ITALIA OGGI

GIUSTIZIA E SOCIETÀ

Martedì 2 Gennaio 2001

ELEZIONI POLITICHE - Dal ministero dell’interno chiarimenti in materia di ineleggibilità

Sindaci, meno rischioso candidarsi

Le dimissioni entro sette giorni dallo scioglimento delle camere

DI LUIGI OLIVERI

Presidenti della provincia e sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20 mila abitanti possono dimettersi entro sette giorni dallo scioglimento delle camere, qualora esso avvenga prima del termine finale della legislatura per ragioni di natura tecnica.

È’ quanto emerge dalla circolare numero prot. 29914 proc. 9438 gab. diramata dalla prefettura di Pavia, che riporta la risposta fornita dal ministero dell'interno al quesito posto dall'Unione delle province d'Italia (Upi) e dall'Associazione nazionale dei comuni d'Italia (Anci) per conoscere l’avviso ministeriale in ordine al momento in cui debbano essere rassegnate le dimissioni, da parte dei sindaci e dei presidenti delle province, dalle rispettive cariche, perché possano essere validamente eletti al parlamento della repubblica.

Molti capi delle amministrazioni provinciali e comunali stanno meditando di candidarsi per le prossime elezioni politiche, per portare in aiuto delle

formazioni politiche di appartenenza la propria dote di voti, nella convinzione che il consenso ottenuto con la loro elezione diretta alla carica di presidenti della provincia o di sindaci possa ripetersi anche in occasione del rinnovo del Parlamento.

Diventa, pertanto, cruciale conoscere le modalità per candidarsi in modo da non incorrere nell'ineleggibilità, prevista, proprio per i capi delle amministrazioni provinciali e comunali con oltre 20 mila abitanti, dall'articolo 7 del dpr 30/3/1957 n. 361, che ha approvato il Testo unico delle leggi in materia di elezione della camera dei deputati, il quale, prevede, al comma 2, che le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate dai capi delle amministrazioni locali siano cessate almeno 180 giorni prima della data di scadenza del quinquennio di durata della camera.

Il problema, allora, consiste nella corretta individuazione della scadenza del quinquennio (in particolare quello avviato con le elezioni del 21 aprile 1996), il cui termine iniziale, a mente del comma 5 del medesimo articolo 7, decorre dalla data della prima riunione della camera.

O, meglio, occorre comprendere se l'operatività dell'obbligo di cessazione dalle funzioni 180 giorni prima della scadenza operi sempre e in ogni caso, in mancanza di una causa di scioglimento delle camere diversa dalla naturale scadenza, oppure se, in presenza di uno scioglimento anticipato non dovuto a cause politiche ma solo tecniche, faccia scattare il disposto del comma 6 dell'articolo 7 del dpr 361/57, a norma del quale in caso di scioglimento anticipato della camera dei deputati, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di scioglimento nella Gazzetta Ufficiale.

La circolare prefettizia ricorda che in merito il ministero guidato da Enzo Bianco ha chiesto un parere al Consiglio di stato. I giudici di palazzo Spada, in proposito, hanno correttamente rilevato che una pronuncia di natura consultiva, quale quella richiesta loro, non può ritenersi conclusiva, in quanto la decisione ultima sull'eleggibilità dei componenti della camera spetta, in piena autonomia, alla giunta per le elezioni, l'organismo interno che procede alla verifica dei poteri.

Il Consiglio di stato, pur rilevando che non si rinviene un orientamento consolidato, giurisprudenziale o dottrinale, da poter proporre, ha ritenuto che la posizione più aderente alla lettera del dpr 361/57 appare quella che configura nella fattispecie "scioglimento anticipato" qualsiasi interruzione della legislatura precedente il termine naturale della stessa.

Ciò sarebbe implicitamente confermato dal fatto che in passato, per lo scioglimento cosiddetto tecnico o funzionale delle camere, è stata adottata la procedura autonoma prevista dall'articolo 88 della Costituzione, che prevede appunto lo scioglimento per disposizione del presidente della repubblica.

In linea di principio, quindi, se dovesse intervenire un provvedimento del capo dello stato che per ragioni tecniche, quali l’opportunità di procedere con le elezioni in una specifica data, l'ineleggibilità prevista dall'articolo 7, comma 2, del dpr 361/57 non opererebbe, e sindaci di comuni con oltre 20 mila abitanti e presidenti delle province potrebbero dimettersi entro sette giorni dalla data di pubblicazione del decreto di scioglimento.

La circolare prefettizia, comunque, mette bene in rilievo la riserva espressa dal parere del Consiglio di stato, il quale ribadisce che ogni valutazione rispetto ai requisiti di eleggibilità resta riservato esclusivamente alle camere, che possono decidere in merito in modo anche differente.

I precedenti parlamentari, in ogni caso, aggiunge il Consiglio di stato, sono nel senso di ritenere valide le elezioni di candidati che abbandonarono le cariche, costituenti cause di ineleggibilità, sette giorni dopo lo scioglimento.