Ad un anno dall’entrata in vigore della
legge n.68 del 1999, emerge l’esigenza di fornire un costruttivo apporto
nel dibattito scaturito in esito al nuovo sistema di accertamento della
disabilità, previsto dalla legge di riforma, le cui linee procedurali
sono state precisate con il d.P.C.M. 13 gennaio 2000. Occorre, in
particolare, definire un orientamento univoco sulle problematiche più
urgenti, segnalate dai servizi per il collocamento e dagli operatori
sanitari, evitando che anomalie riscontrabili nelle singole fasi possano
viziare l’intero sistema, pregiudicandone il pieno ed efficace
funzionamento.
E’ anzitutto necessario fornire omogenei parametri di
riferimento per quanto attiene alle modalità di effettuazione
dell’accertamento sanitario, basato, com’è noto, sulla formulazione
di una diagnosi funzionale della persona disabile, volta ad individuarne
la capacità globale, alla definizione della quale contribuiscono il
profilo storico – lavorativo del soggetto nonché il percorso educativo
- formativo e l’insieme delle notizie utili sull’ambiente di vita e
sull’inserimento sociale.
Al riguardo, l’articolo 1, commi 4, 5 e 6 della legge n.68
del 1999 distingue in tre grandi gruppi (invalidi civili, invalidi del
lavoro e invalidi di guerra e per servizio) la categoria dei lavoratori
disabili, prevedendo espressamente l’applicazione della nuova disciplina
di accertamento delineata con il d.P.C.M. 13 gennaio 2000, ai soli
invalidi civili.
Con riferimento agli invalidi del lavoro, la specifica
previsione della legge n.68 circoscrive in realtà tale distinzione al
momento accertativo della disabilità, da effettuarsi secondo i criteri
adottati nel testo unico in materia di assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali, lasciando intatta la validità
delle procedure conseguenti, definite dalla normativa di riforma e
finalizzate alla realizzazione del collocamento mirato. In base a tale
considerazione e nell’intento di allontanare rischi di disparità di
trattamento tra gli iscritti negli elenchi del collocamento obbligatorio,
le amministrazioni interessate hanno convenuto sull’opportunità che
l’INAIL, in possesso di idonei strumenti tecnici e operativi e dotato
delle necessarie professionalità, svolga l’accertamento dello stato
invalidante ed il controllo sulla permanenza di tale stato con
criteri e modalità aderenti a quanto delineato nel citato d.P.C.M.,
articolando le relative scansioni procedurali, in quanto compatibili, sul
modello così costruito. L’Istituto utilizzerà pertanto, per
l’individuazione della capacità globale del disabile, una scheda per la
definizione delle capacità in linea con il predetto provvedimento,
curando la formulazione della diagnosi funzionale e la redazione della
relazione conclusiva che contiene "suggerimenti in ordine ad
eventuali forme di sostegno e strumenti tecnici necessari per
l’inserimento o il mantenimento al lavoro della persona disabile",
in aderenza agli indirizzi programmatici di cui all’articolo 24 del
decreto legislativo 23 febbraio 2000, n.28. L’esito dell’accertamento
costituirà oggetto di informativa ai Comitati tecnici preposti alla
definizione del percorso di inserimento al lavoro, ai sensi della legge
n.68.
Per ciò che attiene agli invalidi di guerra e per servizio,
il dettato normativo appare più stringente e tale da non consentire, allo
stato attuale, operazioni di adeguamento in via amministrativa. E’
tuttavia auspicabile, ferma restando la modalità di accertamento dello
stato di disabilità, che i servizi preposti al collocamento si adoperino
anche in questo caso per assicurare, nei limiti di quanto consentito dalla
differenziazione dell’accertamento stesso, forme di collocamento mirato
compatibili con i percorsi indicati dalla legge.
Con l’occasione si chiarisce, in merito alle predette
visite di controllo, che l’abrogazione della vecchia disciplina in
materia di collocamento obbligatorio ha rimosso, in coerenza con il
moderno impianto volto a garantire una conoscenza più approfondita delle
innumerevoli componenti che concorrono alla definizione della condizione
sanitaria del soggetto, l’obbligo di richiedere la visita di controllo
avente ad oggetto la permanenza dello stato invalidante al momento
dell’avviamento. In base al combinato disposto dell’articolo 6, comma
2, lettera b), della legge n.68 e dell’articolo 8 del d.P.C.M 13.1.2000,
tale iniziativa è ora rimessa alla discrezionalità del Comitato tecnico,
sulla base degli indicatori forniti dalle commissioni di accertamento
all’atto della formulazione della diagnosi funzionale, ovvero azionata
su richiesta del disabile o del legale rappresentante dell’azienda o
dell’ente qualora insorgano difficoltà che possano pregiudicare
l’integrazione del lavoratore disabile nell’ambiente di lavoro.
Una specifica precisazione appare necessaria in ordine alla
possibilità di includere nel computo, ai fini dell’osservanza
dell’obbligo di copertura delle quote, i lavoratori già invalidi prima
della costituzione del rapporto di lavoro, pur se assunti al di fuori
delle procedure che regolano il collocamento obbligatorio. Il datore di
lavoro, con il consenso del lavoratore interessato, potrà infatti
chiedere la visita di accertamento dello stato invalidante, in costanza di
rapporto di lavoro, per la verifica della compatibilità delle mansioni
cui il lavoratore è adibito; si ritiene che, in analogia con la
disciplina di cui all’articolo 4, comma 4, della legge n.68 (che poggia
sulla medesima ratio pur se riferita ai lavoratori divenuti
invalidi durante il rapporto di lavoro), la predetta visita di
accertamento debba riscontrare, ai fini dell’inserimento nelle quote di
riserva, un grado di invalidità almeno pari al sessanta per cento.
E’ opportuno, in questa sede, svolgere talune
considerazioni in ordine alla fattispecie della incollocabilità, istituto
del quale la legge n.68 non fa menzione, mentre rimangono in vigore le
precedenti norme concernenti le modalità di erogazione del connesso
assegno (spettante ai lavoratori che in conseguenza di infortuni sul
lavoro o malattia professionale non possano più svolgere attività
lavorativa) nonché quelle che disciplinano il collocamento del coniuge e
dei figli dei soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di lavoro,
ai quali è consentita l’iscrizione negli elenchi del collocamento
obbligatorio solo in via sostitutiva dell’avente diritto a titolo
principale.
Si osserva, sul punto, che nonostante la legge di riforma non
abbia ritenuto di riproporre in via automatica lo schema superato della
abrogata legge n.482, tuttavia la stessa legge n.68 fa salvo,
all’articolo 4, comma 6, il finanziamento del predetto assegno, da cui
si desume che l’istituto, nella sua connotazione sostanziale, non sia
stato implicitamente abrogato. A parte tale considerazione, comunque
determinante sul piano formale, non sembra che siano venute meno le
ragioni sostanziali poste a fondamento dell’erogazione dell’assegno;
in effetti, anche nel quadro legislativo riformato, deve comunque
riconoscersi l’esistenza di situazioni limite per le quali, all’esito
della visita di accertamento della capacità globale, si manifesti una
chiara situazione di impossibilità o inopportunità di effettuare il
collocamento stesso.
Ciò premesso, tenuto conto della difficoltà manifestate da
parte dei sanitari delle Aziende U.S.L. (cui la normativa attribuiva tale
competenza) a rilasciare le predette certificazioni, anche per le
considerazioni sopra svolte, si ritiene coerente che lo stesso INAIL, già
titolare della funzione di erogazione dell’assegno, provveda,
nell’espletamento dell’attività di accertamento della disabilità, al
rilascio della certificazione apposita, nella quale si specifichi, a norma
dell’articolo 2 del decreto n.137 del 1987, che l’interessato non può
fruire del collocamento obbligatorio, attivando conseguentemente le
procedure per l’erogazione dell’assegno. Resta comunque ferma la
necessità di modificare l’intero assetto normativo, anche in
riferimento alle diverse tipologie per le quali l’assegno può essere
corrisposto o ripristinato, avviando tuttavia immediatamente, al
fine di non interrompere il servizio, la suddetta procedura semplificata.
Ad ulteriore chiarimento, sempre per quanto concerne la
percezione dell’assegno di incollocabilità, deve affermarsi il
ripristino di tale diritto nei confronti di coloro che ne erano decaduti
al compimento del 55° anno di età, in linea con i criteri adottati per
gli invalidi civili beneficiari di assegno mensile di invalidità fin da
quando il Consiglio di Stato, nell’adunanza del 15 marzo 1999, ha
dichiarato la valenza generale delle disposizioni concernenti
l’abbattimento dei limiti di età nel pubblico impiego, ritenendole
applicabili anche alla disciplina speciale del collocamento obbligatorio.
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