Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Il tempo dei gelsomini poesie di Franco Calabrese (Lorenzo Editore, Torino 2003)

«La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla». Questa frase di Garcia Marquez, scelta da Franco Calabrese come punto di partenza e sintesi del suo volume “Il tempo dei gelsomini”, dà immediatezza al contenuto di un’opera a sfondo autobiografico. Il volume va letto con grande entusiasmo, in quanto dietro a vicende personali si celano storie d’uomini che ogni giorno guardano al proprio futuro, porgendo il pensiero al passato e ponendosi tanti punti interrogativi sul futuro. Infatti il domani, visto attraverso il passato, è uno dei fili cardini dell’opera, che non trascura il presente. L’autore, attraverso la ricca preparazione culturale-filosofica, trasforma, a mio avviso, la sua narrazione in una sorta di documento universale dove tutti possano configurarsi senza trascurare la singolarità d’ognuno. Gli ostacoli superati dal protagonista diventano i punti di partenza per una riflessione storica su quella che è stata ed è la nostra società. Quale scrittore ormai affermato, ma d’umiltà immensa, Franco Calabrese merita di avere un posto essenziale nella formazione culturale dei giovani, affinché possano attraverso i suoi testi conoscere anche il duro mondo della carriera culturale composta di un’infinità di ostacoli e delusioni. Non a caso l’autore scrive: «Una vita per la scrittura: navigatore solitario, senza supporti politici, senza compromessi, sorretto e animato soltanto dalla sua indomita passione, curava i suoi libri, a volte, vendendoli personalmente». Questo uno dei tanti passi del volume che lo trasformano in uno specchio in cui si può scorgere un “Io” che non molla di fronte alle avversità della vita, ma che attraverso il recupero del ricordo cerca di trovare quella forza interiore per poter giungere a quell’esistenza definitiva che, con una sorta di sarcasmo, nel libro viene definita il “tempo di crisantemi”. Franco Calabrese definito, così come scrive nella prefazione Fabio Greco, «l’apostolo della cultura», sicuramente per la sua poliedricità culturale, critico, drammaturgo, saggista, novelliere, dimostra una ricchezza culturale non solo ne “Il tempo dei gelsomini”, ma appare quale emblema di un “Uomo” che sa coniugare sentimenti e forza. Egli, attraverso lo stile tipicamente personale, riesce a mescolare fantasia, teoria e storia, facendo del suo scritto un punto di partenza per il lettore, il quale potrà trovare delle riposte a ciò che sta dietro al quotidiano sempre più perfetto e rarefatto. E se «il dolore è il gran maestro degli uomini», come scrive Eschenbach, allora Calabrese ne è uno dei tanti testimoni.

Enza Conti