IL SOLE 24 ORE – 28.8.2000

 

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INCERTI I CONFINI DEI REGOLAMENTI

DI VITTORIO ITALIA

I regolamenti degli enti locali costituiscono le necessarie "nervature di dettaglio" dell’organizzazione e dell'attività dei Comuni e delle Province, ma essi presentano ancora molti dubbi, che non sono stati ancora risolti dal nuovo Testo unico.

Infatti, l'attuale articolo 7 ha lasciato ancora aperti tre rilevanti problemi che dovranno essere considerati dai Consigli comunali e _ provinciali.

1) Il primo problema riguarda il rapporto tra i regolamenti locali e le leggi delle Regioni a statuto ordinario. L'articolo 7 citato stabilisce che i regolamenti stabiliscono norme < nel rispetto dei principi fissati dalla legge (e nel rispetto) dello statuto".

Questi regolamenti, quindi, sono vincolati alle determinazioni dei principi "fissati", stabiliti, espressi dalla legge.

Sorge quindi il problema: il termine "legge" deve essere inteso come "legge dello Stato", o può essere inteso anche come "legge della Regione"? A mio giudizio, deve trattarsi di legge dello Stato, e la legge della Regione può intervenire soltanto se essa risulta in simmetria con quanto stabilito dalla legge statale, ed in situazione di armonia con le leggi dello Stato che hanno conferito o delegato determinate funzioni alle regioni stesse.

In caso contrario, i regolamenti autonomi degli enti locali si trasformerebbero in meri regolamenti di esecuzione delle leggi regionali, e ciò sarebbe in contrasto con quanto affermato dallo stesso articolo 7, che prevede, per i regolamenti degli enti locali, il "rispetto" dello statuto dell'ente, e non delle leggi regionali.

In passato, alcune Regioni hanno addirittura imposto ai i Comuni, con legge, dei regolamenti-tipo edilizi, con buona pace dell'autonomia normativa di questi enti.

2) Il secondo problema riguarda il rapporto tra i regolamenti locali e le precedenti leggi dello Stato che non hanno "fissato", determinato, più o meno esplicitamente, dei principi.

È infatti noto che questa formulazione dei principi determinati dalla legge e quindi dal legislatore, è recente, e non si ritrova nelle leggi precedenti, anche di particolare rilievo ed importanza. Si pensi, ad esempio, alle leggi di pubblica sicurezza, a varie leggi che disciplinano gli aspetti sanitari, eccetera.

Tali leggi non possono ovviamente essere disattese dai regolamenti degli enti locali, ma allo stato attuale è necessario tenere conto dell'articolo 128 della Costituzione, che prevede per i Comuni e le Province i limiti delle "leggi generali" della Repubblica. In conseguenza, í limiti ai regolamenti degli enti locali possono essere stabiliti soltanto da "leggi generali", e non da disposizioni di dettaglio.

3) Il terzo problema riguarda il rapporto tra regolamenti locali ed i regolamenti governativi. L'articolo 4, comma 2, delle preleggi al codice civile (che risalgono al 1942) stabilisce che " i regolamenti emanati a norma del secondo comma dell'articolo 3 (e cioè quelli di "altre autorità", e quindi anche quelli degli enti locali) non possono nemmeno dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal governo".

Ma l'attuale sistema delle norme induce a ritenere - e in ciò si concorda con un'attenta dottrina (Vandelli) che la disposizione dell'articolo 7 del Testo unico abbia abrogato per incompatibilità il citato comma 2 dell'articolo 4 delle preleggi.

Quindi i regolamenti governativi , specie se indipendenti, non possono ora prevalere sui regolamenti autonomi degli enti locali, allorché questi ultimi "rispettano" (e sono perciò in armonia) lo statuto dell'ente ed i principi fissati dalla legge statale.

Appare quindi evidente che allo stato attuale il problema dei limiti di questi regolamenti non è limpido, e può essere oggetto di numerose discussioni. È perciò necessario, come stabilisce l'articolo 1, comma 2, del Testo unico, che la "legislazione" relativa agli enti locali "enunci" questi principi.

In altre parole, è indispensabile che questi principi siano enunciati, e per così dire "etichettati", in modo che i limiti del contenuto degli statuti e, per quanto qui riguarda, dei regolamenti, siano indicati con la massima chiarezza.

Infatti, questi principi hanno la caratteristica di essere inderogabili; essi non consentono cioè alcuna deroga o eccezione, con la conseguenza che se gli statuti contengono disposizioni speciali derogatorie o addirittura eccezionali, queste ultime - se non sono adeguate entro 120 giorni - sono automaticamente abrogate; e conseguentemente "cadono" anche i regolamenti che sono "dipendenti" dalle norme statutarie abrogate.

Questo nuovo modo di "enunciazione", o se si vuole, di "etichettatura" dei principi, non deve essere rinviato ad un lontano futuro, ma deve essere attuato, sia in tutte le nuove leggi che attengono alla "legislazione degli enti locali", sia con una legge che enunci appositamente quali principi della vigente legislazione degli enti locali devono essere ritenuti inderogabili, riprendendo quanto si era già stabilito nell'articolo 18 del decreto legislativo n. 77/95 (modificato dalla legge 127/97), e che è ora ribadito dall'articolo 152 del Testo unico.

Questo problema della determinazione dei principi potrà apparire arido ed incrostato da eccessivo formalismo, ma è invece paragonabile ai gradi della bussola, necessario strumento per una mirata e corretta "navigazione" giuridica.