Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Donne in occidente * Breve racconto filosofico

La mia lunga ed intensa giornata sta per cominciare: colazione, lettura dei giornali, controllo delle e-mail, uno sguardo al cellulare e alla segreteria telefonica, caricare la lavatrice, preparare il risotto, portare l’auto in officina...

Quante diavolerie bisogna tenere d’occhio, ci vorrebbero due segretari, un assistente personale, un cuoco, un autista, una governante... e forse finalmente potrei dedicarmi alla stesura del mio libro più difficile e alla mia vita privata.

Primo obiettivo: trovare un editore che mi finanzi in modo decente, che paghi il mio tempo più che il mio lavoro. Occorre inoltre far spazio, mollare i finti amici, far tacere telefoni e citofoni, ignorare le richieste di partecipazioni a manifestazioni ladre di tempo. Dedicare un solo giorno alla vita sociale, all’amore, ai veri amici. Se mi amano, capiranno.

Recidere tutti i cordoni, tagliare anche le spese e regalarsi una lunga vacanza fra le accoglienti comodità di casa propria e chiudersi a lavorare, fingendosi malate se è il caso rischiando la solitudine e la perdita di contatti umani essenziali. Ma certo se avessi fatto così non avrei rivisto Pietro, non avrei cenato con lui ieri sera, ed ora non avrei la serenità necessaria per mettermi a scrivere almeno due ore filate.

Capisco perché gli uomini di talento, di sicuro anche quelli geniali, o vivono da eremiti o sposano delle insulse sciape signore paesanotte perbene silenziose fedeli nerovestite: si mettono in pace loro! Bene. Oggi, nell’AD. 2000, voglio farlo anch’io: non sposerò Pietro, sanguisuga di tempo e di energie. Troverà un dolcissimo sordomuto, servizievole e mieloso, amante di pasti frugali ma non di bambini, che mi guardi adorante e si annulli nell’ombra al calar della sera, riparandomi da TV e parenti, telefoni ed e-mail, compleanni e natali...

«Perché non rispondi?! Dài Amanda, svegliati è già tardi, avevi promesso di venire al mare!».

Rabbiosamente sollevo la cornetta, ma subito mi calmo:

«Pietro, scusa, ho fatto un bagno caldo, mi sento così raffreddata. Ci vediamo stasera... Vuoi?».

«Ecco, ci hai ripensato, come sei insicura Amanda. Cosa devo fare per convincerti che solo tu sei nei miei pensieri?!».

A quest’adorabile ganzo non passa neppure per la testa che io ho una mia vita interiore, esigenze improrogabili e solo mie. A lui sarebbe bastato per scusarsi una banale riunione di lavoro, magari autentica (gli uomini, a furia di inventarseli, gli imprevisti di lavoro finiscono per renderli reali). Le donne - quelle come me intendo - devono rinunciare alla carriera, ai figli, ad un lavoro regolare; e quando hanno risolto tutto questo, scoppia loro fra le mani il ricattuccio sentimentale del maritoamantecompagnoamico che è lì per lei, tutto per lei, solo per lei.

Che palle, ragazzi, arrivare a questa età e doversi scusare (?!) con qualcuno per una manciata di ore libere, utili a far funzionare quel cervello tanto odiato da questi piccoli uomini...

Mi fermo. Esco dal pensiero. Sono in ritardo di trent’anni.

Le nostri madri negli anni ‘70 avevano combattuto e risolto tutto ciò.

Non voglio rifare il percorso. Che si arrangino tutti.

Avrò Pietro e la mia libertà, come le capricciose nobildonne di un tempo, non così lontano, che ottenevano tutto con piccole adorabili menzogne ed erano venerate perché... “cosi femminili!!!!!”.

Ma ora che hanno raggiunto la parità con noi donne, questi uomini del ventunesimo secolo, stentano a tenere il passo, scivolano indietro, farfugliano di sottomesse donne orientali (vedrete, vedrete cosa riservano fra non molto ai “loro” uomini quelle acque chete).

Torniamo alla mia giornata al mio risicatissimo tempo libero. Dunque, se scelgo Pietro devo, posso e voglio continuare ad essere me stessa. Ma, come si sa, essere libera è una cosa, avere tempo libero è un obiettivo da raggiungere e mantenere come un record sportivo.

È questo che continuo a ripetermi mentre marcio a grandi passi verso la mia palestra quotidiana: oasi di stordimento fisico e mentale contemplazione incredula di bicipiti esibiti al posto del cervello, scempio di pance e sederi extra-large, croce per i timpani e delizia per la mia mente finalmente svuotata, in un labile relax promiscuo.

Ecco, lascio l’ombrello ed entro: le nostre nonne si accostavano alla chiesa con la stessa necessità di ritagliarsi uno spazio solo per sé: loro credevano di curare l’anima, noi crediamo di curare il corpo. Ma ora come allora dobbiamo fuggire di casa, trovare uno stadio per tifare o per tirar calci: le nonne lo sapevano bene, ma non abbiamo voluto ascoltarle, e ora ci tocca pedalare... intanto nessuno può raggiungerci, siamo protette, al sicuro. Almeno per un’ora.

La messa quotidiana. Gli esercizi spirituali. Il mese di maggio... Ora tutto è più chiaro... La beauty-farm. Il massaggio. Il parrucchiere: luoghi di culto per l’anima stressata e sempre on-line.

Eppure nell’altra metà del mondo le donne non potevano andare alla Moschea, tanto meno da altre parti...

Questo nodo è molto grosso, e porta solo guerre e disperazione.

Le nostre sorelle d’Oriente cominciano a svegliarsi: l’onda anomala potrebbe travolgere tutto.

Oppure no.

L’onda potrebbe ritirarsi e portare via con sé lo chador e i pregiudizi, l’odio e la violenza.

Il mio tempo è scaduto. Devo uscire dalla palestra.

Verranno altri a scaldarsi i muscoli.

Ai miei piccoli grandi drammi anch’io, come Rossella O’Hara, ci penserò domani.