ITALIA OGGI 14 marzo 01

COLLEGATO VERDE/L 'articolo 10 del legge

Le terre da scavo non sono rifiuti

DI MASSIMO MEDUGNO

Le terre e le rocce da scavo non sono rifiuti qualora siano destinati all'effettivo utilizzo per reintegri, riempimenti, rilevati e macinati, con esclusione di materiali provenienti da siti contaminati con concentrazione superiore ai limiti di accettabilità.

Ancora, non sono rifiuti i materiali vegetali provenienti da alvei di scolo ed irrigui, utilizzati tal quali come prodotto e non contaminati.

Questo afferma chiaramente l’art. 10, comma 1 del "collegato verde" approvato definitivamente lo scorso 8 marzo.

Originariamente, l'art.8 comma 2 lett. c) dlgs 22/1997 escludeva dall'ambito di applicazione del decreto stesso "i materiali non pericolosi che derivano dall'attività di scavo"), disposizione poi soppressa dall'art. 1 comma 8 dlgs 8 novembre 1997 n.389.

La questione era stata affrontata da alcune leggi regionali e dallo stesso ministero dell'ambiente, che aveva sostenuto che le terre scavo riutilizzate, non contaminate, non era da considerarsi rifiuti.

Sul punto si è pronunciata anche la Suprema Corte, con la sentenza n.2419/2000, che con riferimento ad un caso specifico, aveva affermato che le terre da scavo, provenienti da demolizioni e scavi costituiscono rifiuti speciali e l'attività di scarico degli stessi in un'area determinata attraverso una condotta ripetuta, anche se non abituale e protratta nel tempo, configura (pacificamente) la realizzazione e gestione di una discarica per la quale è richiesta l'autorizzazione.

Va ricordato che anche gli scarti di metalli preziosi (legge 426/98), come le terre e le rocce di scavo, sono esclusi per legge dalla normativa sui rifiuti.

Ed appare strano che, materiali così diversi, abbiano bisogno di una apposita disposizione di legge per escluderli dalla disciplina dei rifiuti.

Questa constatazione, fa ritenere ragionevoli il tentativo di coloro che, a più riprese (a livello di governo e parlamentare), avevano sostenuto l’opportunità di modificare la definizione stessa di rifiuto riportata dall'art. 6 dlgs 22/97 o, comunque, avevano riflettuto sulla stessa definizione.

L'applicazione della definizione di rifiuto, peraltro, è molto differenziata nell'Europa comunitaria.

Anche la Direzione generale ambiente della Commissione europea non fa più mistero di questa situazione.

L'Italia e il governo italiano potrebbero quindi assumere un ruolo e conquistare uno spazio propositivo nella vicenda, sulla base dell'esperienza di questi anni.