Il Convivio

 

 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Claudia Turco, Frecce di luce (Udine 2003); Marco Baiotto, Duetti solisti (Udine 2003)

«Nella sua poesia Claudia Turco cerca la leggerezza della pittura congiuntamente alla profondità dell’architettura, la resa scultorea del dettaglio, nonché un uso espressivo del colore. Predilige la forma del frammento per l’intensità che esso consente». Così si esprime nella premessa al volume di poesie dal titolo Frecce di luce l’autrice Claudia Turco. Il volume, che comunque sarà rivisto dall’autrice e ripubblicato, è duplice. Infatti raccoglie insieme dall’altra parte le poesie di Marco Baiotto. «I suoi versi sono - si legge nella presentazione dell’autore - profondamente filosofici, irriverenti, a tratti romantici e mai immorali. I suoi pilastri sono il sincretismo, la filosofia della scienza e l’indomabile curiosità verso ogni aspetto dello scibile umano».

La poesia di Claudia Turco è inondata di luce. Già il titolo evidenzia la concettualità e la luminosità delle sue liriche, frutto di una creatività intima e passionale, estrinsecata attraverso il trionfo della bellezza sul dolore, della vita sulla morte, della felicità sull’infelicità. Il linguaggio, spesso simbolico, evidenzia una lotta tra il bene e il male, tra la luce e il buio, ma è sempre la luce a prevalere e quindi la felicità, attraverso una fiducia nella vita e nel rapporto con gli altri. Tutto è pervaso da un equilibrio concettuale e verbale ed una affabulazione narrativa e espressiva, in cui la parola ha il sopravvento con la sua emotività. «Parole alla deriva per vite spezzate. / Unica superstite una macchia di luce, / candida voragine di presagi nascosti». La poesia della Turco è intrisa di colore e di sapore, sensazioni che prevalgono sul tutto. Il colore è luce ed emozioni: «Illuminava di polvere e frantumi / di vetri colorati i capelli sporchi / dei barboni ancora addormentati...». I vari elementi compositivi però appaiono sempre come entità distinte e non confuse. La bellezza, sia fisica che morale, è un aspetto essenziale, non solo dell’arte, ma pure della vita attraverso un’architettura concettuale e formale con presa di coscienza del reale, in una visione tridimensionale, direi quasi matematica. I riferimenti ad autori classici, che introducono ogni poesia, evidenziano ancora di più la profondità della poesia della Turco e soprattutto il suo filo logico-espressivo.

La silloge di Marco Baiotto, l’altra faccia del volume, corre su un concetto di cavalleria, quale ideale puro e virtuale. Tale ideale non si coniuga assolutamente con i modelli sociali contemporanei, senza vita e senza forma, ma soprattutto privi di grazia e di eleganza, bensì con modelli virtuali. Nella poesia di Baiotto prevale perciò l’intimità.  Le sue liriche non hanno la pretesa di assurgere ad eccezionali componimenti d’arte. Hanno un valore espressivo interiore. Da questa umiltà scaturisce il vero valore della sua poesia: sincera, chiara, profonda. La silloge corre su una contrapposizione tra attivo e passivo, tra uomo e donna, tra contrapposti elementi naturali e concettuali. In questo senso la poesia chiave è certo quella che introduce l’intera silloge, dove appaiono gli elementi vento-mare, pesco-ape, fata-elfo, giorno-notte, cielo-viaggiatore, primavera-ciliegio, luna-lago, candela-aria, nuvola-deserto, stelle-tempo, donna-uomo. Il concetto è quello di un completo abbandono dell’uomo innamorato della sua donna, come si legge in una strofe: «Vorrei che tu fossi una scia di polvere di stelle e io il tempo, così che potrei arrestarmi, estasiato, a contemplare la tua bellezza». Nel più alto spirito di cavalleria, l’amore sincero prevale su ogni cosa. Le due sillogi quindi, quella di Claudia Turco e di Marco Baiotto, si completano a vicenda, così come i due poeti si completano nella realtà.

Angelo Manitta