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Eugene Jonescu, rumeno di nascita, francese d’adozione è con Samuel Beckett il rappresentante più famoso di quella corrente teatrale contemporanea definita "teatro dell’assurdo" che porta in scena i nodi esistenziali dell’uomo moderno: incomunicabilità, falsità di rapporti, routine, difficoltà a dare un senso all’esistenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Glauco Mauri uno dei più grandi e fedeli interpreti del teatro di Jonesco.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Jonesco non è un autore facile: i suoi lavori sono volutamente ermetici e al di fuori dei canoni tradizionali, convinto che in tal modo, spingendo l’arte fuori dai linguaggi tradizionali, abbia una funzione di verità e demistificazione. In realtà il linguaggio è spesso involuto e contorto, e in mancanza delle chiavi di lettura risulta spesso incomprensibile, e pure l’ironia che illumina e anima la scena risulta difficilmente percepibile.

 

 

 

 

 

 

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Jonesco: l’assurdo va in scena.

 

Eugene Jonescu, rumeno di nascita, francese d’adozione è con Samuel Beckett il rappresentante più famoso di quella corrente teatrale contemporanea definita "teatro dell’assurdo" che porta in scena i nodi esistenziali dell’uomo moderno: incomunicabilità, falsità di rapporti, routine, difficoltà a dare un senso all’esistenza. Approdato in Francia, dopo varie esperienze letterarie, nel 1950 mette in scena "La cantatrice calva" , una commedia in cui Jonesco si presenta come autore d’avanguardia, deciso a voltare le spalle al teatro canonico e sfuggire al realismo e alla psicologia. I protagonisti sono due anonime coppie inglesi gli Smith e i Martin, rappresentati come gli archetipi della borghesia, Ecco la prefazione alla scena prima:" Interno borghese inglese, con poltrone inglesi. Serata inglese. Il signor Smith, inglese, nella sua poltrona e nelle sue pantofole inglesi, fuma le sua pipa inglese e legge un giornale inglese accanto a un fuoco inglese". La prima battuta è della signora Smith:"Già le nove. Abbiamo mangiato minestra, pesce, patate al lardo, insalata inglese....". E’ facile capire, anche per chi non conosce bene il suo teatro, che questi personaggi parlano ma non comunicano, limitandosi a uno scambio di frasi banali e convenzionali, non pensano perché hanno perso la capacità di pensare, non esprimono emozioni e passioni, né le comunicano agli spettatori. Sono prigionieri del conformismo, simili ad automi viventi, senza alcuna sostanza psicologica. Il risultato è una situazione paradossale, comico-grottesca in cui i protagonisti dialogano sul nulla. Lo spettacolo fu un fiasco totale, ma rappresentato sei anni dopo ebbe un grande successo che dura ancora, è una delle sue commedie più rappresentate. E’ interessante seguire la genesi di questo lavoro. Jonesco aveva deciso di imparare l’inglese; leggendo un manuale di conversazione rimase colpito dall’involontaria comicità dei dialoghi, rendendosi conto di avere davanti un testo quasi pronto, facilmente adattabile in chiave umoristica. La bizzarria del titolo suggerisce chissà quali significati simbolici, niente di tutto questo, fu solo il risultato del lapsus di un attore durante le prove. Se un manuale d’inglese è all’origine de "La cantatrice calva", un libro di aritmetica della figlia e, forse, l’antipatia contro un suo ex professore di filologia, suggerisce a Jonesco il tema de " La lezione", tutto giocato sul dialogo e sul gioco delle parti. Una ragazza diciottenne si presenta da un insegnante per una lezione privata: lei sicura di sé, allegra, dinamica, lui un uomo già anziano, un po’ curvo, troppo timido, troppo impacciato, parla con voce sorda, si impapina in frasi di circostanza, si scusa senza motivo.

Ma lentamente le parti si invertono, la timidezza scompare e il professore diventa sempre più sicuro, nervoso, aggressivo, dominatore, tanto da giostrarsi a piacere l’allieva. Nel momento culminante la ragazza, diventata sonnolenta, querula, passiva, è ormai in balia del professore, che incapace di dominare la propria furia la uccide. Disarmato dalla sua governante piange, chiede perdono, prontamente accordato. Questo dramma comico fu allestito per motivi economici all’insegna del risparmio: scene spartane e pochi protagonisti. La parte del professore costituisce un ottimo esercizio per un attore perché passa attraverso tutti i sentimenti: timidezza, sicurezza, tragicità, sadismo, comicità, erotismo.

In "Amedeo ovvero come sbarazzarcene " il tema della crisi della coppia, banale e scontato, è arricchito da trovate geniali. La routine quotidiana di una qualunque coppia borghese è turbata da una presenza scomoda: in camera da letto c’è il cadavere dell’amante della moglie, ucciso dal marito. Però il cadavere in qualche modo "vive ": gli crescono le unghie e la barba, ha gli occhi aperti che "brillano nel buio come fanali, e la moglie li va a chiudere. Ma non solo gli crescono le unghie, anche il corpo si allunga un tanto al giorno facendo tremare la casa . Divenuto ormai enorme e ingombrante i due decidono di disfarsi del corpo. Un’irruzione della polizia complica le cose ma non trova nulla perché la salma si trasforma, arrotolandosi intorno al corpo del marito e librandosi in aria come uno stendardo, con la fluente barba bianca che funge da paracadute, "verso la libertà". Anche in questa commedia Jonesco ricorre ad un artifizio, la cosiddetta "proliferazione", cioè i fenomeni si accrescono e si moltiplicano per creare un effetto scenico di indubbio peso.

Jonesco non è un autore facile: i suoi lavori sono volutamente ermetici e al di fuori dei canoni tradizionali, convinto che in tal modo, spingendo l’arte fuori dai linguaggi tradizionali, abbia una funzione di verità e demistificazione. In realtà il linguaggio è spesso involuto e contorto, e in mancanza delle chiavi di lettura risulta spesso incomprensibile, e pure l’ironia che illumina e anima la scena risulta difficilmente percepibile. Anche il riso, che nasce dalle situazioni comiche e grottesche, non è distensivo ma è frutto della tensione che prende di fronte a situazioni da incubo, non è quindi divertimento liberatorio ma derisione, sogghigno beffardo, come ultima risorsa contro il pessimismo amaro e senza speranza. L’originalità di Jonesco è tributaria di un contesto, quello delle Avanguardie che nel XIX secolo si sono manifestate nell’arte e nella cultura. Lo spirito che vi predomina assegna un posto privilegiato alla sperimentazione, per esempio adotta per la composizione dei suoi lavori la formula del "contrappunto": "Con un testo burlesco una recitazione drammatica. Con un testo drammatico una recitazione burlesca", o ricorre alla provocazione, per il gusto di prendere il pubblico in contropiede. "La cantatrice calva", in uno dei finali scritti da Jonesco si concludeva con l’entrata in scena dell’Autore che rivolto al pubblico con il pugno alzato minacciosamente, esclamava:" Banda di cialtroni avrò la vostra pelle", forse un po’ troppo anche per allora. Così scriveva Alfred Simon:" Questo teatro, lo si è chiamato "anti-teatro" perché prendeva di petto il teatro tradizionale; "teatro dell’assurdo" perché l’insensatezza del mondo e dell’uomo lo penetrava d’ogni lato, fin nelle strutture più profonde; "avanguardia" infine, perché si scontrava frontalmente con la critica ufficiale e con il grande pubblico".

Adriano