Il Contadino
Sul secolo XI il giudizio è concorde, in quanto nel suo ambito
si manifestarono rinnovamento e ripresa della vita. L'espansione
spirituale e artistica, economica e sociale, politica e culturale
si espresse lungo quattro direzioni: potenziamento delle campagne
e dell'agricoltura; nuove tecniche di scoperta per migliorare il
lavoro e la produzione; ripresa e potenziamento dei commerci: sviluppo
di iniziative politiche e rinascita cittadina. Con l'aumento della
popolazione si ripopolarono le campagne, si dissodarono terreni,
si prosciugarono paludi, si scavarono canali, si tracciarono strade,
si piantarono alberi disboscando foreste. Lavori di dighe sul mare
del Nord guadagnarono nuove terre all'acqua.Nella pianura padana
ad esempio Edifici e terreni di comuni proprietà presero allora
nome di curttes. Mansus venne chiamato il podere sul quale lavorò
una sola famiglia. Il contadino si chiamò rnassanus. Le condizioni
di lavoro si registrarono allora in un contratto detto livellum
o Iibellurn, denominato così in quanto costituito da un piccolo
libretto di due facciate. Il signore dette la terra al contadino
per tre generazioni, quindi per un secolo circa. In cambio della
stabilità, il contadino si impegnava a costruirsi la casa, a migliorare
il terreno con l'obbligo di cedere al signore una parte del raccolto,
talora accompagnata da un canone in denaro. L'economia agraria fu
allora consentanea alla realtà economico-sociale del tempo e assicurò
una vita meno precaria a quanti vissero sulla terra, ma costrinse
il contadino ad un duro lavoro, sebbene gli offrisse in cambio sicurezza
e difesa in caso di minacce, elemento importante questo in un'epoca
d'assenza dello Stato e di enti assistenziali. Le colture più diffuse
furono grano, cereali minori. vite e lino: si registrò, poi, un'intensificata
coltivazione dell'ulivo. in prevalenza i ceti inferiori si alimentarono
di grano, erbaggi, legumi, frutta, vino; i più agiati fecero uso
anche di carni, cacciagione, pesci. La conseguenza principale della
trasformazione del mansus fu l'assorbimento della pars dominica
nella pars massaricia. In poche generazioni il mansus, specie in
zone ove non si lasciarono i terreni solo al figlio maggiore, ma
si procedé alla suddivisione fra tutti gli eredi, perse l'originaria
unità, fino a polverizzarsi. Solide famiglie di proprietari terrieri
stanziatesi in campagna un secolo prima per timore dei barbari,
videro diminuiti i loro possedimenti, fino a trovarsi allontanate
dalla terra per rientrare in città. A loro volta contadini e servi,
liberati dai padroni o sottrattisi alla schiavitù con la fuga, si
riversarono nei centri urbani: così dalla dissoluzione del feudo
nacquero la ripresa cittadina e la formazione del Comune. Il miglioramento
della produzione agricola derivò dal fatto che si introdussero strumenti
di lavoro capaci di alleviare la falca dei contadini consentendo
Io sfruttamento della forza degli animali da lavoro. I Normanni.
per esempio. introdussero in Francia e nell'Occidente l'uso del
collare rigido per i cavalli da tiro che in precedenza trascinavano
il carro per mezzo del timone. I carri muniti di una stanga coronata
da un pezzo di legno perpendicolare erano poggiati al petto del
cavallo. in precedenza il cavallo spingeva il carro con la briglia
al collo e non poteva sopportare un carico pesante, pena il soffocamento.
Il passaggio dalla trazione iugulare a quella pettorale moltiplicò,invece,
il trasporto di merci. In quegli stessi anni si prese I, abitudine
di ferrare i cavalli che, con lo zoccolo aderente al terreno, mantennero
più facilmente un buon trotto. Invenzione importante fu il mulino
ad acqua che sostituii mulini a macina dell 'età romana e preromana,
azionati da cavalli, muli, asini, oppure da schiavi. Con la fine
del secolo dal mondo orientale giunse l'invenzione del mulino a
vento, utilizzato nelle grandi pianure dell'Europa del Nord battute
dai venti. Tra le innovazioni menzioniamo gli aratri, non più in
ferro ma in legno, la galea, nave a ponte unico, allungata e munita
di sperone, più rapida e leggera delle vecchie imbarcazioni e -
fra le più significative - l'applicazione di un pedale al telaio
per sviluppare l'industria della tessitura. Gli abitanti delle "Curtis"
e dei villaggi posti lungo le strade romane si erano spesso salvati
dalla furia degli invasori, rifugiandosi in quei fitti boschi che
coprivano buona parte della pianura. I mezzi tecnici allora impiegati
in agricoltura erano cosi primitivi che pochi giorni di lavoro intorno
a grossi rami o piccoli tronchi garantivano gli utensili per smuovere
un sottile strato di terra e seminare qualche cereale. La vera lotta
era contro gli alberi, in essa necessitavano preziosi attrezzi in
ferro; l'attacco alla foresta era compiuto da un insieme di operazioni
e di attività rurali (pascolo, caccia, raccolta di miele e cera,
pece e resine ecc.). L'ambiente naturale che circondava la capanna
del contadino-pastore era solo sporadicamente attaccato dall'aratro
o dalla vanga, al di là dei campi esisteva una natura tutt'altro
che domata e pronta a prendere il sopravvento sulle colture di biade
minute e di ortaggi (che entravano notevolmente nella dieta alimentare
del medioevo). Le bassissime rese (2 volte la semente) e gli eventi
naturali e ambientali potevano vanificare il lavoro sui campi per
annate intere, il bosco allora assumeva il carattere di riserva,
di dispensa inesauribile: selvaggina, tuberi, bacche, ghiande, castagne,
prugne selvatiche, fragole, funghi e soprattutto il miele che nel
medioevo aveva una fondamentale importanza occupando il posto che
lo zucchero attualmente ha nella nostra dieta. La giornata del contadino
del XI-XIII secolo era divisa fra i campi, le rive dei fiumi, degli
stagni e le boscaglie. La rotazione agraria più diffusa era quella
biennale (maggese-cereali invernali) molti terreni non rispettavano
alcuna rotazione, dopo uno o due raccolti consecutivi il campo veniva
fatto pascolare per molti anni e ritornava solo sporadicamente a
essere coltivato. Nelle aree più densamente popolate (colline, anfiteatro
morenico, ecc. che erano anche quelle a clima più salubre) si era
diffusa sin dall'epoca franca la rotazione triennale, una parte
dei campi era seminata in autunno a segala o frumento o altri cereali
invernali, una seconda veniva seminata in primavera ed aveva, miglio,
legumi, panico ecc. la terza veniva lasciata a maggese, il secondo
anno il primo campo era seminato in primavera, il secondo lasciato
a maggese, il terzo a colture primaverili, il vantaggio produttivo
sulla rotazione biennale era del 50% e inoltre i raccolti si distribuivano
più uniformemente nell'annata agraria. Nel medioevo l'orto rivestiva
grande importanza; gli ortaggi si dividevano in erbe e radici ed
erano fondamentalmente di origine selvatica: le rape, le bietole,
le cipolle, l'aglio, i cavoli, il crescione, i radicchi, solo per
citarne alcuni, erano coltivati assiduamente non solo nelle vicinanze
dei monasteri ma anche in quelle chiusure cintate vicine ai borghi
e alle terre dei castelli, l'orto forniva quelle essenze aromatiche
e nutritive essenziali per tutta la medicina e la farmaceutica del
tempo.
|