Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Antonia lzzi Rufo, Profumi, (Edizioni Tigullio-Bacherontius, S.Margherita Ligure Genova).

“Profumi” è un’utile ed eloquente spia per chi vuole cercare di leggere dentro l’“ars scribendi” della Izzi Rufo al fine di coglierne le più remote forze propulsive. La scrittrice mostra di avere il dono di avvertire, in virtù di una non comune sensibilità artistica, il profumo sublime delle Pieridi là dove più fortemente è condensato, come taluni devoti quello del Santo venerato nel luogo di culto. Di qui la sua ricerca, con traduzione in termini narrativi, di storie particolarmente belle, sentite e coinvolgenti. D’altronde che le divinità che soprassiedono alle arti si preannunzino per via - metaforicamente - olfattiva non è una novità: «O bella Musa ove sei tu? Non sento spirar l’ambrosia, indizio del tuo Nume». E la Musa della brava, quanto inesauribile autrice di Castelnuovo si conferma Polimnia, perché mi sembra ormai fuor di dubbio che il suo genere letterario sia quello lirico, anche quando in talune pagine sembra voler inglobare temi e forme della poetica neorealistica. E lirico è il personaggio Guido, combattuto fra due sentimenti amorosi, anarchico ma autentico il primo, istituzionalizzato e subito il secondo, che ritrova, direi quasi reincarnate le fattezze del primo amore «da chiuso morbo combattuta e vinta» - nella figlia, che è poi anche sua, in un finale dove i toni lirici toccano vertici non facilmente reperibili nella produzione letteraria dell’età contemporanea. La claustrofobia di Guido, infine, che invoca, poi che sarà morto, di essere disperso nel mare, come le ceneri degli induisti nel Gange (ma a chi mai sfuggirà l’amore per il mare della nostra narratrice?), reca in sé una potente significanza metaforica: essa non è che claustrofobia della materia, rifiuto dell’annullamento nel turbinio degli atomi epicurei. O, per dirla in termini di fede, bisogno d’immortalità.

Aldo Cervo