Pantaleo Mastrodonato ha
drammatizzato il mito di
Narciso, traendone una
rievocazione fedele a
quanto ci è stato
tramandato, sia
storicamente che
linguisticamente. I
personaggi si animano
nello spirito mitologico
del tempo e danno vita a
lapidari dialoghi che
risentono della
classicità stilistica dei
testi greci. L’Atmosfera
è quella tipica della
Grecia, culla di civiltà
e di mitologia, quella
terra che ha dispensato
luci di indiscussa
cultura. Narciso è un
personaggio che ancor
oggi troverebbe fedeli
seguaci: il culto della
bellezza, forse più che
mai ai nostri tempi, ha
assunto un ruolo
determinante, se ne
sfruttano le peculiarità,
se ne dispensano le
tentazioni. Elemento base
di tutta la trama è, sì
la bellezza ma anche
l’amore, o anzi possiamo
dire che l’una è la
conseguenza dell’altro.
Il folle innamoramento,
la passione travolgente,
la seduzione dilagante
sono gli elementi
preminenti di tutto il
dramma e quello che si
evidenzia dalla lettura è
la caratteriologia di
alcuni personaggi, una
certa saggezza filosofica
e tanta fantasiosità
descrittiva. Pantaleo s’è
abbandonato a quella
esercitazione linguistica
che si attiene al tema ed
all’argomento. Non si
trascura la sia pur
succinta descrizione dei
luoghi ove il racconto si
sviluppa, luoghi
piuttosto sintetizzati
nella loro realisticità,
anch’essi ricchi di
suggestioni e di
sfumature ecologiche.
Predomina il pensiero
della divinità. Infatti
sovente le invocazioni
agli dei intercalano i
dialoghi e idealizzano le
realtà. Narciso,
infatuato della sua
avvenenza, respinge le
solerti offerte di
Ameinias e l’assedio
affettuoso di Eco, ma,
gradualmente, si fa
strada in lui quel
sentimento che, come era
stato pronosticato, gli
avrebbe portato sfortuna.
Narciso muore perché si
rivede in un ruscello, è
un po’ la sintesi di chi
analizzando la propria
esistenza e costatatane
la inutilità, perde ogni
speranza nella vita. La
fatalità, le profezie,
gli interventi dei Numi,
sono altro elemento che
impreziosiscono “Narciso”
di Pantaleo Mastrodonato.
Pacifico Topa
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