Il Convivio
 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

Natalia Veronesi Prada

 Natalia Veronesi Prada: forbitezza linguistica e spirito gentile in Giorni a piene mani (Book ed.)

La dottoressa, libera professionista, specializzata in pediatria e neonatalità, sente ogni tanto il bisogno, dopo aver deposto lo stetoscopio, di dedicarsi alla poesia, lo fa con indiscussa capacità creativa e tanta sensibilità, frutto di una vita spesa a favore del prossimo. Questa raccolta s’apre con un preambolo: «Illusione, poesia, / dolce compagna / non ci lasciare: / sei la primavera / a cui docile il cuore / rifiorisce». Dichiarazione quanto mai premonitrice di ciò che lei andrà ad esternare. È soprattutto nell’espressione poetica che l’autrice si fa apprezzare per quel senso di umanità, di sincero realismo, scevro da enfatismi, pregno di sentimento e di partecipazione. La perdita di una persona cara le fa esclamare: «Ma ora so / ogni cosa nel mondo può morire.» È diffuso il senso di tristezza per le sventure che la vita ci propina. La Veronesi è una creatrice interprete delle sensazioni più intime, ma anche una appassionata cronista, perché l’aver viaggiato le ha consentito di ampliare le sue conoscenze: una poesia farcita di crepuscolarità frutto di chi respinge ogni superficialità e guarda il mondo con occhio attento. La sua terra natale ogni tanto affiora nei ricordi con le suggestioni di un «...mezzogiorno in montagna». Roma l’affascina per le sue ricchezze storiche e architettoniche, per il Tevere che scorre fra le vestigia antiche. Donna assai sensibile sente il fascino della notte, dato che nel buio i pensieri prendono forma, le aspirazioni si affollano, la nostalgia allevia la materialità, traslocandola nel regno della possibilità. I fenomeni atmosferici animano i suoi ricordi come la neve a Milano, mentre il frastuono del “Palio di Siena” e l’incontro con un cieco che batte il bastone per terra, suscitano in lei sensazioni diverse, così come il gioioso divertimento del Luna Park, dove sembra che tutti si divertano frastornati dai clamori altisonanti. Il cammino poetico della Veronesi prosegue percorrendo le vie della città durante la pioggia, questa accresce 1’uggia e la tristezza e «le grondaie colme di pioggia / come occhi di lacrime» caratterizzano questo clima. Un certo languore veleggia in alcune composizioni: «Ecco fa sera sulle antiche pietre». In “Amore e lacrime” la Veronesi dice: «La sera mite di pioggia / e un cielo spazzato, riflesso / in mille pozzanghere.» Poetica quanto mai personalizzata che descrive realtà e stati d’animo, simboleggiando finezza intuitiva, capacità interpretativa, soprattutto grande coerenza con il modo di vivere d’oggi, il tutto esternato con forbitezza linguistica che si ricollega con lo spirito gentile di una poetessa ricca di analogie terminologiche. Sprazzi di spiritualità quando esclama: «Facci sentire la tua voce / Dio del roveto ardente...», profondità etica in chi crede che «sono dure le nostre strade».
Pacifico Topa