ITALIA OGGI 9.12.00

Il TU enti locali abroga le norme del ’34 che consentivano l’intervento in caso di contravvenzioni

I Comuni in panne sulle sanzioni

E’ impossibile punire chi viola i regolamenti e le ordinanze

DI ANTONIO CICCIA

Comuni in panne sulle sanzioni amministrative: non puniscono chi viola regolamenti comunali o ordinanze sindacali.

Questo l'effetto del Testo unico degli enti locali (dlgs 267/2000) che abroga il rd n. 383/1934 (testo unico della legge comunale e provinciale).

In particolare il Tuel abroga gli articoli 106 e seguenti del regio decreto del 1934 relativi alle contravvenzioni.

Sono espressamente abrogate le disposizioni che attribuiscono al comune il potere generale (anche in mancanza di una espressa disposizione di legge) di punire con la sanzione amministrativa le violazioni ai propri regolamenti (si pensi per esempio al regolamento di polizia urbana) nonché di punire con sanzione amministrativa pecuniaria le trasgressioni alle ordinanze sindacali.

I problemi che si pongono a questo punto sono due: la ricerca di una fonte normativa specifica che sostituisca le disposizioni abrogate e stabilisca il potere dei comuni di sanzionare amministrativamente la violazione di regolamenti e ordinanze; il reperimento di una fonte normativa che stabilisca l'ammontare minimo e massimo della sanzione.

Nella prassi l'effetto concreto dell'abrogazione descritta è che molti comuni hanno sospeso l'attività sanzionatoria: magari il vigile stende il verbale ma poi la pratica non va avanti a causa dell'incertezza normativa.

Le possibili soluzioni a questi problemi sono da alcuni individuati nello statuto del comune: il comune potrebbe rimediare alla assenza di una specifica norma generale autorizzatoria all'attività sanzionatoria predisponendone una apposita nello statuto comunale.

La possibile obiezione è che anche nell'ambito delle sanzioni amministrative vale il principio di legalità, perciò per essere sottoposti anche a una sanzione amministrativa occorre una previa disposizione di legge (lo dice anche la legge quadro sulle sanzioni amministrative pecuniarie e cioè la legge 689/81).

La questione si sposta sulla verifica della legge che dispone il potere di sanzionare e in particolare sulla possibilità di ritenere osservato il principio di legalità mediante una disposizione dello statuto.

Per sostenere questa tesi si può dare rilevanza al fatto che con la legge 265/1999 lo statuto dell'ente pare avere assunto una posizione molto elevata nella gerarchia delle fonti tanto da poter essere ritenuto competente per materia e non sottordinato alla legge, ma solo ai principi generali stabiliti dalla stessa.

Se così è vero, allora si potrebbe dire che lo statuto rappresenta in sostanza la legge che autorizza il potere sanzionatorio dei comuni.

Un potere che, a ben vedere, è ritenuto implicito da tutta una serie di norme dell'ordinamento e che non si può ritenere abrogato tout court.

In ogni caso l'impasse che si sta manifestando negli uffici comunali comporta una sostanziale impunità per chi viola regolamento o ordinanze.

Non si può certo disarmare il comune, ma è anche vero che la legge deve essere rispettata. Anche perché in questo momento una ordinanza ingiunzione che commina una sanzione amministrativa per violazione del regolamento comunale o di una ordinanza si espone al rischio di una opposizione per violazione di legge (per carenza dilla fonte normativa che legittima l'ente a sanzionare). Naturalmente il problema si pone solo per le sanzioni che non trovano una diretta fonte normativa.

Altro problema che sta emergendo con forza è quello della competenza a emanare le ordinanze ingiunzioni relative a sanzioni amministrative nel caso in cui la legge conferisca il potere al sindaco.

La questione infatti tocca il problema della distinzione tra atti di gestione e atti politici.

Il principio generale è che l'organo politico compie atti di indirizzo e di vigilanza ma non atti di gestione e viceversa che gli atti di gestione sono affidati al dirigente.

Tuttavia un certo numero di disposizioni (anche dopo il ciclone delle leggi Bassanini) attribuiscono espressamente al Sindaco la qualifica di autorità competente a irrogare la sanzioni amministrative per illeciti amministrativi (si pensi al decreto legislativo 507/99 per gli illeciti depenalizzati).

La lettera delle norme attribuisce al sindaco questo potere non senza un certo stupore rispetto ai principi generali stabiliti con i recenti provvedimenti.

In assenza di specificazioni ulteriori in realtà il comportamento prudenziale era quello di seguire la lettera di disposizioni posteriori alle leggi Bassanini e quindi da ritenersi disposizioni speciali, riconoscendo il potere al sindaco.

La situazione potrebbe riscontrare una novità apportata dal Tuel.

Questo, con una regola generale (art. 107), stabilisce che le disposizioni contenute nelle leggi che fanno riferimento a competenze gestionali del sindaco devono leggersi come riferite al dirigente.

In sostanza con quella disposizione si sostituisco, una volta per sempre, tutte quelle norme che danno poteri gestionali al sindaco.

Le criticità di questa ricostruzione sono basate sul fatto che la disposizione attribuisce espresso potere sanzionatorio ai dirigenti unicamente per l'abusivismo edilizio e in materia paesaggistica-ambientale e sul fatto che sono fatte salve le speciali disposizioni di legge di deroga.

Occorre dunque un chiarimento normativo o almeno interpretativo ufficiale per evitare stallo degli uffici e rischi di illegittimità degli atti.