Il Convivio
 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

 Rosanna Puppi: Il pianoforte canta, poesie quasi pezzi musicali

La poesia di Rosanna Puppi è pervasa di gradevole ottimismo, al suo esordio nel mondo poetico è lei stessa a dirci che è stato un tardivo impulso quello che l’ha spinta a cimentarsi nella non facile arte poe­tica con lo scopo ben preciso di lanciare un messaggio, trasmettere qualcosa di positivo. Le sue composizioni, che lei definisce “canzoni”, evidenziano una realtà contingente, a cui non sfugge nulla di quello che la vita ci propina. “Il pianoforte canta” è un modo assai originale per intitolare le sue creazioni, le sue ispirazioni quasi fossero pezzi musicali. L’autrice ci conferma che la musica è stata per lei un’ispiratrice eccelsa, un mezzo che ha agevolato la sua crescita e l’ha portata a trasmettere nei versi quello che intimamente sentiva. La lettura evidenzia quel soffuso senso di mesto romanticismo che è tipico di un animo femminile.
“Canzoni dei miei giorni” è un variegato diario esistenziale con cui l’autrice ripercorre tematiche a lei care, come la famiglia, ricordi dell’infanzia, l’ambiente in cui ha trascorso i primi anni di vita, non disdegna neanche di attualizzare gli argomenti, sottolineando il passaggio del tempo, il fascino di Trieste e quello non meno accattivante della Firenze in autunno. Questo sorvolare località affascinanti è nel pensiero della Puppi un mezzo utile per suscitare varie emozioni. Il tono si eleva nella spiritualità con “Canzoni meditative”, spunti lirici di estatiche ispirazioni: «Un angelo di luce vestito / è arrivato / e silente, accanto a te / si è seduto». La poesia assume un tono quanto mai ispirato, tratteggia il ricordo delle festività natalizie, la misteriosità della visita ad un claustro e con “speranza di vita” il rimpianto di una perdita che le fa gridare: «Ora, angelo mio, hai tutto l’immenso / per accompagnare con l’armonia celeste / il mio tortuoso percorso di vita». “Canzoni d’amore” consente alla Puppi di dare libero sfogo al suo ardore affettivo. Il desiderio di sentirsi vicina a chi le ha acceso il cuore; l’assale “l’onda dei ricordi” che le evoca momenti felici trascorsi al mare al punto di dire: «Dove tu sarai / sarai sempre con me». La rocca è uno scorcio poetico di rara intensità creativa perché la fantasia si scatena: «Ricama il re del vento / arabeschi nella fortezza del cuore». Il senso della solitudine l’assale: «La voglia di ritrovarci / soli nella sera / con gli ultimi rintocchi / di un giorno che muore». La silloge si conclude con una considerazione sulla vita: «Questa vita ci regala ancora / una scontrosa primavera». In una notte insonne s’esalta il sorgere della luna che, col suo pallore, muta il colore alle cose. Indubbiamente una poetica intensa, sentita,vissuta, schietta e nello stes­so tempo ricca di preziosità linguistiche.
Pacifico Topa