, grande distribuzione, trasporti ecc.) e con quadri territoriali a minor cogenza.

Nei fatti, la bassa integrazione fra pianificazione territoriale e pianificazione di settore frena la capacità di direzione e orientamento operativo da parte dello strumento generale.

Queste limitazioni vengono ulteriormente alla luce dinanzi ai Prusst, che invece riorganizzano le trasformazioni in raccordo agli strumenti della programmazione negoziata, come i patti territoriali e i contratti d'area, trovando in essi sia una parte delle risorse necessarie sia soprattutto i quadri relazionali e di soggetti promotori delle trasformazioni.

Per loro conto, gli strumenti della programmazione negoziata soffrono di scarsa capacità di decollo proprio a causa del fatto che sono stati ideati e avviati al di fuori di una logica correttamente territoriale e di raccordo con la pianificazione.

Alcune risposte parziali sono già venute, come quella di consentire il varo delle varianti urbanistiche ad hoc con la maggioranza semplice all'interno della conferenza dei servizi che prepara l'accordo di programma che vara la trasformazione. Ma questi accorgimenti amministrativi, peraltro a volte forieri di soluzioni criticabili, non risolvono comunque i problemi di fondo.

Ammesso che si riesca a ottenere la variante urbanistica che consente di realizzare il nuovo polo industriale o la nuova attrezzatura turistico-ricettiva, che senso ha realizzarla e poi attendere dieci anni che venga realizzata l'infrastruttura di raccordo? O il sistema fognario o di depurazione delle acque senza il quale non può funzionare?

Si tratta, quindi, di superare la tradizionale e tutta italiana opposizione fra piano e trasformazioni (una volta si sarebbe detto fra piani e progetti), comprendendo che proprio una migliore qualità della pianificazione e della programmazione è il primo indispensabile requisito per il successo di qualsiasi progetto, si tratti di progetto d'architettura, di progetto industriale oppure infrastrutturale.

Questo è il problema aperto, che è oggi sul campo, e all'interno di tali estremi occorrerà trovare le sintesi che consentano un rilancio del metodo della pianificazione urbanistica e della programmazione degli interventi. E alcune iniziative in corso, come la sperimentazione dei patti di pianificazione, avviata di concerto fra ministero dei lavori pubblici e ministero del tesoro, preannunciano confortanti prospettive.