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...Ora sono qui e penso; il mio grande sbaglio: pensare! Più penso e meno capisco il perché di certe mie sensazioni, o forse è solamente il non volerle capire.

Forse questo è un giorno che potrei definire "dei rimpianti"; sto pensando a ciò che avrei voluto essere e non sono, a ciò che avrei voluto fare e non ho fatto, alle parole non dette, agli sbagli commessi, alle lacrime fatte versare ed a quelle che ho pianto; alle colpe di cui non ho chiesto perdono, sia nei confronti degli altri sia nei miei stessi riguardi; ai timori e alle ansie dei giorni passati e di quelli che verranno. Guardo indietro e vedo cose lontane, ormai sfumate delle nebbie della memoria, volgo lo sguardo in avanti e vedo ancor meno a causa del buio dell’incertezza del domani. Guardo il calendario e vedo una data priva di significati; la posso solamente collegare a giorni passati ed a giorni che forse verranno, ma presa a sé stante è vuota, leggera, vaga ed inutile: è solo un altro giorno che ti scorre addosso senza intaccare le ali dell’indifferenza. L’ennesimo muro che ti si para davanti ad ostacolare il già difficile cammino in quanto essere umano; la nausea che prende il posto di quell’aggressività che sarebbe necessaria per il superarlo; il senso di vuoto impotente che ti attanaglia l’anima; l’annullamento totale nel nichilismo più estremo, talmente esasperato che nemmeno Sartre ne Céline hanno mai espresso: l’abbandono del divenire. Solamente la stasi immobile dell’essere. Ecco: questo di adesso è un momento che mi fa paura, una paura non fisica, ma talmente eterea e sottile che si insinua subdolamente in ogni fessura, piega, poro, piccolo adito del mio essere. Non è nemmeno tenebra, è peggio: è grigiore.

Mi sto solamente sfogando, sto aprendo veramente me stessa in un modo forse un po’ contorto ed elaborato; ma sappi che sto scrivendo man mano che le parole mi nascono dentro, senza seguire i dettami della logica né della ragione, solamente dando spazio alle emozioni dell’animo che non seguono regole né tempi prestabiliti. Probabilmente in questo momento, mentre ti scrivo, ti sto usando, e ne te chiedo perdono; sto usando uno dei mezzi a me più consoni, lo scrivere, per cercare di scuotermi da questo grigiore, da un torpore emotivo, per fare in modo di abbandonare questo avvicinarsi dell’essere al nulla, per non sentirmi vissuta ma viva.

Ecco, mentre ti scrivevo queste parole ho finalmente pianto! E le lacrime stanno dissipando le nebbie grigie che mi oscuravano l’anima. Tra poco credo che mi sentirò nuovamente me stessa...