Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Jean Sarraméa, la poesia coniugata alla storia in Le regard d’Hermès,

(Francia, Luglio 2003)

La storia è l’uomo, l’uomo è la sua storia. La storia è fatta di individui e di masse umane che operano e cooperano insieme per un obiettivo comune, ma se giusto o sbagliato saranno poi i posteri a dirlo. Che la storia rientri nella poesia è cosa rara. Di solito la poesia si fonda su sentimenti personali e intimistici. Invece nell’ultima silloge del poeta francese Jean Sarraméa, dal titolo Le regard d’Hermès, la storia diventa quasi il fulcro della poesia, attraverso i sentimenti e le emozioni che i protagonisti sanno suscitare. Protagonisti del passato che ancora oggi sono vivi con le loro immagini e con le loro indelebili azioni. Il tempo viene fissato nei versi. E la storia e il tempo sono entità distinte, che vanno a braccetto. «Une auguste statue en fleur de marbre blanc / est l’antique symbole au long miroir du Temps... (Una statua augusta in fiore di marmo bianco / è l’antico simbolo nel lungo specchio del Tempo...)». Ed è proprio il lungo specchio del tempo in cui si riflettono le personalità forti che hanno lasciato le loro tracce nella storia. Socrate, ad esempio, con il suo esempio di virtù che non ha paura di fronte alla morte. Carlo V, re di Spagna, che sa trovare un contatto umana nel suo viaggio attraverso l’Europa e quindi anche in Provenza. Giordano Bruno e il suo sogno di libertà. Ma a questa storia di individui si contrappone la storia delle masse e allora vengono evidenziati fatti sociali, come la rivolta dei setaioli e le loro istanze. Ma la silloge di Sarraméa non è un volume di storia o di letteratura né di arte o un’enciclopedia. Si tratta di poesia coniugata ad un’elevatezza lirica che, attraverso una profonda sensibilità umana e spirituale, oltre che intimistica, lascia nella mente del lettore un alone di grazia e di bellezza, oltre che di passionalità. Il volume è diviso in sette parti. Le prime due incentrate sulla storia: Les blessures du passé e Les soleils de l’histoire. La terza parte riguarda facezie geografiche. Quasi giochi di fantasia in cui ricorrono, attraverso una descrizione lirica e realistica, stupendi paesaggi e località più o meno note, che comunque hanno lasciato nell’animo del poeta profonde emozioni. La quarta parte invece è più legata alla realtà del presente, con temi come la deforestazione oppure le donne afgane. Qui prevale quasi un sistema aforistico. Un esempio: il terrore è un’arma dove il debole viene frantumato. Nella quinta parte, dal titolo Les sentiers de la nature, è la natura che suscita emozioni attraverso i suoi spettacoli come il crepuscolo, la vita naturale, gli uccelli con il loro canto, la nebbia, il cielo, il sole, le stagioni e i loro fiori. Nella sesta parte, Les clins d’oeil de la poésie, si l’autore si sofferma sul pensiero e sulla sua fragilità. Emblematica in questo senso è la poesia conclusiva. Una poesia in prosa in cui ci si avvicina ad una sorta di Nirvana, dove si incontra il pensiero-solo, una fusione piacevole con una libertà di movimento intellettuale quasi perfetto, una scelta infinita di piste d’esplorazione dove confluiscono la Ragione e i sentimenti senza partigianeria o antinomie. Ma è la speranza ad aver la meglio nell’ultima sezione della silloge, una speranza legata alla realtà. Sotto l’aspetto stilistico e formale la silloge riprende vari schemi classici, dall’acrostico ai giambi, dalle terzine ai ritornelli, dai fabliaux ai sonetti. Tutto questo rende la poesia di Jean Sarraméa varia e nello stesso tempo piacevole.

Angelo Manitta