Italia Oggi Martedì 10 Aprile 2001

ATTUALITÀ

Una sentenza della Corte di cassazione ha annullato le condanne di due amministratori locali

Sicurezza, sindaco non colpevole

La responsabilità per la manutenzione delle scuole è limitata

Pagina a cura DI GIUSEPPE PENNISI

Sicurezza ed efficienza dei locali scolastici, non sempre l'amministrazione locale è responsabile.

La Corte di cassazione (quinta sezione penale, sent. 8615/2000) ha infatti annullato la condanna di un sindaco per rifiuto di atti d'ufficio in relazione alla mancata manutenzione, e del tecnico comunale per falsa attestazione circa l'agibilità.

Gli interventi strutturali e di manutenzione degli edifici assegnati in uso alle istituzioni scolastiche ed educative sono a carico dell'amministrazione proprietaria dei locali o tenuta alla loro fornitura.

Di conseguenza, l’obbligo di prevenzione dei rischi (con riferimento alle strutture e agli impianti) si intende assolto da parte dei dirigenti (o dai funzionari preposti a uffici pubblici, equiparati con decreto al datore di lavoro) con la segnalazione e la richiesta degli interventi necessari, avanzata nei confronti dell'ente proprietario.

Parimenti, l'obbligo di tenere a disposizione le certificazioni relative alla sicurezza statica e all'agibilità dei locali, si intende assolto (in ipotesi di mancata trasmissione di tali documenti) con la richiesta della stessa all'ente proprietario dell'edificio.

Due sindaci del comune di Pontecorvo, succedutisi nel tempo, erano stati condannati dal tribunale di Cassino (sentenza confermata dalla Corte d'appello di Roma), per mancati interventi manutentivi urgenti dei locali destinati a scuola elementare e materna.

La condanna del tecnico comunale riguardava la falsa attestazione circa l'agibilità dei locali in questione, dal punto di vista igienico sanitario.

Entrambi i fatti scaturivano dalla richiesta della direttrice didattica, relativa a interventi di manutenzione, nonché l'acquisizione della certificazione di obbligo circa la sicurezza e la funzionalità dell'edificio.

Il dirigente scolastico, infatti, è tenuto ad acquisire (con richiesta all'ente proprietario dell'edificio) la documentazione relativa alla staticità (collaudo statico) e alla funzionalità (sicurezza, igienicità) dei locali e degli impianti.

Al dirigente scolastico, equiparato ai fini prevenzionistici al datore di lavoro, spetta altresì l'obbligo di custodia dell'edificio e di vigilanza sulle condizioni della struttura e degli impianti, nonché di collaborazione con il proprietario.

A quest'ultimo il capo d'istituto deve segnalare, ai fini degli interventi necessari, i guasti e le carenze che incidono sulla funzionalità degli ambienti, limitandone la fruizione, e che possono provocare danni agli utenti e ai terzi.

IL PROCEDIMENTO PENALE

Nel caso in questione, la mancata esecuzione degli interventi manutentivi richiesti aveva fatto scattare la denunzia nei confronti dei sindaci, che, all'epoca dei fatti (1991), avevano ricopertola carica pubblica.

L'attestazione circa l'idoneità igienico sanitaria e di prevenzione incendi, su segnalazione dei Nas, aveva innescato il procedimento penale (per falso) nei confronti del tecnico comunale.

La Corte di cassazione non ha condiviso, in punto di diritto e di esatta interpretazione della normativa, le motivazioni addotte dai giudici di merito (tribunale, prima, e corte di appello, dopo) a sostegno della sentenza di condanna.

LE CONSIDERAZIONI DELLA CASSAZIONE

L'attività manutentiva non può essere ricondotta al concetto di atto (la condanna era stata pronunziata per rifiuto di atto di ufficio), dal momento che il termine viene usato in senso tecnico amministrativo e, quindi, in relazione agli amministratori di enti locali, non ci si può riferire che ad atti amministrativi.

Il sindaco, peraltro, delega all'assessore competente e ai funzionari le attività concernenti fatti di manutenzione, a meno di rilevanti problemi di merito.

La manutenzione, è pur vero, costituisce un'attività essenziale, perché le precarie condizioni di funzionamento degli edifici e degli impianti possono arrecare gravi danni alla salute di particolari categorie o di tutti i cittadini.

Tuttavia, è difficile, anzi impossibile, immaginare che siano disponibili strumenti finanziari idonei ad assolvere tempestivamente e in maniera ottimale a tutti questi compiti.

In effetti, proprio l’individuazione delle priorità, e la conseguente puntuale programmazione degli interventi manutentivi, rappresentano alcuni dei doveri di maggior rilievo e delicatezza di una amministrazione.

Si tratta di scelte discrezionali degli amministratori, che debbono tener conto di numerose e complesse esigenze, e vagliare con attenzione le sempre pressanti richieste degli interessati.

E allora non è facile ipotizzare, secondo la Suprema corte, se non vi sono altri e più specifici elementi particolarmente significativi, un "indebito rifiuto" di attività nella posticipazione di un intervento manutentivo, rispetto alle aspettative, pur legittime, dell'utente.

Per quanto concerne l'accusa (e la condanna) nei confronti del tecnico comunale, i giudici della Suprema corte hanno preliminarmente osservato che il tipo di controllo circa le "buone condizioni igienico sanitarie" (porte, bagni) attiene alla Asl, non già al dipendente dell'ufficio tecnico comunale.

D'altra parte, in assenza di precisi standard, da usare come parametri oggettivi e affidabili, la valutazione fatta dal tecnico avrebbe potuto essere considerata disattenta o superficiale, con le conseguenze previste per chi non compie con scrupolo il proprio lavoro, ma non la si può imputare della falsità delle attestazioni.