Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Vito “Jack Frusciante ” Tartaro è tornato! Le sue nuove armi - le armi che questo Efesto ramacchese forgia nell’ipogeo della propria fucina - una volta più denotano, sin dal primo scontro in campo aperto, la fierezza del fuoco, la sferza del vento, la carezza del sole. In buona sostanza la tempra, aspra e dolce al contempo, della Sicilia. Della sua Sicilia. Della Sicilia come egli, a più riprese, in questa ultima frazione del decennio, ce l’ha figurata: un prezioso ordito lirico sul quale insiste il cardine zurricusu della storia. La grande Storia e le piccole storie. Egli... è un baluardo. Egli si erge - erge la sua poesia - ad argine, a roccaforte. Ancora una volta, questo Pasionario della poesia siciliana accorre in difesa del dialetto siciliano o per meglio dire (secondando il suo temperamento e ottemperando a un noto motto) passa all’attacco. Vito Tartaro è un appassionato cultore; uno scrupoloso ricercatore. E nondimeno, Nannaparola, non si ferma lì. Perché se da un canto il Siciliano - il dialetto siciliano - è oggi più vitale che mai, d’altro canto esso è relegato (faticosamente resistendo a contaminazioni, a italianismi, a beghe di ogni sorta) al ruolo pressoché esclusivo di lingua letteraria, lingua dei poeti; di lingua, ovverosia, rivolta alla conservazione di un patrimonio di cultura che altrimenti, rischia, seriamente, di soccombere.

 

Marco Scalabrino