Con
il mondo sull'orlo di una nuova guerra, mentre gli attentati si
alternano a minacciosi ultimatum.Ci si interroga con ansia in questi
giorni sull'insistenza del governo Usa nelle sue minacce di guerra
all'Iraq. E la preoccupazione resta alta malgrado le recenti aperture
di Saddam Hussein. Quali prospettive? Ne parliamo con alcuni illustri
ospiti.
Se
Dio è disgustato, tocca a noi fare qualcosa
di don Vitaliano Della Sala
“Io sono voce di
uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore”,
è la frase di Giovanni Battista che ci aiuta a comprendere
il Natale: c’è una strada da preparare, una via d’uscita
dalla schiavitù, il percorso degli affrancati; è la
strada che porta dritto al regno di Dio, all’altro mondo possibile,
al regno di libertà e di giustizia sociale che Dio propone
all’umanità.
Questa strada è resa impervia, impraticabile, piena di ostacoli
difficilmente superabili. Questo vuol dire che sono state sbarrate
le vie di accesso al regno di Dio.
Basta appena guardarsi intorno per accorgersi di quanto sia realistica
questa metafora della strada non percorribile da preparare. Quante
difficoltà, infatti, sono create al cammino dei popoli verso
la loro liberazione?
Abbiamo innalzato montagne, creato sbarramenti, posto vistosi divieti
di accesso. E continuiamo a erigere le nostre barriere. Con la globalizzazione
dei mercati e il neoliberismo ci stiamo creando un paradiso artificiale
ed esclusivo, al quale solo in pochi possiamo avere accesso. Procediamo
verso l’aumento vertiginoso dei nostri consumi e ci gettiamo
alle spalle cumuli di rifiuti che impediscono agli altri di procedere
sul nostro cammino.
Ai tanti migranti chiudiamo, col filo spinato della legge Bossi-Fini,
le vie d’accesso alle nostre terre; davanti ai nuovi schiavi
in fuga dai nuovi faraoni facciamo di tutto perché il mare
non si apra, anzi, li travolga; impediamo alla stragrande maggioranza
degli esseri umani di raggiungere quei beni elementari - acqua,
cibo, istruzione - senza i quali non si consegue una dignità
da uomini. E, quel che è peggio, ci prepariamo a scatenare
una guerra dalle imprevedibili conseguenze.
Questa è l’opera delle nostre mani. Ma il Dio del Natale,
è il Dio che sempre ascolta il grido del suo popolo schiavo
e, caparbiamente, separa le acque e in mezzo a esse apre una strada
percorribile per condurre il suo popolo alla “terra promessa”,
all’altro mondo possibile.
Un Dio che sogna per noi un altro mondo dove “forgeranno le
spade in vomeri, le lance in falci”, nel quale “un popolo
non alzerà più la mano contro un altro popolo e non
si eserciteranno più nell’arte della guerra”
(Isaia). Per realizzare il suo sogno, per renderlo concreto, il
Dio-Bambino ci propone di farci suoi collaboratori, di lavorare
con lui; ci propone di aiutarlo a “fasciare le piaghe dei
cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione
dei prigionieri”, vuole che promulghiamo il vero giubileo
della liberazione e della libertà.
E allora… buon Natale a tutti.