Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Tito Cauchi: l’eterna insoddisfazione dell’uomo in Amante di sabbia

(Ed. Pomezia-Notizie)

Il poeta ama la solitudine, la quiete d’una stanza dalla quale osservare il mondo che gli gira intorno. Per associazione, si pensa subito alla stupenda canzone di Gino Paoli “Il cielo in una stanza”. «Solo, zitto zitto / me ne sto / rintanato segreto custode / fra tanta bellezza». Sordo alle provocazioni dei sensi, pago di se stesso, vorrebbe far rivivere agli altri tante esperienze meravigliose da lui vissute, ma “rimanda”... E dopo, non trova più nulla in sé, solo la sua “incapacità”, la sua perplessità, la sua pigrizia e, deluso, smette di vivere e “rimanda” pure la morte... Si mostra scoraggiato, apatico a volte, privo di sprint, di vita, eppure vive, recepisce, ama, dialoga con le Muse... Pare di avvertire in lui una potenziale impotenza che colpisce anima e corpo, che gli fa dimenticare il proverbio: «Chi ha tempo non aspetti tempo» oppure: «Chi si ferma è perduto". Ma il suo adagiarsi “nel dolce far niente” è solo una breve pausa prima di immergersi in contemplazioni paniche e riflessioni sulla vita, sul comportamento dell’uomo e i suoi insolubili dilemmi, su problemi interiori, sul divenire dello spirito, sull’eternità delle cose, sul «gioco della specie umana»... «Io vivo e muoio cento volte»... «Ti guardi e ti specchi negli altri e scopri che sei uno e mille» (come Pirandello in “Uno nessuno e centomila”)... «Ho un’anima e non la voglio... Ho una carne che mi pesa... Ho uno spirito che interroga». Osserva, riflette e trae le conclusioni. Sembra tutto immobile nell’universo, ma le ere s’avvicendano nei secoli; le cose si protraggono nell’eterno, sebbene in apparenza fragile... «Mai navigante alcuno / poté dire / d’essersi trovato su per l’orizzonte». Il mondo non ha inizio né fine, eppure terra e cielo sono congiunti «in un amplesso d’amanti». Il poeta si sente spesso solo, solo dentro: «Dopo l’amore / ti senti d’essere / più solo di prima». «Nel sapore d’un amplesso / vorresti stringere ancora / seppure sai che è una finzione / ...lei che t’aspetta». Eterna insoddisfazione dell’uomo alla ricerca costante di qualcosa che lo appaghi in modo completo, senza riuscirci. Alcuni versi si rendono eloquenti e spiegano benissimo il significato racchiuso nell’intera lirica in un’esposizione chiara e trasparente.

Antonia Izzi Rufo