IL SOLE-24 ORE DEL LUNEDÌ – 28 agosto 2000

GIURISPRUDENZA • Il Consiglio di Stato fissa i nuovi limiti

Il rimborso di spese legali è ammesso in pochi casi

Il diritto al rimborso delle spese legali sostenute dagli amministratori in ragione del mandato costituisce una disposizione di carattere eccezionale. Essa discende da una interpretazione analogica di principi civilistici generali e non dalla estensione delle disposizioni dettate per i dipendenti degli enti, ragione per cui essa è soggetta a precise e più rigide condizioni di merito.

Questi principi sono dettati con molta chiarezza dalla quinta sezione del Consiglio di Stato, sentenza n. 2242/ 2000.

La sentenza sancisce la legittimità dell'annullamento operato dal Comitato regionale di controllo della delibera del Comune di Rovigo che riconosceva il rimborso ad un ex sindaco e ad un ex assessore delle spese sostenute per processi penali conclusisi con la dichiarazione del non doversi procedere per estinzione a seguito di "intervenuta oblazione".

La sentenza accoglie l'appello proposto dal Coreco contro la sentenza della prima sezione del Tar Veneto n. 320 /94, favorevole alla tesi del Comune.

La sentenza evidenzia innanzitutto che non è applicabile la normativa prevista in sede contrattuale per i dipendenti in quanto < la legge che disciplina lo status degli amministratori locali (legge n. 816/85) nulla ha previsto in merito" e si tratta di < disposizioni caratterizzate da una puntuale delimitazione del raggio di azione oggettiva".

Né si può estendere il dettato dell'articolo 58 della legge n. 142/90 che prevede la mera applicazione della stessa disciplina dettata in tema di responsabilità dei dipendenti dello Stato agli amministratori e ai dipendenti degli enti locali.

Si afferma subito dopo che solo la legge n. 265/99, "che pure non si occupa espressamente della questione, getta le basi per una più analitica regolamentazione della materia prevedendo la possibilità di una assicurazione dei soggetti interessati e riconoscendo un'ampia autonomia statutaria e regolamentare a ciascun ente locale, investito della possibilità di definire l'assetto peculiare del rapporto patrimoniale tra ente e amministratori".

Il diritto al rimborso delle spese legali da parte degli amministratori nasce dal principio generale posto dall'articolo 1720 del Codice civile, norma relativa al rapporto tra mandante e mandatario.

Norma che le Sezioni unite della Cassazione hanno peraltro già da tempo considerato applicabile agli amministratori delle società di capitali.

Ricorrono così, per la quinta sezione del Consiglio di Stato, le condizioni di lacuna legislativa che consentono ex articolo 12 delle preleggi, l'interpretazione analogica.

Sulla base di tale principio, la sentenza evidenzia un primo aspetto di forte limitazione dell'ambito di applicazione della norma: "ai fini del rimborso è necessario accertare che le spese siano state sostenute a causa e non semplicemente in occasione dell'incarico".

I principi posti dalla Cassazione dovrebbero condurre a "soluzioni ancora più severe" sull'ambito di applicazione, per cui per il Consiglio di Stato "non sembra superabile il limite costituito dal positivo e definitivo accertamento della mancanza di responsabilità dei soggetti che hanno sostenuto le spese legali".

In tal senso la giurisprudenza amministrativa e contabile hanno più volte affermato la necessità "che l' imputato sia prosciolto con la formula più liberatoria" e non hanno mai riconosciuto tale diritto "nel caso di proscioglimento con formule meramente processuali" ovvero con formule da cui non emergano elementi che "dimostrano la mancanza di responsabilità> dell'amministratore.

È questa una ulteriore ed essenziale condizione per giustificare il fatto che < I' amministrazione comunale possa farsi carico di spese sostenute dagli imputati, derivanti da vicende a loro imputabili".

A.Bia.