Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Antonia Izzi Rufo, Una rivisitazione di Virgilio, (Il Convivio, 2003)

È semplicemente stupefacente la vigoria della nostra autrice e la sua fecondità pure: passa dai Tristia ovidiani, al commento ben riuscito del pensiero leopardiano ne La ginestra, sino alle Novelle della Pescaia di D’Annunzio per rivisitare Solone, Saffo e Mimnermo. Mancava all’appello questa introduzione virgiliana nata, si badi bene, come sempre da un momento specifico autobiografico. Il lavoro, diremo subito, non è specialistico ma è vissuto dalla Izzi Rufo come ogni suo saggio o opera poetica o, ancora, narrativa. La sua molteplicità di interessi fa sì che noi le perdoniamo quest’afflato patriottico che stona un po’ con la linearità di tale breve saggio il quale riporta anche una pagina de Lo spirito arcadico di K. M. Stamatis, passi scelti dell’opera virgiliana nonché giudizi critici sull’opera dell’autrice che va mietendo simpatia tra il pubblico dei letterati. Sebbene molto diverso dal mio saggio sulla latinità e grecità (cfr. Tematiche di letteratura greca e latina, Roma 1992), la Rivisitazione scorre con precisione e linearità senza aver la pretesa di apportare nulla di nuovo sul poeta di Andes, forse Pietole, presa com’è tra Dante e la sua guida nell’Aldilà. Nelle Bucoliche noi assaporiamo il contadino vero, pieno di pathos sebbene le Bucoliche rappresentino un’umanità che soffre ma esiste anche la fede in un mondo nuovo. È vero che nell’opera virgiliana ci sono Teocrito e Lucrezio, però ha una sua originale connotazione. Già un altro clima si respira nelle Geogiche: c’è la protezione di Mecenate, c’è un clima politico cambiato in Roma. Pur essendo tale poema didascalico è un capolavoro: è il lavoro preciso, costante che redime (labor omnia vincit) e l’umanità ha un fine, uno scopo e una rigorosa morale costruttiva. Infine la Izzi passa in rassegna l’Eneide, il poema epico dell’età di Augusto. Che Omero sia un modello è evidente ma il poema epico di Virgilio, il quale si rifà anche ad Ennio e Nevio, ma ha connotazioni tutte sue. Innanzitutto Virgilio era cittadino romano e capì subito il senso dello Stato e la universalizzazione di Roma. Canta, è vero, la gens Iulia ma con essa Roma dalle «nobili origini mitiche nell’eroe troiano Enea». Virgilio, al di là, dell’“affaire” Enea che ci appare troppo pio nel senso etimologico del termine, ha saputo cogliere il senso di universalità e civiltà dell’Urbe per antonomasia.

Enrico Marco Cipollini