"Un’altra notte senza sonno né sogni: attesa infinita di un’alba defloratrice dell’oscurità. È in notti come queste che mi ritrovo a pensare, che lascio inerme me stessa allo scorrere violento di idee, pensieri ed emozioni, le quali a volte riescono a diventar materia, a divenire forme o parole. Se riesco le afferro mentre cercano spazi di fuga verso luci lontane; spesso diviene vano, invece, il mio stringere pugni che restano pieni di aria viziata e sterile, quale acqua che scorre veloce tra rocce di torrenti stagionali d’alta montagna.

Allorché la luce del mattino si fa strada attraverso le tenebre della natura e del mio spirito, tutto, come malsana nebbia, si dissolve lentamente, ma restano gocce di rugiada grigia stagnante sui miei occhi: lacrime di pianti remoti, o di pianti futuri, chissà.

Novella Proust: lui alla ricerca del suo tempo perduto, tentativo felice e riuscito nello sfociare in un nuovo tempo seppur ritrovato; io alla ricerca di cosa? Degli amori non dati, forse, o degli amori che avrei voluto ricevere, bramati e desiati come acqua da chi percorre le strade della vita attraverso deserti sabbiosi infuocati da un sole sadico inquisitore di orizzonti infiniti. Il limitare del mondo diviene tremolante, informe e confuso, reso irreale dalla violenza dei raggi: non posso scoprirlo da distanze neppur brevi, ma solamente un passo alla volta, passo che si trascina dopo passo e di sotto di una volta opprimente di luce abbagliante che acceca i pensieri ed inebria la mente di miraggi destinati al solo svanire. E mentre cammino alla ricerca della carezza dolceamara dell’ombra di una duna solitaria mi volto e non scorgo più le mie impronte: furono solamente segni di attimi, che svanirono nello stesso istante della loro fuggente creazione. Cosa lascio alle spalle allora? Null’altro che ciò che mi trovo davanti: il nulla. E bivaccando tra un passo e gli altri di questo cammino senza passato che non sia quale il futuro, lascio temporanee ceneri vittime sacrificali delle sabbie, dei venti, del sole e delle fasi lunari; fossero almeno ceneri quali d’araba fenice destinata, paragone esagerato forse, novello Tantalo, ad un supplizio di rinascita senza fine, ad un ciclo corrotto da sé ma incorruttibile al tempo; no, non è questo che accade, non è siffatta reliquia che abbandono alle spalle: lascio vuote vestigia già intaccate d’oblio, mentre avanzo nel nulla senza fine, né scopo, né meta."

Ecco, mammaChiara, queste cose le ho scritte stanotte dopo quei versi malsani, che mi hanno congiunta per un attimo, capperi mi sa che qui sto un pochino esagerando, all’amico poeta delle tenebre maledette, al mio Baudelaire.

Forse alla mia età, ancora giovane per molti, dovrei abbandonare per un po’ di tempo la serietà compassata dei miei vati: Baudelaire, Leopardi, Fabrizio, Saffo, Dante, Verlaine, Mallarmè, Lorca e così via, pensando a gioire dell’oggi invece che rivivere con loro dolori passati, ma sempre attuali. Dovrei, forse, invece che immergermi nello studio di contorti pensieri aristotelici o schopenhaueriani buttarmi a capofitto in un prato fiorito e lasciarmi accarezzare dai colori e dagli aromi della primavera inoltrata. Dovrei riscoprire i miei 26 anni e non già rendermi vecchia; lasciare in pace il mio cervello forse un po’ sovraccarico di pesanti concetti ed abbracciare il rosa del mondo, pensando solamente ad amare, ridere e gioire, gioire della presenza accanto a me della creatura che rifulge contemporaneamente della luce del sole e delle stelle: di Gabriella. Tu sai, mammaChiara, quanto io la amo, sai che davvero darei la mia vita per lei, darei un giorno, un mese, un anno di vita per un suo solo sorriso. Non vedo l’ora, credimi, che finiscano sia per me che per lei le lezioni in modo da avere la possibilità di viverla di più, di stare più tempo possibile con lei, di farmi trasmettere ancora di più luce, dolcezza ed amore, e di inondare lei con tutto il mio cuore. Anche se entrambe avremo da studiare l’importante è averci davanti, alzare gli occhi da un libro di testo per incontrare lo sguardo abbagliante d’amore dell’altra. Poco importano le piccole e sciocche liti che scappano veloci nello scoccare di un lampo: sono vita, sono episodi, sono avvenimenti normali tra persone che si amano e che vivono insieme.

Non so se tutto quello che sto scrivendo abbia un senso od un filo logico, ma di una cosa mi sto rendendo conto, mammaChiara, di una cosa importante: sento un immenso e smisurato bisogno di dare e ricevere amore; vorrei, sogno chimerico irrealizzabile, recarmi con Lilla alla mitologica fonte di Salmace (quella della canzone, tra l’altro, LOL!) e toccare quell’acqua con lei in modo da diventare noi due un unico essere. Più realisticamente vorrei prendere qualche giorno di pausa dalla frenesia di tutti i giorni (vedremo se e quando sarà possibile) ed andare da qualche parte con Lilla, senza bisogno di chissà quali centinaia di chilometri, e vivere unicamente del nostro amore, solo d’amore, solo d’amore.

Ti mando un bacio dolce mammaChiara: ti voglio bene!

Tua Chicca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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