Calligrafie

coraniche di

Nafisa Athar

all’ISIAO

Basarun: gli occhi che vedono la luce

Nafisa Athar è una donna eccezionale: è moglie, è madre, è diplomatica ed è un’artista che sa far parlare le parole del Corano. Così mi viene da definire la sua mostra aperta il 7 novembre scorso presso l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente dove rimarrà allestita sino al 7 febbraio dell’anno prossimo.Vi sono presentati i suoi quadri calligrafici dedicati al Corano, più precisamente alla riproduzione dei centoquattordici titoli della “Sura”, scritti in caratteri “thuluth” e realizzati - si è detto nella presentazione della mostra - con colori naturali raccolti qui in Italia, come a dimostrare che l’arte non può e non deve trovare alcuna barriera né nei confini tra popoli o paesi né nelle infinite espressioni dell’ingegno umano.
La mostra aveva un titolo suggestivo ed affascinante: “Basarun: gli occhi che vedono la luce “. Nafisa Athar, nella lingua del suo paese, significa “raffinata”. Ora, con quali occhi lei sia riuscita a “vedere” quelle parole del Corano io non saprei dire e non saprei usare alcuno di quei termini ambigui ed astrusi dei cosiddetti critici d’arte. So però giudicare e gioire quando incontro una mano felice ed ispirata - direi proprio “raffinata” - capace di guidare il pennello sulla tela in modo magistrale.
Nei dipinti di Nafisa Athar si trattava di parole ed i segni ingigantiti e pur straordinariamente raffinati mi hanno indotto a paragonare la eccezionale dote di fermezza della mano di Nafisa Athar a quella di alcuni grandi cardiochirurghi neonatologi che vidi operare su dei cuoricini di appena qualche giorno di vita. Osservando quei disegni e quella perfezione di linee io ho rivissuto la stessa emozione di quei tempi in cui mi occupai di bambini cardiopatici seguendone alcuni nelle camere operatorie di Houston, nel Texas, ed in Italia, a Bergamo ed a Roma.
Ed io penso che anche il cuore di Nafisa Athar, prima ancora che la sua mano ed il suo pennello, abbia assunto un ruolo determinante nella realizzazione dei suoi quadri. Tutto il resto - la tecnica delle esecuzioni, le ragioni di questa prima mostra pakistana organizzata in Italia, le caratteristiche dell’Autore e le modalità della esposizione - sono state messe in evidenza in una brochure distribuita tra il numerosissimo pubblico e dalle personalità che hanno composto il tavolo della presentazione. 
Io aggiungerò solo che la “calligrafia” - l’essenza della mostra - ottiene in manifestazioni come questa una esaltazione ed una nobilità che si erano perdute nel tempo.


F.P.

Nelle foto, sopra Nafisa Athar accanto ad alcune delle sue opere e,sotto, il tavolo delle autorità che hanno presentato la mostra, cui ha assistito un pubblico eccezionale per questo tipo di manifestazioni.

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