IL SOGNO DI MARIA

 

- Nel grembo umido, scuro del tempio

l'ombra era fredda, gonfia d'incenso ;

l'angelo scese, come ogni sera,

ad insegnarmi una nuova preghiera:

poi, d'improvviso, mi sciolse le mani

e le mie braccia divennero ali ,

quando mi chiese - conosci l’estate -

io, per un giorno, per un momento ,

corsi a vedere il colore del vento.

Volammo davvero sopra le case ,

oltre i cancelli, gli orti le strade:

poi scivolammo tra valli fiorite

dove all'ulivo si abbraccia la vite.

Scendemmo là, dove il giorno si perde

a cercarsi, da solo nascosto tra il verde,

e lui parlò come quando si prega,

ed alla fine d'ogni preghiera

contava una vertebra della mia schiena.

... e l'angelo disse - Non

temere, Maria, infatti hai

trovato grazia presso il

Signore e per opera Sua

concepirai un figlio…

Le ombre lunghe dei sacerdoti

costrinsero il sogno in un cerchio di voci.

Con le ali di prima pensai di scappare

ma il braccio era nudo e non seppe volare:

poi vidi l'angelo mutarsi in cometa

e i volti severi divennero pietra,

le loro braccia profili di rami,

nei gesti immobili d'un'altra vita

foglie le mani, spine le dita.

Voci di strada, rumori di gente,

mi rubarono al sogno per ridarmi al presente.

Sbiadì l'immagine, stinse il colore ,

ma l'eco lontana di brevi parole

ripeteva d'un angelo la strana preghiera

dove forse era sogno ma sonno non era 

- lo chiameranno figlio di Dio --:

parole confuse nella mia mente,

svanite in un sogno , ma impresse nel ventre.-

E la parola ormai sfinita

si sciolse in pianto,

ma la paura dalle labbra

si raccolse negli occhi

semichiusi nel gesto

d'una quiete apparente

che si consuma nell'attesa

d'uno sguardo indulgente.

E tu, piano, posasti le dita

all'orlo della sua fronte:

i vecchi quando accarezzano

hanno il timore di far troppo forte.

 

 

 

 

AVE MARIA

 

E te ne vai, Maria, fra l'altra gente

che si raccoglie intorno al tuo passare,

siepe di sguardi che non fanno male

nella stagione di essere madre.

Sai che fra un'ora forse piangerai

poi la tua mano nasconderà un sorriso

gioia e dolore hanno il confine incerto

nella stagione che illumina il viso.

Ave Maria, adesso che sei donna,

ave alle donne come te, Maria,

femmine un giorno per un nuovo amore

povero o ricco, umile o Messia.

Femmine un giorno e poi madri per sempre

nella stagione che stagioni non sente.

 

 



 

 

VIA DELLA CROCE

 

-Poterti smembrare coi denti e le mani,

sapere i tuoi occhi bevuti dai cani,

di morire in croce puoi essere grato

a un brav'uomo, di nome Pilato.-

Ben più della morte che oggi ti vuole,

t'uccide il veleno di queste parole:

le voci dei padri di quei neonati,

da Erode, per te, trucidati.

Nel lugubre scherno degli abiti nuovi

misurano a gocce il dolore che provi:

trent'anni hanno atteso, col fegato in mano,

i rantoli d'un ciarlatano.

Si muovono curve, le vedove in testa,

per loro non è un pomeriggio di festa;

si serran le vesti sugli occhi e sul cuore

ma filtra dai veli il dolore:

fedeli umiliate da un credo inumano

che le volle schiave già prima di Abramo,

con riconoscenza ora soffron la pena

di chi perdonò a Maddalena,

di chi con un gesto soltanto fraterno

una nuova indulgenza insegnò al padreterno,

e guardano in alto, trafitti dal sole,

gli spasimi d'un redentore.

Confusi alla folla ti seguono muti,

sgomenti, al pensiero che tu li saluti:

- A redimere il mondo - gli serve pensare,

il tuo sangue può certo bastare.

La semineranno per mare e per terra

tra boschi e città la tua buona novella,

ma questo domani, con fede migliore,

stasera è più forte il terrore.

Nessuno di loro ti grida un addio

per essere scoperto cugino di Dio:

gli apostoli han chiuso le gole alla voce,

fratello che sanguini in croce.

Han volti distesi, già inclini al perdono,

ormai che han veduto il tuo sangue di uomo

fregiarti le membra di rivoli viola,

incapace di nuocere ancora.

Il potere, vestito d'umana sembianza,

ormai ti considera morto abbastanza

e già volge lo sguardo a spiar le intenzioni

degli umili, degli straccioni.

Ma gli occhi dei poveri piangono altrove,

non sono venuti a esibire un dolore

che alla via della croce ha proibito l'ingresso

a chi ti ama come se stesso.

Son pallidi al volto, scavati al torace,

non hanno la faccia di chi si compiace

dei gesti che ormai ti propone il dolore

eppure hanno un posto d'onore.

Non hanno negli occhi scintille di pena,

non sono stupiti a vederti la schiena

piegata dal legno che a stento trascini,

eppure ti stanno vicini.

Perdonali se non ti lasciano solo,

se sanno morire sulla croce anche loro,

a piangerli sotto non han che le madri,

in fondo, son solo due ladri.

 

 



 

 

IL TESTAMENTO DI TITO

 

Tito

- Non avrai altro Dio all'infuori di me,

spesso mi ha fatto pensare:

genti diverse venute dall'est

dicevan che in fondo era uguale.

Credevano a un altro diverso da te

e non mi hanno fatto del male.

Credevano a un altro diverso da te

e non mi hanno fatto del male.

Non nominare il nome di Dio

non nominarlo invano.

Con un coltello piantato nel fianco

gridai la mia pena e il suo nome:

ma forse era stanco, forse troppo occupato

e non ascoltò il mio dolore.

Ma forse era stanco, forse troppo lontano

davvero lo nominai invano.

Onora il padre. onora la madre

e onora anche il loro bastone,

bacia la mano che ruppe il tuo naso

perché le chiedevi un boccone:

quando a mio padre si fermò il cuore

non ho provato dolore.

Quando a mio padre si fermò il cuore

non ho provato dolore.

Ricorda di santificare le feste.

Facile per noi ladroni

entrare nei templi che rigurgitan salmi

di schiavi e dei loro padroni

senza finire legati agli altari

sgozzati come animali.

Senza finire legati agli altari

sgozzati come animali.

Il quinto dice non devi rubare

e forse io l'ho rispettato

vuotando, in silenzio, le tasche già gonfie

di quelli che avevan rubato:

ma io, senza legge, rubai in nome mio,

quegli altri, nel nome di dio.

Ma io, senza legge, rubai in nome mio,

quegli altri, nel nome di dio.

Non commettere atti che non siano puri

cioè non disperdere il seme.

Feconda una donna ogni volta che l'ami

così sarai uomo di fede:

poi la voglia svanisce e il figlio rimane

e tanti ne uccide la fame

lo, forse, ho confuso il piacere e l’amore.

ma non ho creato dolore.

Il settímo dice non ammazzare

se del cielo vuoi essere degno.

Guardatela oggi, questa legge di dio,

tre volte inchiodata nel legno:

guardate la fine di quel nazareno,

e un ladro non muore di meno

Guardate la fine di quel nazareno.

e un ladro non muore di meno.

Non dire falsa testimonianza

e aiutali a uccidere un uomo

Lo sanno a memoria il diritto divino

e scordano sempre il perdono:

ho spergiurato su dio e sul mio onore

e no, non ne provo dolore.

Ho spergiurato su dio e sul mio onore

e no, non ne provo dolore.

Non desiderare la roba degli altri ,

non desiderarne la sposa.

Ditelo a quelli, chiedetelo ai pochi

che hanno una donna e qualcosa:

nei letti degli altri già caldi d'amore

non ho provato dolore.

L'invidia di ieri non è già finita:

stasera vi invidio la vita.Ma adesso che viene la sera ed il buio

mi toglie il dolore dagli occhi

e scivola il sole al di là delle dune

a violentare altre notti :

io , nel vedere quest'uomo che muore,

madre, io provo dolore.

Nella pietà che non cede al rancore,

madre, ho imparato l'amore.

 



 

 

UN MATTO

(dietro ogni scemo c’è un villaggio)

 

Tu prova ad avere un mondo nel cuore

e non riesci ad esprimerlo con le parole,

e la luce del giorno si divide la piazza

tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,

e neppure la notte ti lascia da solo:

gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro.

E sì, anche tu andresti a cercare

le parole sicure per farti ascoltare:

per stupire mezz’ora basta un libro di storia,

io cercai d’imparare la Treccani a memoria,

e dopo maiale, Majakowsky e malfatto,

continuarono gli altri fino a leggermi matto.

E senza sapere a chi dovessi la vita

in un manicomio io l’ho restituita:

qui sulla collina dormo malvolentieri

eppure c’è luce ormai nei miei pensieri,

qui nella penombra ora invento parole

ma rimpiango una luce, la luce del sole.

Le mie ossa regalano ancora alla vita:

le regalano ancora erba fiorita.

Ma la vita è rimasta nelle voci in sordina

di chi ha perso lo scemo e lo piange in collina;

di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia

una morte pietosa lo strappò alla pazzia

 

 



 

 

UN MALATO DI CUORE

 

-Comincia a sognare anch’io insieme a loro

poi l’anima d’improvviso prese il volo.-

Da ragazzo spiare i ragazzi giocare

al ritmo balordo del tuo cuore malato

e ti viene la voglia di uscire e provare

che cosa ti manca per correre al prato,

e ti tieni la voglia, e rimani a pensare

come diavolo fanno a riprendere fiato.

Da uomo avvertire il tempo sprecato

a farti narrare la vita dagli occhi

e mai poter bere alla coppa d’un fiato

ma a piccoli sorsi interrotti,

e mai poter bere alla coppa d’un fiato

ma a piccoli sorsi interrotti.

Eppure un sorriso io l’ho regalato

e ancora ritorna in ogni sua estate

quando io la guidai o fui forse guidato

a contarle i capelli con le mani sudate.

Non credo che chiesi promesse al suo sguardo,

non mi sembra che scelsi il silenzio o la voce,

quando il cuore stordì e ora no non ricordo,

da quale orizzonte sfumasse la luce.

E fra lo spettacolo dolce dell’erba

fra lunghe carezze finite sul volto,

quelle sue cosce color madreperla

rimasero forse un fiore non colto.

Ma che la baciai questo sì lo ricordo

col cuore ormai sulle labbra,

ma che la baciai, per Dio, sì lo ricordo, 

e il mio cuore le restò sulle labbra.

E l’anima d’improvviso prese il volo

ma non mi sento di sognare con loro

no non mi riesce di sognare con loro.

 

 



 

UN CHIMICO

 

Solo la morte m’ha portato in collina

un corpo fra i tanti a dar fosforo all’aria

per bivacchi di fuochi che dicono fatui

che non lasciano cenere, non sciolgon la brina.

Da chimico un giorno avevo il potere

di sposar gli elementi e farli reagire,

ma gli uomini mai mi riuscì di capire

perché si combinassero attraverso l’amore.

Affidando ad un gioco la gioia e il dolore.

Guardate il sorriso guardate il colore

come giocan sul viso di chi cerca l’amore:

ma lo stesso sorriso lo stesso colore

dove sono sul viso di chi ha avuto l’amore.

Dove sono sul viso di chi ha avuto l’amore.

Che strano andarsene senza soffrire,

senza un volto di donna da dover ricordare.

Ma è forse diverso il vostro morire

voi che uscite all’amore che cedete all’aprile.

Cosa c’è di diverso nel vostro morire.

Primavera non bussa lei entra sicura

come il fumo lei penetra in ogni fessura

ha le labbra di carne i capelli di grano

che paura, che voglia che ti prenda per mano.

Che paura, che voglia che ti porti lontano.

Ma guardate l’idrogeno tacere nel mare

guardate l’idrogeno al suo fianco dormire:

soltanto una legge che io riesco a capire

ha potuto sposarli senza farli scoppiare.

Soltanto una legge che io riesco a capire.

Fui chimico e, no, non mi volli sposare.

Non sapevo con chi e chi avrei generato:

son morto in un esperimento sbagliato

proprio come gli idioti che muoion d’amore.

E qualcuno dirà che c’è un modo migliore.

 

 



 

 

VERRANNO A CHIEDERTI DEL NOSTRO AMORE

 

Quando in anticipo sul tuo stupore

verranno a chiederti del nostro amore

a quella gente consumata nel farsi dar retta

un amore così lungo

tu non darglielo in fretta,

non spalancare le labbra ad un ingorgo di parole

le tue labbra così frenate nelle fantasie dell'amore

dopo l'amore così sicure

a rifugiarsi nei "sempre"

nell'ipocrisia dei "mai"

non son riuscito a cambiarti

non mi hai cambiato lo sai.

E dietro ai microfoni porteranno uno specchio

per farti più bella e pensarmi già vecchio

tu regalagli un trucco che con me non portavi

e loro si stupiranno

che tu non mi bastavi,

digli pure che il potere io l'ho scagliato dalle mani

dove l'amore non era adulto e ti lasciavo graffi sui seni

per ritornare dopo l'amore

alle carezze dell'amore

era facile ormai

non sei riuscita a cambiarmi

non ti ho cambiata lo sai.

Digli che i tuoi occhi me li han ridati sempre

come fiori regalati a maggio e restituiti in novembre

i tuoi occhi come vuoti a rendere per chi ti ha dato lavoro

i tuoi occhi assunti da tre anni

i tuoi occhi per loro,

ormai buoni per setacciare spiagge con la scusa del corallo

o per buttarsi in un cinema con una pietra al collo

e troppo stanchi per non vergognarsi

di confessarlo nei miei

proprio identici ai tuoi

sono riusciti a cambiarci

ci son riusciti lo sai.

Ma senza che gli altri ne sappiano niente

dimmi senza un programma dimmi come ci si sente

continuerai ad ammirarti tanto da volerti portare al dito

farai l'amore per amore

o per avercelo garantito,

andrai a vivere con Alice che si fa il whisky distillando fiori

o con un Casanova che ti promette di presentarti ai genitori

o resterai più semplicemente

dove un attimo vale un altro

senza chiederti come mai,

continuerai a farti scegliere

o finalmente sceglierai.
 

 

 

 

 

 

 

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