Il Convivio
 
A. IV n. 4
Ottobre - Dicembre 2003

  F. Viola
La dignità di Francesca

Quel giorno che Francesca perse la dignità era febbraio e c’era una leggera nebbia.
Erano circa le 19.00, tornava da una drammatica seduta da uno psicoterapeuta dove era andata di nascosto del marito. Era la prima volta che si avvicinava a queste figure, ne aveva sempre avuto diffidenza. Ma, finalmente, si era aperta ad un’amica e per la prima volta aveva confessato il suo drammatico segreto: suo marito la picchiava, anche davanti ai figli. Lei, ormai stanca, aveva deciso di reagire.
Quella volta non era stata come le altre che alla fine aveva sempre perdonato, magari riempiendosi di rancore e soprattutto di sfiducia verso se stessa, quella volta aveva da pochi giorni perso sua madre, aveva lei stessa la morte nel cuore e quella violenza era stata incommensurabile.
L’amica, stupita, si era subito messa in movimento e, attraverso la sua rete di conoscenze, le aveva procurato questo incontro con lo psicoterapeuta. Egli le aveva subito detto: «Se non coinvolgi tuo marito non potrò fare nulla per te» e poi le aveva sentenziato che era stata amata nel modo sbagliato proprio da quella madre che lei tanto piangeva e dalla sorella maggiore, materna a sua volta, ma che l’avevano fatta sentire, con i loro continui rimproveri, sempre inadeguata, mai all’altezza delle sue responsabilità.
E pensare che lei si era sentita tanto caldamente amata da queste figure: si era sentita una principessa, coccolata, rassicurata e protetta e forse aveva deciso di non crescere per non perdere questo tipo di amore! Ma a sentirsi sentenziare: «Ti hanno amato in modo sbagliato» lei pianse tanto e disperatamente. Tornata verso casa con l’animo ed il viso disfatti, pensò di passare dal marito per assicurarsi che tutto fosse tranquillo e non avesse sospettato nulla. Egli le venne incontro insospettito dai silenzi e dalle incerte scuse della sorella, custode momentanea dei figli:
«Dove sei stata?».
Il viso contratto e cattivo, o forse sofferente… chissà!? E lei glielo disse. Immediatamente una ferocia inaudita si abbatté su di lei. La colpì con una ferocia mai usata, calci, pugni, fino in mezzo alla strada. Forse la leggera nebbia e l’oscurità della sera avranno pietosamente distratto i vicini, ma lei non potrà mai averne la certezza. Solo le macchine passavano. Una si fermò. Vedendo quella violenza lì sull’asfalto, il conducente scese dalla macchina, s’infervorò contro quel bruto, ma questi lo scacciò dicendogli che «lei se lo meritava» ed il passante, brontolando, ripartì. Lei tornò a casa, chiamò il fratello, ai suoi occhi era ancora un soldato eroico e rassicurante e decise di andare all’ospedale.
Anche lì perse la dignità per le domande e gli sguardi curiosi di chi certo ti conosce. Poi partì la denuncia d’ufficio presso i locali carabinieri che si prodigarono fin troppo con interrogatori ai testimoni citati ed a Francesca. La cosa fu lunga finché lei si stancò e ritirò tutto.
Nel frattempo se ne era andata di casa, ma senza figli, quindi la lacerazione e i sensi di colpa verso di loro si facevano più grandi man mano che i grossi lividi neri si schiarivano e perché qualche “mediatore” le riferiva che lui soffriva molto, che si sentiva a sua volta violentato dalla durezza delle parole di lei. La sua spiegazione: «Alla violenza delle sue parole corrisponde la mia violenza fisica» questo il suo teorema… logico secondo alcuni.
Ma Francesca tornò a casa, anche perché aveva capito che nessuno, nemmeno i suoi eroici fratelli l’avrebbero aiutata e difesa e che le prendevano i pochi soldi che aveva con sé per fare la spesa per il suo “mangiare”.
Come avrebbe potuto farcela senza “niente”, senza un solo centesimo di suo, già perché quasi sempre lei veniva picchiata quando si ribellava all’avarizia di lui e, nonostante avesse cresciuto i figli e si fosse prodigata ad aiutarlo nel suo lavoro, lei non possedeva nulla, proprio nulla, nemmeno una minima eredità dei suoi genitori che non c’erano più.
E si ricamò un ritorno a casa da sposa innamorata, ma chissà… se avesse potuto scegliere!

 Racconto

 

 Racconto