Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Marco Galvagni policroma interpretazione della realtà in L’arcobaleno (Ed. Montedit)

Marco Ga1vagni, con la sua silloge “L’arcobaleno”, si propone come tipico poeta della reminiscenza, questa policroma interpretazione della realtà si presenta con forbitezza stilistica, acutezza psicologica e ricchezza simbologica. Il verso si staglia preciso, quasi scolpito, per dire quello che l’autore intuisce e pensa. Poesia del sentimento della mesta rievocazione d’un mondo che oggi sta trasformandosi. La raccolta sorvola con briosità le tematiche più ricorrenti, proponendole con una angolazione intimistica, logica, frammista a rimpianto e rammarico. Il fluire del tempo l’assilla. «Il meriggio / consolerà il mattino». Galvagni è affascinato dalla natura ed il bosco gl’ispira pensieri di perennità, di misteriosità da cui attingere nuova linfa. Altro tema che gli sta a cuore è il lavoro dell’uomo che è notevolmente mutato, l’agricoltore ricorda la sua grama esistenza ed oggi si trova di fronte ad una modernizzazione inarrestabile, questo lo fa sentire stanco, quasi emarginato per la rapidità con cui avanza il progresso. È il mondo idilliaco che lo attrae e verso questo egli esprime affettuose speranze, addirittura le rane, che la sera gracidano nello stagno, gli suscitano elevati pensieri di serenità, di relax nella vita tumultuosa... «Ascolta l’impalpabile / ritmo del tempo». Nella sua versificazione c’è anche una velata malinconia, perché egli sente quello che gli sgorga dall’intimo. Il ricordo della madre morta, il colloquio col babbo sono momenti emozionanti, egli si rende conto della fluidità esistenziale e dice: «Ora la mia vita è una nave» quindi allude anche alla pericolosità sempre latente. Il ricordo del passato riemerge ogni qualvolta rievoca momenti della sua fanciullezza, per questo si abbandona a considerazioni fantasiose sature di lirismo. La raccolta passa da argomenti seri ad altri più leggeri, ma c’è sempre la presenza solerte dell’autore che puntualizza ogni aspetto. Egli guarda le cose del mondo da una posizione un po’ distaccata, le pondera consapevole che il suo pensiero potrà essere riversato su chi legge e s’augura di trovare consenso. Le figure famigliari sono le più ricorrenti. Ad esse ha dedicato varie composizioni, esaltando le preclare virtù, l’impegno morale dedicato alla crescita della prole. Questa sua poesia schietta gli ha consentito di affermarsi in numerosi agoni letterari, conseguendo successi ed apprezzamenti. Leggendo “L’arcobaleno” si ha la sensazione di un clima pacificato che si impossessa del lettore.

Pacifico Topa