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Preghiera

Se potessi svegliare il tuo sonno
Se potessi riaverti un solo giorno!
Avrei ancora parole da dirti
sorrisi, dolcezza e calore da darti.
Dal tuo cielo di morbida luce
al di sopra di ogni splendore
al di là dell'umano soffrire
inondata dei più lievi colori 
tu, sorella, resti avvinta al mio cuore,
come edera attorno ad un pino,
come mani d'infante ad un seno,
come tenero muschio alla roccia,
sei per sempre a me unita in amore.
Il ricordo di quella tua mano,
l'emozione dell'ultimo sguardo,
la speranza nella tua voce,
il dolore dell'ultimo addio,
sono pietre miliari del mondo.
Sto piangendo davanti al tuo nome,
mentre t'offro il mio cuore e una rosa,
mentre sogno ancora il tuo volto,
mentre ascolto di nuovo parole,
mentre spero in un prossimo incontro.
E Tu, Dio, Tu che sei amore infinito,
abbi cura di questa creatura,
abbia pace, sollievo e perdono,
solo gioia del tuo Paradiso!
(Federica, mi manchi)







Valentina

Il tuo sì dolce nome
Mi riporta alla mente
Lievi albe lunari
Ammantate di stelle.
Come il tocco leggero
Di una viola sbocciata
Coi suoi morbidi petali
Nel gioioso mattino.
Ignorando il tuo volto
Percepisco il candore
Lo splendore degli occhi
Che sorridon di vita;
sono perle di giada
scintillanti e preziose
che rischiarano il mondo
che raccontano amore.
Solo il bene vedranno
Solo gioia daranno
Mai una stilla di pianto
Abbia d'ombra a velarli.
È un augurio sincero,
o mai avuta sorella,
solo quattro parole
a me nate dal cuore.








A Giancarlo


Le tue lacrime sul mio viso,
il tuo dolore nel mio cuore.
Che fu mai il tantalico supplizio
innanzi al doler tuo?
E l'angoscia mi prende
l'impotenza mi assilla.
Vorrei tergere il volto tuo,
vorrei con soffici aliti,
con tocchi di dita lievi
sussurrarti dolcezza.
Immolerei il mio essere
ai crudeli dei della nera oltretomba,
cederei il mio spirito
alle fate ed agli elfi,
rinuncerei alle albe di vita
per donarti il sorriso.
Morte! Io ti sfido!
Scendi dal buio tuo cielo,
ammantami d'algido pallore,
scavami alla cerca di linfa vitale,
ma ti prego: intercedi!
Sovrana del tempo,
reggente dei secoli che furon e saranno:
rapiscimi al mondo!
Prostrata ai tuoi piedi,
divina signora,
ti offro una vita,
ti cedo me stessa
senz'altro volere che un lieve sorriso
ritorni a sbocciare
sul suo viso sì triste.
Non chiedo avvenire,
non bramo la luce,
rinuncio alle stelle,
alla luna e all'amore.
La mia libbra di carne
a te lascio strappare
solo in cambio chiedendo
di asciugare il suo pianto.







Vorrei

Vorrei amarti ma non posso averti
vorrei averti ma non posso amarti
vorrei toccarti 
ma le mie mani non ti raggiungono
vorrei baciarti
ma le mie labbra inaridiscono morendo
vorrei abbracciarti
ma stringo solo nebbia.
Vorrei svegliarmi 
vorrei che tutto il mio non potere
fosse solo un malsano incubo.
Ma non dormo, non sogno
non è finzione: è vero.
E' un vero velo nero che mi circonda
che mi rapisce
che mi distrugge
che mi separa 
che ci divide.
Tu irraggiungibile, inafferrabile
tu sogno mai avverabile
tu incanto della Vita
tu eterno splendore nel mio attimo oscuro.
Vorrei poterti amare
vorrei poterti dare
vorrei poterti dire
vorrei...
Io posso solamente cercare di dormire
e pilotare il sogno e fingermi con te.
Ma non riesco
la tenebra è più forte, più dura
più cattiva, più nera e più meschina.
Mi attira
mi risucchia
mi prende e mi nasconde.
Mi aggrappo ad un tuo sguardo
e resto ancora viva.
Mi ancoro ai tuoi occhi , mi nutro del tuo dire
mi aggrappo alla tua gioia, al tuo essere viva.
Ma nonostante tutto il baratro si apre
il gorgo mi risucchia
c'è il nero che mi uccide.
Ed è persino vano il pianto mio sincero
che scivola sul volto, che bagna le tue labbra
che sogno ad occhi aperti e che mi fanno dire:
perché devo morire?
Non piango la mia morte
ma solo il fatto che
non potrò mai dividere un attimo di Sole 
un raggio della luce con cui riscaldi il mondo
un pizzico di amore
per me già inafferrabile
per sempre irraggiungibile
ormai irrealizzabile.









Il mago

Inseguita nel buio
dal mio incubo nero
corro, fuggo
lanciando un grido muto.
Non ho scampo né pace
non ho spazio né tempo
già mi sento raggiunta
e mi arrendo al destino.
Non c'è fuga, non c'è salvezza
mi appresso al baratro tetro
che mi strappa le ali
che mi ingoia crudele.
Cerco invano una luce
un mio Pegaso alato
ma c'è solo il dolore
non mi resta che il pianto.
Ecco! Un tratto ed appare:
è una voce soave
senza volto né nome
che mi tende le ali
che mi estirpa dal fondo.
Mi rapisce al terrore
e mi apre al suo cielo
mi riempie di pace
mi rischiara la notte.
È la voce di un mago,
la carezza di un raggio,
mi raccoglie dal buio
e mi innalza nel Sole.
È la fine dell'incubo,
è l'inizio del sogno,
è un soffio di gioia,
è una stilla di amore.








Quando muore l'ultima luna

Tenebre immonde
con artigli di ghiaccio
mi lacerano il petto.
Rugiade maligne
insinuate nel cuore
offuscano il cielo,
albe grigie all'orizzonte:
non più cieli
non più mari.
Spine confitte nell'anima,
orridi abissi
segnati da unghiate di sangue
di chi tentò la fuga
e fallì.
Speranze ormai morte,
lacrime già piante,
gelidi terrori;
volti senza facce,
orbite vuote asciugate dal male,
urla senza suono,
angosce, nudi silenzi.
Vano è il mio pianto,
vuote le mani,
esangui le vene
bevute da cani randagi
erranti nella notte senza stelle.
E' buio.
E' tenebra.
Buia fredda tenebra.








Notte

Alba fra mille lapidi
bagnate dalla rugiada
che scivola come le lacrime
versate pel nuovo giorno.
L'incanto creato di notte
svanisce col primo raggio
sparisce al primo Sole
dissolve con la sua pace.
La luce violenta il tuo sogno
ti appare di nuovo l'orrore
in cui ora ammantata di luce
non riesci nemmeno a volare.
E puoi solo aspettare che muoia
attendendo con ansia il tramonto
ritrovando allora quel mondo
che tu stessa nel buio hai creato.
Solo adesso dai vita alle forme
con le ombre confuse giocando
assemblando di nuovo il tuo sogno
puoi commuoverti in ogni suo incanto.







All'amico poeta

Poeta delle tenebre
oppiomane corrotto
tradito dall'amore
obliato nel tuo vino.
Poeta maledetto
tu vero, tu sincero
ti amo con il cuore
leggendoti ti ammiro.
Tu solo hai dato al mondo
e a tutto il suo reale
un tremito profondo
un colpo che fa male.
Tu solo col disprezzo
degli altri e di te stesso
hai fatto da maestro
ad un gregge errabondo.
Non tutti ti hanno accolto
i più ti hanno deriso
schivato e non capito
odiato ed esecrato.
Noi poche che ti amiamo
cibandoci i tuoi versi
soffrendo ogni tuo verbo
noi sole ti seguiamo.
Continua a esserci duce
infame tra gli infami
per noi misere cose
tu solo sarai luce
Al più grande tra i grandi
all'orgoglio dell'arte
al più nero dei vati
all'amico mancante....
A te Charles Baudelaire.







Schiavi

Noi schiavi della notte
asserviti ormai alle tenebre
erranti senza meta
vampiri del duemila.
Ialine le pupille
esangue ogni membra
respiriamo solo nebbia
viviamo tra gli avelli.
Null'altro ci rimane
tra rantoli e rimorsi
che spiarvi nel sonno
e augurarvi la morte.
Tra le lapidi annose
ci aggiriamo crudeli
affamati alla cerca
dell'orrendo nutrirci.
Riscaviamo le tombe
con le unghie del cuore
esumiamo corrotte
membra e carni inumane.
Maledetti da Dio
esecrati dall'uomo
vulnerabili al Sole
noi reietti del male.
Non pensate che voi
scamperete il destino
che ci lega all'orrore
che ci nega il divino.
In ognuno che adesso
con disprezzo e terrore
ci rifiuta e ci nega
la pietà e il perdono,
in ognuno di quelli
che alla luce del Sole
ha il coraggio e l'orgoglio
di mostrarsi sì falso,
in ognuno di essi 
come cani randagi
seppelliamo nascosta
una stilla di male.
Ne scaviamo le carni 
ed apriamo il torace
e posiamo nel cuore
una spina mortale.
Maledetti e corrotti
corruttori ed untori
vi aspettiamo affamati:
anche voi morirete.







Occhi fragili

Hai mai notato la dolce tristezza
che c'è nello sguardo di quelle ragazze
strappate alla vita e sbattute per strada
come spighe recise buttate via ai porci
che un cuore non hanno
che amore non danno
che rubano gioia e uccidono piano?
Hai mai donato ad esse una rosa
hai mai versato per loro del pianto
hai mai "sprecato" per loro un sorriso?
Ti sei mai chiesto perché le disprezzi
perché le deridi o peggio le ignori?
Hai mai fermato il tuo correr veloce
( chissà a quale meta, chissà a quale scopo )
per chiederti, in cuore, se siano da amare
se siano da odiare
se sian da salvare?
Se per un attimo solo riuscissi a capire
riuscissi a guardare con gli occhi del cuore
lasciandoti dietro i tuoi sciocchi giudizi
le false illusioni 
le tue aride preoccupazioni
di chi ha tutto e non vede il niente
solo allora potresti capire
solo così tu le potresti AMARE!







Per un amico

O musa ispiratrice, compagna di chi scrive
Sorreggi il mio spirito ed incita in me l'animo
Tu guida la mia mano frenando ogni tremore.
Tu citerea spuma del mare, tu Venere Afrodite
Che alla tua stirpe donasti coraggio e vigore
Dirigi i miei verbi negli antri nascosti del cuore
E nell'animo puro dell'umano più dolce,
Di quell'uomo che seppur di mortali spoglie
E' causa di invidia all'auriga del Sole.
Come le tristi donne d'un Ilio ormai morente
Lacerandosi i neri pepli e scarnandosi i volti
Gemevano non la loro dipressa fine
Ma l'achilleo scempio di carni d'eroe amato,
Così io piansi l'aver creduta ormai spenta la luce,
L'aver perduta tra i flutti del Lete un'amicizia pura,
una mano a me tesa qual Febico raggio nella notte dell'Ade.
Quanto causò a Didone l'abbandono del tuo figlio diletto,
O sovrana delle Cariti, fu nulla al par del mio pianto.
Sulla ruvida pietra del tuo tempio ti imploro,
Innanzi all'are fumanti di incensi di Pergamo e Tiro
Sacrificando a te sovrana di cuori di umani e immortali,
Non respinger vana la mia prece sincera, o divina!
Affido al tuo canto, al tuo volto soave,
o spuma divina, il mio contrito pianto.
Tu recalo nel tempo bastante allo scoccar di dardo
Dell'immortale tuo padre nelle tempeste australi,
Tu recalo, ti prego, più celere del tuono paterno
Al cospetto dell'amico giammai da me perduto.
Implorane il perdono, o madre di amori e affetti,
Concedi alla tua serva indegna di avere ancora
Una luce foriera di calore, di pace, di serenità e dolcezza.







Sguardi lontani

Polveri di malvagie stelle
Tetri lampi di buio nella notte
Presenze filiformi dal gelido soffio
Profumi sbiaditi di nere rose morte.
Avvolta da nebbie stagnanti
Sull'esile confine tracciato
Tra l'essere e il nulla
Tra il morbido rosso tramonto
E l'algida alba senza Sole
Aspetto.
Avanza l'opaco nulla silente
Ammantando di freddi raggi
I ricordi del passato e dell'oggi
Le lacere speranze violate
Degli incerti e tremanti domani.
Attesa.
Senza il fluire del tempo crudele
In un attimo eterno sospesa
In balia di malsane correnti
Cerco invano il candore lunare
O il pulsare lontano di Vega.
Ascolto.
Grida mute di anime perse
Bianche ombre che graffiano il cielo
Cieche voci dal timbro di vetro
Spettri appassiti avvelenati di fiele
Corolle corrotte di fiori letali.
Capisco:
È solo vita morente.






A Vale

La tua dolce innocenza
tramutata in parole
dal cuore dettate
mi avvolge di luce,
mi ammanta di cielo.
Mutate le braccia
in ali piumate
mi libro.
Fenicottero rosa
nel tramonto dorato
mi levo al di sopra
di valli incantate.
Planando leggiadra
sospinta dal soffio
di Zefiro dolce
raggiungo le vette,
oltrepasso i silenzi,
precedendo la notte
ora accorro alle stelle.
Come fosse una rosa
d'un giardino d'oriente
rubo al cielo una perla,
una goccia splendente.
E volando veloce
ti raggiungo: tu dormi.
Poso accanto al tuo viso
quel frammento di luce:
a te resti di fianco,
ti rischiari la vita,
non avrai mai più buio,
solo dolci domani.







Domani?

Rimembranze dal colore dei sogni
Ansimano innanzi ai vetri chiusi
Di una finestra orfana dall'alba al tramonto
Dei raggi freddi di un interno Sole.
Sento lo stridio del loro anelito
Vana speranza destinata a morire.
La ialina barriera ne frena le voci
Ma non la voglia malsana
Di permearmi i meati dell'anima
Già colma di grida violacee.
Ho già troppi ricordi dell'ombroso oggi
Per subire il ritorno di onte passate.
Chiudo gli occhi per non udirne i rantoli
Esterno un silenzio d'opaco velluto
A tacitarne gli assalti sempre più ferini.
Attendo dell'empia lotta gli esiti
Passiva allo scorrere dell'onda dell'essere
Subendo il riflusso sabbioso del tempo
Risacca dei mari deserti riarsi dal fuoco
Che oggi ricoprono rovine e domani
Traslati dal vento filiforme ed ignaro
Scopriranno vestigia di memorie corrotte.
Trascorrono lenti gli istanti. Hanno modo
Di portar via graffiando con foga rapace
E disumano sadismo le speranze covate.
Il tempo scopre le esangui spoglie di un cuore
Che assiste all'unica possibile agognata fine:
La vuota morte dell'anima.







POLVERE

Cammino: spettro ombrato non visto,
quale vetro sì sporco, eppur ialino,
in mezzo allo scansarsi della gente,
trafitta da sguardi che uccidono muti.
Reietta, infame reietta:
blasfema sembianza di gorghi remoti,
neppure la speme bramata mi resta
d'assaporar gocce di un altrui perdono.
Vagheggiando il desiato oblio m'avanzo
ingoiando polvere scartata dal tempo;
mi volto ma il passato è davanti
e già morto è il futuro di notti nere di buie stelle.







20 giugno

Non più il dolce sapore
di morbide mattutine rugiade,
non più nettari ambrati
pollini per api mielate,
non più il delicato soffio
del battito d'ali di farfalle gioiose:
di primvera è l'ultimo giorno.
Da domani i sadici strali,
abbagliati di mortale calore,
d'un sole che tutto riarde
di vapori malsani di fuoco,
da domani in balia dell'inferno
i miei teneri stami e le dolci corolle
mute appassiranno.
Né saran mai bastanti
le lacrime calde del cielo,
nelle notti ammantate di stelle,
quando mosso a pietà,se mai ne provi,
del mio muto sabbioso lamento,
a frenare il ronzio accecante del fuoco
che la linfa vitale mi aspira,
i miei petali rosei ora sbianca,
le mie tenere foglie accartoccia,
la mia esile vita prosciuga
qual morbo nero maligno
rende a me sì marcite le vene.
L'umida morte, soffocante signora,
regina dai mille e più volti,
sarà pronta con falce tagliente
a coglier l'ultimo piccolo petalo
d'un fiore ormai spento,
d'una vita già grigia sfiorita,
che ha danzato per breve stagione,
inebriata di dolci profumi,
ammantata di albe rosate:
la stagione che con me oggi muore.
E' l'ultimo giorno di primavera!
E 26 anni sono sì troppi per crescere ancora,
ma fors'anche son pochi per il di già morire.







Amico perduto?

Il dolore di parole non dette
Lacrime amare di sorrisi perduti
Ferite ora aperte da non sai neppur cosa
E il dubbio, sovrano tormento dei sogni smarriti.
Rivolgo a me stessa uno sguardo silente
Ripeto al mio cuore di cercare l'errore
Cerco invano quell'onda che mi porti lontano
Lì dove impera l'oracolo che l'incognito svela.
Ma resto muta sull'umida spiaggia
In balia della calma del vento e del mare
Con gli occhi bagnati di salsi pensieri
E' lontano il limitar del mondo
E' lontano il conoscere i cuori
E' vicino solo un'amaro tormento.