Il Convivio
 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Angela Aragona

Prisma[1]

 

Ricuci gli orli

delle creste dei monti sul cielo,

s’appartengono, in fondo,

da sempre. Ghermisci

con tenero piglio

il peplo dei molti simulacri, poi

accarezza gli zigomi lividi,

corrosi da stille di pioggia venerea.

Di terra ti sollevi ed è Grido

ciò che tu senti, da gole contratte

in anguste salmodie,

varie moltitudini.

Aggrappato, t’appropinqui, agli scogli

dilaniato ed esangue t’affrangi

                con cuore...

In fisso nel cristallo delle Moire,

divenire incessante e vuoto,

con manto ferale e labbra dl fuoco

sottrai ai dardi

l’essenza.

 


[1] La poesia fa riferimento all’amore, sfaccettato come un prisma, che discerne i colori della vita. In effetti la somma dei vari colori è il bianco che simboleggia il vuoto e la semplicità dell’essere uomini alla ricerca di un valore che si conserva nell’amore e che si diparte da noi stessi.

 Poesia Italiana