"In cerca di"... che cosa?

 

Il più grande difetto di questo romanzo è una ripetizione: il titolo (In cerca di) e il nick name del protagonista (Quaero) sono uguali. O meglio esprimono in due lingue diverse l'identico concetto : cercare.

Se ne sarà accorto l'autore?

E soprattutto se ne sono accorti quelli che si accingono a leggerlo con la speranza incoffessata di trovare risposte o con la cinica attesa di una morale o di una filosofia da sminuire, sberleffare, distruggere?

Sappiano che alla fine il protagonista non trova un bel niente. Gira per l'Europa con la tessera Interrail in tasca, conosce gente all'università e in viaggio, vede paesi ostelli volti nuovi, discute con suo "fratello" Akira ("Ok, non veri legami di sangue, i loro erano molto più forti") e con se stesso, si mette con Aurora, si innamora di Arianna; vuole risposte, ma gli restano troppe domande.

Non trova la pietra filosofale e neppure l'eredità di uno zio plurimiliardario. Non trova una ragazza perfetta che lo ama e neppure una da portarsi a letto senza impegno. Non trova la "città del sole" e neppure Roma senza traffico. Non trova la laurea nel cassetto e neppure un lavoretto estivo. Non trova una casa dove vivere da solo e neppure una mamma un po' meno invadente. Non trova un invito ad una festa in paradiso e neppure una Chiesa più credibile.

Soltanto scorge un cartello luminoso, sorretto dalle braccia di Akira ed Arianna. Ma non c'è scritto "benvenuto ad Utopia", bensì "strada"; e la freccia indica la direzione opposta a quella in cui era e non dice quanti chilometri mancano e quando si volta vede che è tutta in salita.

Questa salita è ciò che c'è di autobiografico nel romanzo di Paolo Papotti, che si firma Quaero su Internet come il protagonista. Una tripla ripetizione fuori e dentro il libro è imperdonabile!

 

"In cerca di" ha l'altrettanto grande difetto di essere scritto in una forma invisa anche al più distratto purista della lingua italiana. La prosa infatti è puramente emotiva (e abbiamo il diritto di sospettare che non abbia nulla di costruito), è frammentaria, zeppa di neologismi informatici, sorretta da una punteggiatura scoordinata e arbitraria (valga per tutto l'uso incondizionato di puntini di sospensione). Insegue, veloce e rockeggiante, il "parlato" giovanile di una periferia romana. Giunge ad essere "sgrammaticata" quanto certi romanzi popolareggianti di Verga, che Luigi Capuana dovette difendere davanti a manzoniani e classicisti in nome del naturalismo italiano.

E' una scrittura giovanile, contemporanea che infastidisce qualunque lettore adulto, il quale però continua a leggere, attratto da personaggi incomprensibili quanto i propri figli, da paesaggi nordici che ravvivano morenti fiammelle di spiritualità, dalla curiosità, per metà cinica e per metà buonista, per quello che ha da comunicare un ventenne.

 

L'elenco dei difetti di "In cerca di" potrebbe continuare a lungo; e i malfidati che volessero a tutti i costi trovargli dei pregi farebbero meglio a lasciar perdere critici e recensioni e a leggere questo romanzo, a patto che tengano a mente gli scarponi della quarta di copertina e soprattutto abbiano l'umiltà di essere in cerca di

recensione di A.C.

 

Prefazione del romanzo

Primo capitolo del romanzo

 

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