Tratto dal sito www.giust.it nel quale si potranno consultare anche i numerosi documenti citati nel testo

Lo spoil system applicato ai segretari comunali e provinciali è ammissibile nel nostro ordinamento costituzionale ?

di Giovanni Virga

Aveva alimentato speranze, qualche settimana addietro, la sentenza della Sez. IV del Consiglio di Stato, 19 aprile 2001 n. 2345, pubblicata in questa rivista elettronica alla seguente pagina: http://www.giust.ipzs.it/private/cds/cds4_2001-2345.htm, con la quale era stata affrontata la questione riguardante i requisiti che i segretari debbono possedere per conseguire la nomina.

Nella ricordata occasione in particolare la Sez. IV, respingendo le tesi sostenute dall’Agenzia autonoma gestione dell’Albo dei segretari, aveva affermato che "è illegittimo, ai sensi dell'art. 11 comma 10 D.P.R. 4 dicembre 1997 n. 465, un provvedimento con il quale il sindaco di un Comune di classe seconda, dopo aver dato comunicazione al segretario in carica dell’avvio della procedura di non conferma, ha nominato in suo luogo un segretario capo anziché un segretario generale di classe seconda; tale determinazione è in contrasto con l’art. 11, comma 10, del d.P.R. 4 dicembre 1997 n. 465, che pone con chiarezza la regola per cui il segretario dev’essere selezionato tra quelli iscritti alla fascia superiore a quella demografica di appartenenza" (su tale sentenza si fa rinvio al successivo commento di L. OLIVERI, L'illegittimità delle nomine dei segretari capo in comuni sedi di segreteria generale, pubblicata sempre in questa rivista alla seguente pagina http://www.giust.it/articoli/oliveri_nominesegret.htm ).

Con la sentenza in rassegna invece, la stessa Sez. IV era chiamata ad affrontare e risolvere un diverso e più delicato problema, riguardante le modalità di non conferma e di nomina del nuovo segretari.

E’ bene dire subito che le speranze alimentate dalla precedente pronuncia sono andate deluse; e ciò non soltanto perchè con con la decisione in rassegna si è finito per annullare la fondamentale e ben argomentata sentenza del TAR Lazio, Sez. I Ter, 5 luglio 2000 n. 5511, pubblicata in precedenza in questa rivista alla seguente pagina: http://www.giust.it/tar1/tarlazio1ter_2000-5511.htm , che aveva trovato conferma in numerose altre pronunce di altri TT.AA.RR. e dell’A.G.O. (si fa rinvio in proposito alla sezione dedicata agli approfondimenti della presente rivista, nella quale le varie pronunce sono elencate), ma soprattutto per i modi in cui tutto ciò è avvenuto.

Criticabile sembra innanzitutto la estrema laconicità della motivazione della sentenza in rassegna, la quale, pur affrontando (per quanto consta, per la prima volta in secondo grado) il tema della revoca dei segretari comunali e provinciali, forse non considerando l’importanza della questione e la sua refluenza su altri settori del p.i. (non è superfluo ricordare che la vicenda dei segretari è stata spesso considerata come una specie di "esperimento pilota" tramite il quale gradatamente introdurre lo spoil system nel nostro sistema), non dà compiuta contezza dell’iter logico seguito, trincerandosi dietro espressioni del tutto tautologiche ed affermazioni che rimangono nel vago ed in qualche caso sono completamente indimostrate.

Ciò vale innanzitutto per la questione circa l'asserita sussistenza della giurisdizione amministrativa in materia.

E’ stato affermato in proposito che "rientra nella giurisdizione del Giudice amministrativo una controversia riguardante un provvedimento di non conferma del segretario comunale e di nomina del nuovo, atteso sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo tutte le volte in cui la p.a. debba seguire una particolare procedura ad evidenza pubblica per la scelta di un soggetto con cui stipulare un contratto di diritto privato; in ordine a tale controversia in ogni caso non è applicabile l’art. 68, 1° comma, del d.lgs. n. 29 del 1993, come modificato dal d.lgs. n. 80 del 1998, atteso che la controversia stessa riguarda il tema di conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti non già dipendenti della p.a.".

Ora, il richiamato principio secondo cui "sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo tutte le volte in cui la p.a. debba seguire una particolare procedura ad evidenza pubblica per la scelta di un soggetto con cui stipulare un contratto di diritto privato" non sembra nella specie conferente, atteso che nel caso in questione non si controverteva in ordine ad un provvedimento di nomina di un soggetto che non ha già rapporto di pubblico impiego con la P.A.; la controversia, al contrario, si incentrava su di un provvedimento che è di revoca (automatica o non, poco importa ai fini in discorso) di un soggetto che - prima la rimozione ed anche dopo - è indubbiamente un pubblico dipendente e che, nel contempo, è anche di nomina di un nuovo segretario, il quale è pur esso scelto tra soggetti che sono pubblici dipendenti (sia pure a disposizione).

La questione della giurisdizione in materia richiedeva, quindi, una attenta disamina di tali aspetti e non poteva in ogni caso essere liquidata con il semplice richiamo al predetto principio, si ripete, del tutto inconferente con riguardo al caso in questione, dato che sia sul versante della revoca che su quello della nomina si era in presenza di pubblici dipendenti.

Nè può sanare tale difetto di motivazione l’ulteriore periodo con il quale la Sez. IV, cercando di chiudere sbrigativamente il discorso, statuisce che: "vertendosi poi in tema di conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti non già dipendenti della p.a., appare inconferente il riferimento alla norma contenuta nell’art. 68, 1° comma, del d.lgs. n. 29 del 1993, come modificato dal d.lgs. n. 80 del 1998".

Il richiamo a quest’ultima norma era, invece, del tutto conferente, dato che i soggetti interessati dal provvedimento (e cioè tanto il segretario rimosso che il nuovo segretario nominato) sono, contrariamente a quanto asserito e come già rilevato, entrambi dipendenti pubblici.

Anche qualora si volesse ridurre la controversia ad una semplice questione di "conferimento di incarichi dirigenziali", la questione della giurisdizione si poneva nella sua pienezza alla luce del disposto del D.L.vo n. 80/1998, come modificato dal successivo D.L.vo n. n. 347/1998 (v. tra le tante pronunce che hanno ritenuto sussistente la giurisdizione dell’A.G.O. per le procedure di conferimento di incarichi dirigenziali TAR FRIULI VENEZIA GIULIA - sentenza 18 dicembre 1999 n. 1282, pubblicata alla pag. http://www.giust.it/tar1/tarfriuli_1999-1282.htm ).

Peraltro la sentenza in rassegna finisce per ignorare diverse pronunce, ben più articolate e complesse, con le quali l’A.G.O. ha affermato invece la propria giurisdizione in materia (v. per tutte da ult. CORTE D'APPELLO DI FIRENZE, SEZ. LAVORO - sentenza 3 marzo 2001, pubblicata alla pagina http://www.giust.it/ago1/corteappfi_2001-03-03.htm ). Ed anche in ordine a tali pronunce c’era da aspettarsi una più articolata motivazione sul punto, motivazione che, viceversa, nella specie manca.

Il rilevato difetto di motivazione non riguarda solo la questione preliminare della giurisdizione del giudice adito, ma anche il merito della controversia.

Non si esime dal rilievo infatti la semplicistica constatazione, alla quale fa riferimento la Sez. IV per giustificare il proprio orientamento, secondo cui l’art. 2, 1° comma, del decreto legge 26 gennaio 1999 n. 8, convertito nella legge 25 marzo 1999 n. 75, è stato "qualificato" dal legislatore come norma di interpretazione autentica ed è quindi applicabile con effetto retroattivo; nella specie non era infatti sufficiente far riferimento alla qualificazione formale data alla norma, ma occorreva invece dimostrare in concreto (alla stregua del testo della norma originaria che si intendeva interpretare) se la sopraggiunta norma, al di là dell’intenzione espressa dal legislatore, poteva effettivamente considerarsi come di vera e propria interpretazione autentica.

A dir poco sbrigativa, se non del tutto apodittica, è poi la parte della motivazione che affronta le eccepite questioni di legittimità costituzionale della disciplina in questione; ammesso per un attimo che si possa dar per buona e considerare valida una intenzione interpretativa espressa dal legislatore (ma che i giudici di prime cure, con una ben più approfondita analisi, avevano in concreto esclusa), occorreva spiegare poi perchè, pur continuando a prevedere la nostra Costituzione i principii non solo dell’imparzialità e del buon andamento, ma anche quello secondo cui gli impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione, si possa considerare come conforme a Costituzione il sistema che viene fuori dalle norme de quo in materia di nomina e di revoca dei segretari.

Occorreva inoltre spiegare perchè, mentre esiste un obbligo generalizzato di motivazione per tutti gli atti amministrativi, il quale, secondo la migliore dottrina, dà attuazione al precetto fondamentale di cui all’art. 97 Cost., tale obbligo non sussisterebbe allorquando si tratta di revocare segretari comunali o provinciali (che hanno magari lodevolmente svolto per tanti anni il loro lavoro) e nominare al loro posto dei segretari nuovi (magari scelti tra i portaborse del Sindaco o dal Presidente della Provincia di turno).

E’ proprio con riferimento alle dedotte questioni di costituzionalità che la sentenza rivela tutta la sua fragilità.

La Sez. IV, infatti, per sbarazzarsi delle varie questioni di costituzionalità eccepite dalla difesa dell’appellato, si limita ad affermare laconicamente che "la scelta del legislatore di valorizzare il rapporto fiduciario che intercorre tra il Sindaco (il quale con l’elezione diretta assume precisi impegni programmatici nei confronti dell’elettorato) ed il dirigente (al quale è affidata la massima responsabilità della gestione) è coerente con il nuovo assetto dei rapporti" (sic).

E’ facile replicare in proposito che la coerenza costituzionale del denunciato sistema andava valutata non già con riferimento al "nuovo assetto dei rapporti", ma alla stregua del dettato letterale e dello spirito della nostra Costituzione, la quale non solo non contempla - a differenza di altri ordinamenti - lo spoil system, ma espressamente rifugge da quest’ultimo sistema, laddove stabilisce che gli impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione (e cioè dei cittadini e non già del politico di turno).

Infine è da rilevare la palese illogicità ed incongruenza del sistema che viene fuori dalla interpretazione sposata acriticamente dalla Sez. IV, dato che, mentre la rimozione del precedente segretario sarebbe automatica per effetto della nomina del nuovo (il che significa anche che il precedente segretario verrebbe così cacciato dopo tanti anni di servizio senza sentirsi dire nemmeno il perchè e addirittura senza nemmeno la soddisfazione di essere menzionato in un provvedimento che pur sancisce implicitamente la fine del suo rapporto di servizio con il Comune presso il quale ha prestato servizio), la nomina del nuovo segretario deve essere - conformemente ai principi generali - adeguatamente motivata, anche con riferimento al possesso dei necessari requisiti per l’accesso (v. in tal senso la già citata decisione della stessa Sez. IV, n. 2345, depositata qualche settimana addietro).

E così il povero segretario viene rimosso senza nemmeno uno straccio di provvedimento che lo menzioni o gli spieghi le ragioni del benservito, al momento della nomina del nuovo.

Tutto ciò perchè, come è stato affermato con la decisione in rassegna, "ove il Sindaco intenda dispiegare il suo potere e procedere alla sostituzione del segretario in carica, egli deve unicamente avviare il procedimento di nomina del nuovo segretario".

Il segretario, quindi, di fronte al "dispiegamento di potere" del Sindaco, deve subire una rimozione automatica senza uno straccio di motivazione e senza potere comunque ottenere la valutazione del proprio curriculum e del proprio operato.

Ed è così che, con l'avallo purtroppo del Consiglio di Stato, anche se senza una pronuncia del Giudice delle leggi, può dirsi riuscito l'esperimento "pilota" dello spoil system applicato ai segretari.

Un sistema questo che è già stato applicato dai nostri governanti, nonostante l'orientamento negativo della giurisprudenza sia ordinaria che amministrativa, ad altri comparti (v., per ciò che concerne il valzer delle nomine ministeriali prima delle elezioni, gli articoli di S. CASSESE, Potere ai sindacati e M. CLARICH, Le mani della politica, riportati nella rassegna stampa della rivista) ma che, a questo punto, visto l'esito della vicenda dei segretari, sarà probabilmente esteso a tanti altri settori della P.A. Con buona pace del tanto strombazzato principio della separazione tra politica ed amministrazione.

Le mani della politica sull'amministrazione (o meglio, per usare le parole della sentenza, "il dispiegamento del potere" politico su quello amministrativo) non sembra ormai trovare più ostacoli e sarà così "coerente con il nuovo assetto dei rapporti".

Per ulteriori approfondimenti sul tema mi permetto di far rinvio all’apposita pagina nella sezione degli approfondimenti ed in particolare alla mia relazione al Convegno di Catania del 4 giugno 1999, intitolata "Il procedimento di nomina dei Segretari comunali e provinciali: competenza, avvio, pubblicizzazione", nonchè al breve commento redatto all’indomani della pubblicazione del decreto legge n. 8/1999, intitolato "I segretari comunali a tempo (anzi "a scadenza")", entrambi pubblicati in questa rivista Internet.