Il Convivio
 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

 Adriana Scarpa, Le risacche del tempo, (Montedit, Maggio 2003)

Il volume di Adriana Scarpa, “Le risacche del tempo”, è originale nella sua impostazione. In esso l’autrice sa coniugare perfettamente storia e poesia, liricità ed espressività semantica. L’intera silloge, infatti, è un percorso ideale tra storia e tempo, tra concettualità e vocalità. Si tratta di una voce interiore che percorre l’universale individualità umana attraverso le sue opere e le sue azioni, insomma attraverso il tempo e la memoria. Questa voce parte dall’Egitto, dalle sue regine, dai suoi re, dalle emozioni che essi continuano a suscitare attraverso una voce dello spirito ideale che parla nell’intimo di ognuno di noi. Dopo il mondo greco, con i suoi monumenti e i suoi personaggi, quali i bronzi di Riace, questa voce, la voce della storia, attraversa l’Etruria e passa a Roma e a Pompei con le sue stupende immagini che ancora parlano al cuore dell’uomo e suscitano emozioni. Il filo della voce percorre quindi il mondo azteco, quasi punto di raccordo tra antico e moderno. Attraverso il canto e la parola la voce giunge alle atrocità di Bergen-Belsen, il campo di concentramento dove Anna Frank ha perduto la vita, concludendo quasi attraverso un cerchio ideale, la storia dell’uomo che è sofferenza, ma pure speranza e vita. Le voci interiori fanno quindi da sottofondo e la voce dell’anima emerge in una poesia elevata sotto l’aspetto lirico e concettuale. «Adriana Scarpa è affascinante nel suo girovagare tra le rovine del passato in una sublimazione continua: recuperare dall’oblio del tempo, dal riposo delle urne, dal segreto dei millenni, dal rito ancestrale che decreta il destino...». Il passato si riflette quindi nel presente in una continuità concatenata e virtuale. Il pensiero, espressione di un’umanità in cammino verso la felicità o l’infelicità, completano quindi il loro percorso. Si tratta di uno scavare nei labirinti del tempo, penetrarli e capirli. Ma proprio in questo labirinto si trovano tracce di se stessi attraverso un’archeologia della parola che, con simbolici oggetti o segni sacrali, costruisce la cabala del tempo. Il tempo è signore della storia e della materia, della vita e della morte. Il tempo è signore di tutto. Esso distrugge e conserva. La poesia di Adriana Scarpa è fatta quindi di voci interiori ed esteriori che si protraggono in un tempo che diventa oggetto-soggetto. L’uomo, dalla silloge della poetessa veneta, appare come un bronzo di Riace, perfetto, bello, avvincente mentre emerge dal mare del passato come una divinità, ma con spirito umano e profonda idealità, con il suo pensiero, con il suo essere in divenire che vuole scoprire momento per momento se stesso e la sua mistica origine.
Angelo Manitta