Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Matteo Formica, liricità e tradizione in Di la terra mia (ed. ASLA – Palermo 2002)

«Anime inquiete vagano / per gli spazi infiniti, / nell’azzurro intenso / colori di festa / segnano glorie e, / voli d’uccelli / destano l’aria di / primavera vicina. / Il fiore di pesco / colora di rosa tramonti / e verdi distese / di cuori innocenti / che s’incontrano a sera. Musiche armoniose / di vecchi ricordi; / di cose lontane, / rivivono i cuori / e, nell’aria di festa, / anime inquiete vagano / per gli spazi infiniti». Questa poesia, posta nella penultima pagina di copertina del volume di Matteo Formica, dal titolo Di la terra mia, manifesta tutta l’emblematicità e la peculiarità della lirica del suo autore, e quindi della sua poetica, espressa in maniera molto chiara anche nella breve premessa alla silloge, in cui si legge: «La mia carta è la tela, la mia penna è il pennello, i miei pensieri sono le masse diverse di colori, per cui alla fine nasce un comprensibile e ragionevole soggetto». Ed in effetti la poesia di Matteo Formica è fatta dei colori e delle emozioni che da essi scaturiscono. La vita e il pensiero si fondono con la realtà vissuta nella sua quotidianità, anche se la silloge è distinta in due parti ben diverse e caratterizzanti, e con l’unico denominatore: la campagna e le sue emozioni. La prima parte, in dialetto siciliano, presenta un legame con la tradizione contadina molto forte. Qui l’affetto e l’amore per la propria terra e le sue tradizioni emergono quasi verso dopo verso. Figure antiche, ormai scomparse, appaiono con irruenza: sono il carrettiere e il contadino. Ad essi si intreccia un paesaggio lunare e solare nello stesso tempo, espresso con semplicità e profondità di emozioni. Tutto viene percorso attraverso la memoria, come scrive Ugo Zingales nella prefazione, quasi per «ricordare le abitudini e le tradizioni: i contadini del Sud, le loro abitazioni dai tetti rustici coperte di tegole di terra cotta, i lunghi filari di viti, i campi di grano con le spighe dorate, il recinto di legno con gli animali da cortile, ed ancora in un angolo il vecchio cascinale, l’antica zappa ed il vecchio aratro a chiodo, ultime testimonianze di un mondo scomparso».  Nella seconda parte del volume invece sono inserite liriche in lingua italiana. Qui la poesia si fa contemplazione e diventa più riflessiva. L’uomo si trova di fronte al creato e ad un universo naturale, in cui il pensiero e la riflessione personale travolgono il lettore con visioni maestose ed emozionanti. L’irruenza della natura e la sua presenza impellente mettono l’uomo a contatto con il divino, che si manifesta proprio nei simboli naturali che di esso sono portatori, come la pioggia, il vento, la notte. Emblematiche in tal senso sono le tre composizioni che hanno come titolo Pensiero. «Felici come piume / al vento, mille pensieri / volano per l’azzurro cielo, / mentre Angeli in coro / cantano versi divini». Questo modo di esprimere la propria interiorità spinge l’autore, Matteo Formica, che è pure raffinato pittore, a presentare tematiche legate alla realtà sociale, ma pure ad eventi tradizionali, come pure affetti personali. Questo tema pervade un po’ tutta la silloge dall’inizio alla fine. E la figura del padre o della madre si stagliano in un cielo azzurro e in un mondo dove tutto viene idealizzato attraverso il ricordo e l’emozione. Andando su questa scia la poesia di Matteo Formica riesce a coinvolgere il suo lettore e lo trascina passo dopo passo in un mondo ormai passato, ma idealizzato dalla mente come un misterioso paesaggio.  Le poesie così acquisiscono una visione pittorica, in quanto ognuna di esse somiglia ad un piccolo quadro. Non per nulla molte di esse sono accompagnate da splendidi disegni che evidenziano la maestria del suo autore.

Angelo Manitta