Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Sebastiano Maccarone scorcio di vita sicula in Vecchiu Lampiuni (Furci Siculo)

Con questa raccolta Maccarone intraprende una crociata moralizzatrice dato che le sue composizioni, oltre ad identificare uno scorcio di vita sicula, sono vivacizzate da un dialetto inconfondibile, ricco di sfumature lessicali e di un disarmante realismo. Questo estroverso autore ha scelto il “lam­pione” come testimone insospettabile delle vicende che si svolgono ai suoi piedi, a questo utile mezzo ha affidato il compito di analizzare una realtà abitudinaria, troppo spesso trascurata. I temi sono quelli comuni, farciti di personali considerazioni ed esplicazioni ricche di policromia vernacola. Vi si evidenziano i pregi ed i difetti di una società, quella attuale, alle prese con le molteplici difficoltà. Le negatività sono diffuse: si agi­sce per convenienza, si desidera qualcosa che poi si trascura «Fumi ‘u sigaru, e non ti piaci... Addumi ‘a pipa, e subitu ‘a stuti». Incontentabilità umana! Analizzando il mondo circostante Maccarone afferma che ogni cosa è stata dislocata nel posto giusto da «Maistru di talentu! U’ Patraternu». Il lampione ascolta diuturnamente i pettegolezzi di strada, l’impicciarsi dei fatti altrui, il dir male del prossimo, l’impossibilità di lavorare perché il medico ha prescritto riposo, chiaro che di fronte a questi difetti l’autore consiglia moderazione per poter sopravvivere. Di contro ci sono anche delle positività che vanno evidenziate: la solidarietà, la generosità con chi è meno fortunato, soprattutto, la bellezza, questa dote gli suggerisce una dichiarazione d’affetto.  «Io cchiù ti vardu / ’e cchiù bedda mi pari». Il fascino ha sempre la sua validità, poiché da esso nasce l’amore, ma nella esistenza terrena c’è anche il dolore, il pianto, espressioni di un male fisico o morale che spesso distrugge. Maccarone esalta l’amore sincero, irresistibile che alberga in una coscienza: «franca d’ogni pisu». L’innamorato si sente leggero, tranquillo, a questi fa da contraltare il millantatore che sfoggia sicurezza, ma che vive alle spalle della famiglia, elemento molto diffuso ancor oggi, fa sfoggio di modernità, si atteggia, fa “il borioso”. Altro personaggio che fotografa Maccarone è il criticone, non gli sta bene nulla, vede tutto sbagliato, è irrispettoso, è il tipico esempio di chi vive nel compromesso, senza coscienza, prepotente, insulta, offende, vuol sempre ragione. Nella silloge non mancano momenti di elevata spiritualità quando rivolge una preghiera al Signore: «Ringrazio ‘u Signuri / ogni mattina / di la nuttata bona chi passai». Sono momenti utili se si vuol dare senso alla vita. La fugacità nel tempo è assillante: «U persu è persu, e nun ritorna più… A morti arriva. quannu nun t’aspetti». Questo gli permette di ricordare un amico prematuramente deceduto: Franco Ruggeri. «Fusti pueta di vita paisana» analogo sentimento per la morte della sorella. Maccarone ha spesso di queste  angosciose esternazioni. Il mondo in subbuglio, le guerre gli fanno invocare pacificazione fra i popoli ai quali invia un messaggio per mezzo della “palumma”. La delicatezza con cui ricorda un presepe della sua infanzia gli fa tornare in mente la bontà divina. La silloge è quindi una dettagliata e minuziosa evocazione della complessa società d’oggi impelagata fra egoismi, diatribe, insaziabilità e poco sentimento!

Pacifico Topa