TRIBUNALE DI VALLO DELLA LUCANIA

Il giudice,

letti gli atti di causa,

a scioglimento della riserva assunta all'udienza dell'8-9-2000, osserva quanto segue.

Va in primo luogo ritenuta l'ammissibilità in astratto del provvedimento d'urgenza, essendo inapplicabili nella specie i rimedi cautelari tipici.

Prima di appurare l'ammissibilità in concreto, ossia i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora, va affrontata la questione pregiudiziale della giurisdizione, il cui difetto è rilevabile anche d'ufficio.

La giurisdizione appartiene al giudice ordinario, stante il chiaro disposto dell'art. 68, 1° comma del D. Lgs. 29/93 - come sostituito dall'art. 29 dei D.Lgs. 80/98 -, che così recita: "Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (…) incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale nonché ...".

Va altresì dichiarata l'inammissibilità dell'intervento spiegato dall'Unione provinciale dei segretari comunali e provinciali di Salerno.

Infatti, anche a voler superare i dubbi concernenti la compatibilità tra l'esigenza di massima speditezza e semplicità del procedimento cautelare con l'appesantimento provocato dall'introduzione di un altro soggetto processuale, per giustificare l'intervento - nella specie adesivo dipendente - c'è bisogno che l’interveniente possa subire dall'emananda ordinanza un pregiudizio immediato e diretto ad una propria situazione giuridica, in qualità di destinatario effettivo e sostanziale del provvedimento.

Ciò è da escludere nel presente giudizio, di modo che nessun interesse all’intervento può essere riconosciuto alla predetta Unione provinciale.

Venendo al requisito del periculum, va subito precisato che la fattispecie in oggetto non è assimilabile ad un licenziamento, ma piuttosto ad un demansionamento, in quanto – per come si vedrà in seguito - con il decreto di revoca non è risolto il rapporto di lavoro della Pannullo con l'agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali - posto che tale risoluzione può essere adottata solo dall'Agenzia stessa, ai sensi dall'art. 17, comma 2 D.P.R. 465/97-, bensì il rapporto organico con l'amministrazione, con la conseguenza che la ricorrente è stata privata delle funzioni di segretario e collocata in disponibilità, come stabilito dal comma 72 dell'art. 17 L. 127/97.

Nessun dubbio che anche il segretario comunale o provinciale, quale dipendente pubblico, goda della tutela contro il declassamento, sia perché l'art. 56 del D.Lgs. 29/93 - come sostituito dall'art. 25 del D.Lgs, 80/98 – detta una disciplina analoga a quella dell'art. 2103 c.c., statuendo che "il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero …..", e sia in quanto l'esclusione dell'applicabilità dell'art. 2103 c.c. per il conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali, sancita dall'art. 19 dei D.Lgs. 29/93 - come sostituito dall'art. 13 dei D.Lgs. 80198 e ulteriormente modificato dall'art. 5 dei D.Lgs. 387/98 - non solo va intesa come riferita al sistema della promozione automatica e non anche a quello volto a preservare la professionalità acquisita dal dipendente, ma soprattutto potrebbe valere per i segretari generali (di comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, ex art. 14 D.P.R. 465/97), cui va riconosciuta la posizione dirigenziale, non per quelli comunali, i quali restano funzionari pubblici, visto il dettato dell'art. 17, comma 67 della L. 127/97, che sul punto non ha innovato rispetto alla precedente normativa in materia.

Ebbene, il danno da dequalificazione professionale è in re ipsa, come ribadito anche di recente dalla Suprema Corte, la quale ha affermato (sent. n. 11727 del 18-10-99, in motivazione) che "il danno da demansionamento ... non si identifica con un pregiudizio unico ed immediato, come ... la maggior sofferenza nell'espletamento delle mansioni inferiori, ma si risolve in un effettivo, concreto e inevitabile ridimensionamento dei vari aspetti della vita professionale, che costituisce a sua volta un bagaglio peggiorativo diretto ad interferire negativamente nelle infinite espressioni future dell'attività lavorativa", ed ha richiamato una precedente decisione (n. 13299 del 16-12-92), nella quale si era già chiarito che il demansionamento produce un "vulnus alla personalità ed alla libertà del lavoratore" che "contiene necessariamente, oltre che la potenzialità del danno, una inseparabile carica di effettività (senza che ciò significhi ricorso a presunzioni) per la diminuzione del patrimonio professionale, anche ai fini dell'ulteriore sviluppo di carriera…".

In sostanza solo per il danno biologico si può porre l'onere probatorio a carico del lavoratore-ricorrente, ma non per quello che deriva dalla dequalificazione, posto che quest'ultima dà luogo ad un decremento o, quanto meno, ad un mancato incremento della professionalità, da intendere come il complesso delle nozioni teoriche e delle capacità pratiche che il dipendente acquisisce mediante l'effettivo svolgimento della prestazione lavorativa. Ciò in quanto il bagaglio professionale del lavoratore non è limitato alle conoscenze teoriche, ma si estende alla loro applicazione, con tutte le difficoltà tecniche che possono manifestarsi nella realtà concreta.

La modifica in peius delle mansioni lede una serie di diritti soggettivi dei dipendente, a partire da quello alla libera esplicazione della sua personalità nel luogo di lavoro, incidendo negativamente sulla dignità, la vita di relazione, l'immagine professionale all'interno ed all'esterno dello stesso, l'immagine sociale, le aspettative di promozione e di carriera: non si esaurisce perciò nella violazione di una mera aspettativa.

Nella specie non solo viene compromessa la possibilità per la Pannullo di mantenersi aggiornata ed in contatto con l'ambiente di lavoro, ma vi è il concreto rischio che, decorsi quattro anni senza che abbia preso servizio come segretario in altra sede, la ricorrente venga collocata d’ufficio in mobilità presso altra amministrazione, ai sensi dell'art. 17, comma 72, ultimo periodo della L.127/97, subendo così una perdita definitiva della propria professionalità

Ed è evidente che tale pregiudizio non è suscettibile di riparazione, nè in forma specifica, nè per equivalente economico, non essendo di carattere meramente patrimoniale.

Quanto al fumus boni iuris, esso, alla luce della cognizione sommaria propria del procedimento d'urgenza, appare sussistente.

Invero, dalla complessa normativa in tema di nomina e revoca del segretario comunale e provinciale, si evince che questi, una volta nominato dal sindaco o dal presidente della provincia, acquista un diritto soggettivo al mantenimento della carica sino al termine dei mandato di questi ultimi.

Ciò si ricava in particolare non solo dall'espressa previsione del comma 70 dell'art. 17 L. 127/97, ma altresì dal successivo comma 71, in forza dei quale "il segretario può essere revocato con provvedimento motivato del sindaco o del presidente della provincia, previa deliberazione della giunta, per violazione dei doveri d'ufficio".

L'art. 15, comma 5 del D.P..R. 4-12-1997 n. 465 (intitolato "Regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, a norma dell'art. 17, comma 78, della legge 15 maggio 1997, n. 127) aggiunge che "il provvedimento motivato di revoca è adottato dal sindaco o dal presidente della provincia su deliberazione della giunta, previo contraddittorio con l'interessato. A tal fine, sono preventivamente contestate per iscritto le gravi violazioni ai doveri di ufficio, sono valutate le giustificazioni rese per iscritto, ed è sentito personalmente il segretario, qualora lo richieda, in sede di seduta della giunta comunale e provinciale".

In tal modo è stato sostanzialmente recepito il parere del Consiglio di Stato del 22-9-97, il quale aveva sottolineato che la revoca dev'essere "comunque corredata ad alcuni punti di riferimento predeterminati, ancorché‚ in via di massima, onde non trasformare la facoltà di revoca in un recesso ad nutum svincolato da ogni parametro precostituito".

In altri termini, il rapporto fiduciario che deve intercorrere tra il segretario e l'ente locale è limitato al momento della scelta di nomina, ma non giustifica di per sè la decisione unilaterale di questo di far cessare il rapporto, essendo tale facoltà concessa esclusivamente in presenza della specifica ipotesi della grave violazione ai doveri d'ufficio. Solo in tal modo si può assicurare al segretario quel margine di autonomia necessario per espletare al meglio le importanti funzioni in seno all'amministrazione attribuitegli dall’art. 17, comma 68 della citata legge n. 127.

Ulteriori conferme si traggono sia dalla diversa disciplina dettata, ad esempio, per il direttore generale, la cui revoca può essere legittima indipendentemente dalla violazione dei doveri d'ufficio, sia dai lavori preparatori della legge 127, dai quali si apprende che non è stata riportata nel testo definitivo quale causa di revoca del segretario la "compromissione del rapporto funzionale con il capo dell'amministrazione locale", indicata invece nel testo approvato dal Senato in prima lettura.

Invero la dipendenza del segretario da quest'ultimo è solo funzionale ed a tempo determinato - come precisato dal richiamato art. 17, comma 70 e ribadito dall'art. 15, comma 1, del D.P.R. n. 465 -, ossia attiene solo al rapporto organico o d'ufficio, che concerne il conferimento in concreto dei compiti da svolgere; mentre, a norma dei commi 67 e 76 del predetto art. 17 (vedi anche il già menzionato art. 17 del D.P.R. 465/97 rubricato "procedimento disciplinare"), il rapporto formale d'impiego (rapporto di servizio o di lavoro) a tempo indeterminato s'instaura - antecedentemente a quello funzionale - con l'agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, avente personalità di diritto pubblico, ed articolata in sezioni regionali, in virtù del disposto del comma 75.

Delineato cosi - per quel che rileva in questa sede - in estrema sintesi lo status giuridico dei segretari, non riconducibile a quello di nessun'altra figura professionale, va subito osservato che, in base ai principi generali, una volta provata dalla ricorrente l'avvenuta revoca dalle funzioni di segretario, incombeva sull'amministrazione convenuta l'onere probatorio di dimostrare la legittimità dei provvedimenti impugnati, ossia la sussistenza dei fatti costitutivi dei potere esercitato.

Nella specie il comune avrebbe dovuto provare che il comportamento della ricorrente integrasse gli estremi della grave violazione dei doveri d'ufficio, in presenza della quale soltanto era permesso all'amministrazione di revocare dall'incarico la Pannullo.

Orbene, sia il comune, sia l'agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, sono rimasti contumaci nel presente procedimento, pur essendo stati entrambi citati in giudizio con regolare notifica.

Sicché, a fronte di tale comportamento processuale dei convenuti, che non solo è valutabile come argomento di prova ai sensi dell'art. 116, 2' comma c.p.c., ma soprattutto ha precluso ai medesimi di fornire la prova da loro richiesta, e considerato che non si può pretendere dalla ricorrente la dimostrazione della circostanza negativa delle mancata violazione dei doveri d'ufficio, il ricorso in questa fase va accolto.

Ad ogni modo, dalla documentazione versata in atti da parte ricorrente, si ricava innanzitutto la genericità ed indeterminatezza delle contestazioni che le sono state mosse con l'atto di avvio del procedimento di revoca dall'incarico di segretario comunale, datato 11-5-2000, prot. 1906, senza indicazione di episodi specifici individuati nelle loro modalità e nelle circostanze di tempo e di luogo.

Tale genericità vanifica lo scopo per il quale in base al combinato disposto degli artt. 17, comma 71 L. 127 e 15, comma 5 D.P.R. 465 il provvedimento di revoca dev'essere motivato e preventivamente contestato per iscritto all'interessato.

Infatti, analogamente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza per il 2° comma dell'art. 7 Stat. Lav., è evidente che le disposizioni appena richiamate sono volte a realizzare un effettivo contraddittorio tra il segretario ed il comune (o la provincia), consentendo al primo di esercitare compiutamente il suo diritto di difesa, sicché la contestazione "deve essere precisa e puntuale con l'indicazione chiara e specifica dei fatti addebitati" (Cass., sez. lav., 18-4-95, n. 4337. Conforme Cass., sez. lav., 16-9-99, n. 10019).

La funzionalizzazione del requisito di specificità della contestazione al pieno esercizio del diritto di difesa esige una preventiva conoscenza da parte dell’incolpato dei singoli episodi rilevanti dal punto di vista disciplinare: pertanto gli addebiti devono essere precisati nei loro termini storici e devono essere facilmente individuabili i corrispondenti fatti materiali (cfr. Cass., sez. lav., 27-2-95, n. 2238). In altri termini il datore di lavoro deve fornire al lavoratore (e l'amministrazione al segretario) "le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali .…. abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c. (doveri d'ufficio per il segretario)" (Cass., sez- lav., 19-1-98, n. 437).

Per quel che concerne poi la contestazione riguardante una presunta telefonata della Pannullo al sindaco, essa è rimasta priva di qualsiasi riscontro processuale.

Va inoltre rilevato che le affermazioni contenute nella summenzionata lettera sono in netto contrasto con quanto scritto dal sindaco di Ogliastro Cilento nel ricorso al T.A.R. Campania per l’annullamento - previa sospensione - della delibera del consiglio di amministrazione dell'agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali - sezione regionale Campania -, delibera con la quale non era stata assegnata al comune la Pannullo, individuata come segretario con il provvedimento sindacale del 3-8-1999, prot. 3384. Si legge infatti nell'atto introduttivo del giudizio amministrativo che la scelta di quest'ultima è avvenuta sulla base di oggettivi riscontri, emergenti dai requisiti professionali testimoniati dal curriculum, e che pertanto la medesima gode della massima fiducia dei sindaco.

L'esiguo numero di giorni di servizio prestato dalla ricorrente per il comune di Ogliastro rende poi ancora più difficile spiegare come la stessa abbia potuto far cambiare in modo così deciso e repentino opinione al sindaco in ordine alla sua competenza ed alle sue capacità professionali.

Da tutto ciò discende la nullità dei provvedimento di revoca impugnato, per violazione di norma imperativa ed inadempimento ad obbligo assunto contrattualmente (cfr. Cass., sez. lav., 27-4-1999, n. 4221 per l'ipotesi di assegnazione a mansioni non equivalenti), non sussistendo i presupposti legali in presenza dei quali soltanto la facoltà di revoca è esercitata legittimamente.

Ultima questione da affrontare riguarda il tipo di pronuncia che può essere emessa.

All'uopo va precisato che gli atti impugnati nella controversia in esame non vanno considerati provvedimenti amministrativi, bensì atti negoziali o meri atti di diritto privato di gestione del rapporto di lavoro, per i quali non si osservano quindi i limiti sanciti dall'art. 4 L. 2248/1865, all. E.

Infatti nella specie non si è in presenza degli atti organizzativi indicati dall'art. 2, comma 1, D.Lgs. 29/93, il quale li limita espressamente a quelli concernenti "le linee fondamentali di organizzazione degli uffici", l'individuazione degli "uffici di maggiore rilevanza" e dei "modi di conferimento delle titolarità dei medesimi", la determinazione delle "dotazioni organiche complessive".

Come si vede la norma si riferisce ai soli atti cosiddetti di "macro-organizzazione", di carattere generale ed astratto, mentre tutti i restanti atti non possono che rientrare nell'ampia dizione dell'art. 4, comma 2

Quest'ultima disposizione realizza uno degli intenti principali della riforma del lavoro pubblico alle dipendenze della P.A.: l'eliminazione della differenza tra il datore privato, che organizza il fattore lavoro esclusivamente mediante la capacità di diritto privato, e quello pubblico, che opera(va) sia con atti negoziali, sia con atti provvedimentali: conformemente al modello dell'ente pubblico economico la fonte primaria si occupa solo della sua configurazione, riservando alla capacità di diritto privato dell'ente l'organizzazione dei mezzi e del personale.

Il nuovo testo dell'art. 4 del D.Lgs. 29/93 - come sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 80/98 - rafforza questo superamento del pubblico impiego come ordinamento speciale, sia aggiungendo all'espressione "poteri del privato datore", il riferimento a "la capacità", sia estendendo l'ambito della norma dagli aspetti strettamente lavoristici ai profili organizzativi interni agli atti di macro-organizzazione di cui al citato art. 2, comma 1.

Non v'è alcun dubbio pertanto che gli atti deliberati dal comune convenuto relativi alla Pannullo sono atti privati, sindacabili dal giudice ordinario.

Va poi osservato che, ai sensi dei primo periodo del 2° comma dell'art. 68 del D.Lgs. 29/93, come novellato dall'art. 29 del D.Lgs. 80/98, "il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati".

Siffatta puntualizzazione del legislatore non fa che confermare quanto già si desume dal diritto costituzionale all'azione giudiziaria, sancito dall'art. 24 della Carta Fondamentale. In altri termini il processo civile deve assicurare all'attore che ha ragione il soddisfacimento dell'interesse leso, ovvero il conseguimento del bene della vita riconosciutogli dall'ordinamento sostanziale: solo in tal modo si assicura l'effettività della tutela giurisdizionale.

Pertanto il giudice ordinario ha e deve avere tutti i poteri che gli derivano dall'appartenenza a tale ordine giurisdizionale e dal tipo di azione esperibile.

Una cosi ampia attribuzione di poteri al G.O. non lascia quindi spazio ad incertezze in merito alla possibilità di ordinare alla pubblica amministrazione datrice di lavoro la riassegnazione del dipendente alle mansioni in precedenza rivestite.

A voler diversamente opinare ne discenderebbe l'assurda conseguenza che il passaggio dalla giurisdizione amministrativa a quella ordinaria abbia privato i pubblici impiegati della tutela di un diritto soggettivo.

Naturalmente il G.O. non deve controllare l’esistenza di uno dei vizi tipici dell'atto amministrativo (quali l'incompetenza o l’eccesso di potere), bensì il rispetto dei principi di diritto privato di buona fede, coerenza, correttezza, ragionevolezza ed adeguatezza, nonché‚ delle norme di legge e della contrattazione collettiva: nella specie sia gli uni, sia le altre appaiono violati.

Non è di ostacolo l'ineseguibilità in forma specifica del provvedimento che ordini la "reintegra", ossia condanni ad un facere: invero è superato l'indirizzo giurisprudenza che sulla base di tale incoercibilità asseriva che non è consentita la condanna alla reintegrazione, in applicazione analogica dell'art. 18 Stat. Lav., essendo questa una disposizione speciale, e che perciò residua soltanto un obbligo risarcitorio per inadempimento.

Successivamente il giudice di legittimità ha optato per un orientamento meno rigido, accordando al lavoratore una "tutela piena, mediante l'automatico ripristino della precedente posizione", di modo che il giudice di merito "può ben emanare una pronuncia di condanna del .… datore di lavoro a rimuovere gli effetti che derivano dal provvedimento di assegnazione delle mansioni inferiori, af fidando al lavoratore l'originario incarico, ovvero un altro di contenuto equivalente" (Cass., sez. lav., 27-4-1999, n. 4221. Cfr. inoltre Cass., sez. lav., 12-10-1999, n. 11479, che egualmente non rinviene nell'incoercibilità della prestazione alcun impedimento alla pronunzia di condanna).

L'ordine di riammissione in servizio va indirizzato sia al comune, sia all’agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, stante la rilevata duplicità di rapporto funzionale e d'impiego del segretario comunale, che rendo litisconsorti processuali i due soggetti convenuti.

A tal fine va sospesa l'efficacia dell'atto di avvio del procedimento di revoca e di tutti quelli seguenti - compresa la delibera della giunta comunale del 17 maggio -, sino al provvedimento sindacale finale dei giorno successivo. Non ne va disposta invece la disapplicazione, non trattandosi - come già rimarcato - di atti amministrativi presupposti, atteso che solo per questi ultimi vale la previsione dell'ari. 68, 1° comma del D.Lgs. 29/93, come sostituito dall'art. 29 del D.Lgs. 80/98, secondo la quale: "Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi ".

Alla luce di tutte le argomentazioni esposte, il ricorso merita quindi accoglimento, riservando alla causa di merito ogni ulteriore approfondimento circa la legittimità del comportamento tenuto dai soggetti convenuti.

Le spese del procedimento vanno liquidate nel giudizio di merito.

P.Q.M.

letti ed applicati gli artt. 700 e 669 bis e segg. c.p.c., così provvede;

a) dichiara l'inammissibilità dell'intervento spiegato dall'Unione provinciale dei segretari comunali e provinciali di Salerno;

b) dichiara la contumacia del comune di Ogliastro Cilento, in pers. del sindaco p.t., e dell'agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali - sezione Campania - in pers. del leg. rapp. p.t.;

  1. accoglie la domanda e per l'effetto sospende l'efficacia dell'atto sindacale di avvio del procedimento di revoca da segretario comunale di Pannullo Anna ex art. 17, comma 71 legge 127/97 e art. 15, comma 5° D.P.R. 465/97, dell’11-5-2000, prot.1906, e di tutti quelli seguenti - ivi compresa la deliberazione di revoca adottata dalla giunta comunale il 17-5-2000, n. 91-, sino al decreto sindacale finale di revoca del 18-5-2000, prot. 2063 e conseguentemente ordina al comune di Ogliastro Cilento, in persona dei sindaco p.t., ed all'agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali - sezione Campania - in persona dei leg. rapp. p.t., ciascuno per quanto di competenza, di riassegnare provvisoriamente ed immediatamente la ricorrente alle funzioni di segretario comunale dei predetto comune;
  2. fissa il termine perentorio di trenta giorni per l'inizio della causa di merito;

e) nulla per le spese.

Vallo della Lucania, 13/9/2000.

Il Giudice

(Dr. Marcello Caporale)

Depositato in cancelleria Oggi 13 Set. ’00