Imperiale olim Tartaro

 

 

Lo stemma della Famiglia Imperiale che campeggia sulla facciata del palazzo di Campetto a Genova.

 

Nel XII secolo, Giovanni «il Tartaro», avvalendosi dei commerci esercitati dai genovesi nelle loro colonie di Caffa (oggi Feodosija) e Tana, città poste sulle rive del Mar Nero, si sia trasferito da quei luoghi a Genova, dando avvio al Casato dei «TARTARO».

    Già nel XIII secolo, segnato nella città ligure da profonde discordie civili, i diretti discendenti di Giovanni furono chiamati a far parte degli «Otto Nobili», massima autorità dell’epoca della locale Repubblica, affermandosi alle più alte cariche e sottolineando in essa la loro personalità ed il loro elevato senso di dignità.

    Le cronache riferiscono che nel 1188 Ospinello Tartaro, figlio di Oberto e nipote di Giovanni, con altri compatrioti, firmò la pace alla conclusione delle ostilità sorte tra Genova e Pisa per il predominio sulla Sardegna;  e nel 1225 suo fratello Opicino o Opizzino, console della Repubblica di Genova nel 1202 e, nel 1225, ambasciatore ad Asti per condurre una trattativa commerciale con Tommaso I conte di Savoia[1].  Nel 1270 Lanfranco Tartaro, fu «sindaco» per l'osservanza della tregua tra Genova, Firenze e Pisa a nome di Guglielmo Pusterla, podestà di Genova; nel 1294 fu armatore della flotta di Filippo IV il Bello, re di Francia, per la guerra contro gli inglesi e, nel 1301, ammiraglio di una crociata in Terra Santa promossa da Bonifacio VIII e dalle nobili dame genovesi.

 

 

Villa Imperiale di San Fruttuoso a Genova.

 

   Nel 1298 Gavino Tartaro, figlio di Simone, prese parte alla vittoriosa battaglia contro i veneziani, spingendosi arditamente, con sei galee genovesi, fin sotto Venezia. Fu, inoltre, Vicario della Repubblica di Genova a Costantinopoli e nei paesi litoranei del Mar Nero nel 1300; autore degli statuti di Pera, componente degli «Otto Sapienti» del Comune di Genova nel 1302 e Podestà di Albenga nel 1303. E proprio a Gavino si vuole far derivare il mutamento del cognome del Casato, dovuto ad un privilegio dell'imperatore di Costantinopoli Andronico Paleologo II, il quale concesse ai «Tartaro» di  denominarsi «Imperiale» premiando il contributo profuso da Gavino Tartaro Imperiale, considerato un navigatore risoluto, per aver promosso i traffici commerciali fra Genova e l'Oriente nonché della conseguente prosperità economica del suo impero[2].

    Nel 1528 la Casa Imperiale fu una delle ventotto famiglie che in Genova costituirono gli «Alberghi»[3], nei quali venne ristretta ogni autorità di governo; nel «Capo Albergo Tartaro-Imperiale» confluirono, tra le altre, anche le famiglie de Vineis, Fassa, Ioardi, Mangiavacche, Passio, Pignataro e Terrile.

    Nel 1378 la famiglia Imperiale tenne la Signoria dell'isola di Corsica; godette di nobiltà anche a Milano, Vicenza e Napoli, dove il 4 gennaio 1743 fu ascritta al libro d’oro del Seggio di Capuana[4]. Vestì l’abito di Malta dal 1608 e venne insignita del Toson d’Oro[5], del Real Ordine di San Gennaro[6] e del Grandato di Spagna di I classe. Venne, inoltre, fregiata dei titoli di principe di Francavilla nel 1639, di principe di Sant’Angelo dei Lombardi nel 1718, di marchese di Oria nel 1575 e di marchese di Latiano nel 1668.   

    Essa occupò, inoltre, i maggiori uffici nella Real Corte Borbonica: di Maggiordomo Maggiore dal 1753 al 1759, di Capitano Delle Reali Guardie del Corpo dal 1775 al 1782 e di Cavallerizzo Maggiore dal 1855 al 1860[7]. 

 

Porzia Imperiale (1586-1639) di Francavilla, figlia di Andrea e moglie di Bartolomeo Imperiale quondam Orazio, e la figlia Francesca Maria, in un dipinto del 1628 di Anthony van Dyck.

 

     Ma oltre a partecipare alle imprese politiche ed economiche della Repubblica di Genova, la famiglia Imperiale fece sentire la sua presenza anche in campo ecclesiastico, in quanto alcuni dei suoi membri vestirono l'abito talare: nel 1439  troviamo Giacomo, abate del monastero di Santo Stefano in Genova e Arcivescovo della città ligure; Michele, figlio di Giovan Carlo, fu Vescovo di Aleria, in Corsica nel 1653.

Lorenzo (1612-1673), nel ritratto a sinistra, figlio del Marchese di Oria e Signore di Francavilla, Michele, creato Cardinale di Santa Romana Chiesa il 19 febbraio 1652. Molti gli incarichi ricoperti dal cardinal Lorenzo Imperiale: Tesoriere Generale della Camera Apostolica, Vice Legato di Bologna, Membro del Sant'Uffizio, Governatore della Marca di Ancona e Governatore di Roma nel 1653. Nel 1648, su ordine di papa Innocenzo, si recò a Fermo per dirigere il processo relativo all'assassinio del Governatore, monsignor Uberto Visconti, seguito a disordini causati dalla carestia, al termine del quale egli decretò la condanna a morte dei priori della città, di dodici nobili e di sei popolani.

Un altro porporato fu Giuseppe Renato (1651-1737), nel ritratto a destra, creato Cardinale di Santa Romana Chiesa il 13 febbraio 1690 al quale, nel conclave apertosi, dopo la morte di Innocenzo XI, nel marzo del 1730, che eleggerà Clemente XII, gli mancò un solo voto per essere eletto al Soglio Pontificio: pesò sulla mancata elezione a Papa dell'Imperiale il veto della Spagna. Infine Cosimo (1685-1764), nel ritratto in basso a sinistra, figlio di Ambrogio, creato Cardinale di Santa Romana Chiesa il 26 novembre 1753. Fu Legato delle Marche nel 1739; due anni dopo venne chiamato a Roma e nominato chierico della Camera Apostolica da papa Benedetto XIV e nel 1747 fu Governatore di Roma.  

  Oltre alle dignità religiose, componenti la famiglia Imperiale hanno ricoperto la carica di Doge della Repubblica di Genova: Gian Giacomo (1550-1622), figlio di Vincenzo e Franceschetta Spinola, dal 1617 al 1619; Francesco Maria (che per eredità portava anche il cognome Lercari)[8] dal 1683 al 1685; Francesco Maria II di Sant’Angelo nel biennio 1711-1713 e infine Ambrogio (1649-1730), figlio di Federico e Genova Argentina Lomellini, dal 1719 al 1721[9].

    Il ramo degli Imperiale di Sant’Angelo ebbe origine il 4 aprile del 1631 quando il dottor Giuseppe Battimello, per persona da nominare, acquistò per 108.750 ducati lo «Stato di Sant’Angelo» nel principato Ultra del Regno di Napoli[10].

    Il Battimello fece questa compera ad istanza e contemplazione di Gian Vincenzo Imperiale di Genova, il quale si indusse ad acquistare le città di Sant’Angelo e Nusco e le terre[11] di Lioni, Andretta e Carbonara (oggi Aquilonia) in quanto il permutar mobili in stabili non gli pareva contrario alla regola economica[12].

    Primo ed unico maschio degli otto figli del doge Gian Giacomo e Bianca Spinola, Gian Vincenzo nacque a Sampierdarena sul finir della primavera del 1582. Esperto studioso di lettere italiane e latine, viaggiò molto descrivendo undici viaggi. Fu ambasciatore presso Filippo III di Spagna, la Corte Pontificia e il Viceré di Napoli, senatore di Genova e commissario d’armi.

    Divenuto proprietario di un possedimento su cui gravavano liti e crediti ipotecari, l’amministrazione del feudo fu curata dal dottor Landolfo De Aquino che, alla sua morte, ne trasmise il possesso al figlio Luigi, il quale, nel 1665, procedette alla liquidazione del relevio[13].

 

Facciata e ingresso del palazzo Imperiale di Campetto a Genova.

 

    La morte di Gian Vincenzo, spentosi dopo una lunga malattia il 21 giugno 1648, provocò delle liti in famiglia, in quanto egli aveva prescritto con un suo biglietto autografo di riconoscere per successore nello stato di Sant’Angelo il figlio secondogenito Giovan Battista[14], ma il testamento venne impugnato dal figlio maggiore Francesco Maria, perché contrario alle leggi feudali di Napoli, che prevedevano la successione in via primogenita.

    Dopo una transazione fra le parti, la questione si definì a favore di Francesco Maria giovane ambizioso ed arrivista, poco incline agli amori fraterni e al rispetto dell’autorità paterna[15]. Deceduto questi il 1° agosto 1678, ed avendo avuto il primogenito Gian Giacomo premorto, la successione del feudo di Sant’Angelo si aprì a favore del figlio di costui, che portava lo stesso nome del nonno, Francesco Maria II.

    Per curare la buona missione della proprietà e per fronteggiare il dilagare del brigantaggio, il nuovo feudatario inviò a Sant’Angelo il fratello Enrico. Ma a causa dei rilevanti incarichi politici ricoperti a Genova, (fu infatti senatore perpetuo e, come abbiamo già visto, Doge dal 17 settembre 1711 al 22 settembre 1713),  Francesco Maria II, con il consenso del primogenito Gian Giacomo dell’8 aprile 1717, fu costretto ad assegnare il dominio napoletano al figlio Giulio.

    A Giulio, deceduto a Napoli il 7 dicembre 1738, successe il figlio Placido, al quale il 17 dicembre successivo venne spedita significatoria per il relevio e sua informazione per le entrate feudali dello stato di Sant’Angelo[16] ed il pagamento fu eseguito due anni dopo dai suoi tutori, la madre e don Agostino Saluzzo, duca di Corigliano.

     Dopo circa mezzo secolo di illuminato governo a Placido, spentosi improvvisamente e senza aver testato, il 10 dicembre 1786,  subentrò il primogenito Giulio II, il quale venne dichiarato erede dei beni paterni il 15 dicembre 1786[17] e subito dopo  dovette affrontare una difficile e complessa vertenza con i fratelli  Domenico, Gaetano e Giuseppe per la divisione dei beni burgensatici del padre, morto senza aver fatto testamento. La questione fu risolta grazie alla mediazione del presidente del Sacro Regio Consiglio, il marchese Cito, delegato da Ferdinando IV di Borbone e l’intesa fra i quattro fu consacrata in un atto del 19 febbraio 1798[18].

    Alla sua morte, avvenuta a Procida il2 maggio 1818, non avendo lasciato eredi maschi, il titolo di principe di Sant’Angelo passò alla figlia primogenita Maria Giulia, nata a Napoli il 29 luglio 1773 e sposata con il marchese di Salza, Francesco Maria Berio, e dopo di essa alla primogenita Carolina Berio, congiunta in matrimonio con Sebastiano Marulli, duca d’Ascoli[19].

    Mentre il nome degli Imperiale di Sant’Angelo venne continuato nel ramo cadetto dal marchese Domenico, fratello di Giulio, e da suo figlio Giuseppe, nato a Genova il 27 febbraio 1806 che, educato dal padre alle idee liberali, occupò, grazie alla fraterna amicizia con Giuseppe Mazzini, posizioni di rilievo nelle vicende del Risorgimento Italiano. Caduta la dinastia borbonica, Giuseppe venne eletto senatore del Regno d’Italia. È ricordato infine, da Giovanni  Ruffini nel suo «Lorenzo Benoni» con il nome di principe di Urbino.

 

 

Per avere maggiori informazioni sugli Imperiale consigliamo i seguenti siti:

www.sardimpex.com/anteprime/anteprimaimperiali.htm

www.iagi.info/rivistaNobilta/RECENSIONI/recensioni2000/recensioni00-02.htm

www.palazzoimperiale.it/

ww1.zenazone.it/parchi_ville_e_giardini/villa_imperiale

 

I ritratti dei cardinali Lorenzo, Giuseppe Renato e Cosimo Imperiali sono tratti dal sito web www.araldicavaticana.com

 

 

   

Note:
 

[1] - G. D. Oltrona Visconti: Per la genealogia della famiglia Tartaro poi Imperiale (secc. XIII-XV), in «Bollettino Ligustico» XXVIII 7/4, Genova 1976, pag. 3. (Torna su)

[2] - Ibidem, pag. 9. (Torna su)

[3] - «L’albergo dei nobili» fu una tipica istituzione medioevale genovese, consistente in una aggregazione di più famiglie che abbandonavano il proprio cognome assumendone uno comune, quello della Casata più importante. Voluto dal doge Andrea Doria, sia per realizzare l’unione della nobiltà che per ostacolare lo sviluppo della democrazia cittadina. Venne abolito nel 1576. (Torna su)

[4] - Così denominato perché situato nei pressi di Porta Capuana. Ai suoi uffizi erano addette le famiglie più nobili, avendo il voto nei pubblici affari e nell’elezione di coloro che, col titolo di Eletti, governa-vano l’annona. Questa istituzione fu fondata nel 1453. (Torna su)

[5] - Ordine cavalleresco, istituito nel 1429 dal duca di Borgogna, Filippo il Buono, concesso unicamente a sovrani e ad esponenti dell’alta nobiltà e destinato ad assicurare la diffusione ed il prestigio della fede cattolica. (Torna su)

[6] - Ordine istituito il 3 luglio 1738 da re Carlo III di Borbone in occasione del suo matrimonio con Maria Amalia Walburga, nominandosi egli stesso Capo e Gran Maestro. (Torna su)

[7] - Cfr. V. Spreti: Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana - A. Forni Editore, Sala Bolognese (BO) 1969, Vol. III, pag. 677. (Torna su)

[8] - Altro ramo, estinto, degli Imperiale. Da non confondere con i due Francesco Maria del ramo di Sant’Angelo. Doge in carica, a seguito del bombardamento subito da Genova nel 1684, dovette recarsi in missione a Versailles, dal Re di Francia, il quale pretendeva che: la Repubblica di Genova restasse neutrale; si congedasse dalla città il presidio spagnolo e che la Repubblica contribuisse al restauro degli edifici religiosi rimasti danneggiati durante il bombardamento. (Torna su)

 

[9] - G. D. Oltrona Visconti: Imperialis Familia, Piacenza 1999, pp. 41-42, 43-44, 55-56, 59-60.

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[10] - Cfr. C. Nardi: Gian Vincenzo Imperiale e il suo soggiorno napoletano. Un genovese a Napoli nel ‘600, in «Bollettino Ligustico» N° 3, Genova 1969, pag. 130. (Torna su)

[11] - Leggasi «paesi». (Torna su)

[12] - Cfr. C. Nardi: op. cit., pag. 131. (Torna su)

[13] - Tassa che l’erede del defunto feudatario, al quale era concesso l’utile dominio a vita, pagava al fisco per rinnovare l’investitura feudale (ad relevandum feudum) e quindi continuare il possesso dei domini. (Torna su)

[14] - Cfr. C. Nardi: op. cit., pag. 132. (Torna su)

[15] - R. Martinoni: Gian Vincenzo Imperiale. Politico, letterato e collezionista genovese del Seicento, Editrice Antenore, Padova 1983, pag. 78. (Torna su)

[16] - F. Scandone: L’Alta Valle dell’Ofanto, Tipografia Pergola, Avellino 1957, Vol. I, pag. 337, doc. 673. (Torna su)

[17] - Cfr. F. Scandone: op. cit., pag. 77. (Torna su)

[18] - Cfr. F. Barra: Gli Imperiale di Sant’Angelo tra riforme e rivoluzioni (1718 - 1818), in «Civiltà Altirpina», fasc. 4, pag. 25. (Torna su)

[19] - E. Ricca: La Nobiltà delle Due Sicilie, A. Forni Editore, Sala Bolognese (BO) 1979, Copia anastatica dell’edizione di Napoli del 1859-1879, Vol. IV, pag. 342. (Torna su)