INEDITI POESIA

ANNABRUNA GIGLIOTTI

 

Vivo a Brescia da ormai 17 anni dove insegno lettere presso un'istituto superiore. Nasco in Calabria (più precisamente a Serra S.Bruno) l'1 Maggio del 1951; Mi sono laureata presso la facoltà di lettere moderne dell'Università di Napoli; proprio in quegli anni ho iniziato a coltivare una grossa passione per la lettura e per la scrittura. Solo oggi, un po' per la mia pigrizia patologica e un po' per la diffidenza verso gli altri, mi son decisa a cercare case editrici interessate a pubblicare i miei racconti e le mie poesie.

 

DA:"le sedici facce della luna"

 

DONNA DI SERPE

 

Era arrivato finalmente il tempo della partenza per la "casa felice", come la chiamava Sara, e, per accelerare il momento, aiutava la madre a riempire le grandi valigie che si usavano solo in quella occasione.
Le sembrava che tutta la casa potesse essere racchiusa tra quelle cinghia serrate e continuava a portare, canticchiando, tutte le cose che in fretta poggiava sul grande letto, pronta a cercarne delle altre.
Per ultime spingeva le ciabatte rosa in un angolo della valigia rimasto vuoto, sfilandole dai piedi che rimanevano stupiti a saggiare la fredda superficie del pavimento.
Le persone amiche erano giunte per i saluti e lei fingeva un visetto triste, tradito da grandi occhi luccicanti, mandava baci con le piccole mani e promesse di messaggi scritti sulle cartoline più belle e, stretta tra le braccia della nonna, veniva quasi sollevata per essere poggiata, come una principessa, sul sedile dell'auto del padre in attesa impaziente.
"TORNA PRESTO, TI ASPETTERO'!"
"TORNERO' PRESTO, ASPETTATEMI!"
Erano le ultime parole urlate dal finestrino dell'auto già in moto, all'amica giunta in ritardo senza fiato, dopo una corsa veloce.
Chiudeva allora gli occhi e dormiva senza sogni, con la percezione lucida delle cose e li riapriva solo all'arrivo, rifiutando nel viaggio biscotti e panini dolci che la sorella, con scossette delicate, cercava di passarle per farla complice della sua fame senza limiti.
"L'aria fine", come diceva suo padre, la salutava e la casa felice spalancava le porte al suo passare, come bocche ridenti che lei apostrofava con un "apriti sesamo", correndo ad aprire gli occhi delle finestre polverose sui boschi umidi appena soleggiati.
Era settembre.
Un settembre allora senza libri, senza scuola, un settembre dolce e malinconico, pieno di quel languore di fine estate che le faceva indossare un leggero golfino di lana dietro le parole insistenti della madre e che lei, lontanta dalla sua vista, toglieva in fretta sospendendolo ad un ramo per sentire sulla pelle i baci freschi dell'aria settembrina.
"Oggi fingeremo di perderci nel bosco", annunciava la sorella che, stando al gioco, riempiva la sacchetta di tela a quadretti con pezzi di pane che, diceva, le sarebbero serviti per ritrovare la strada ma che avrebbero avuto una diversa sorte ancor prima dell'inizio del cammino.
"Cercherò la serpe!", le diceva, emettendo un sibiloche spaventava l'altra e, muovendo la lingua rosa, le si avvicinava per abbracciarla in spire soffocanti.
"Mamma!", urlava la piccola compagna spaventata, ma poi, ridendo rassicurata, con gli occhi ancora bagnati la seguiva ubbidiente lungo il viaggio.
Sibillavano le piccole foglie al loro passaggio, abbracciate ai rami, lasciando che rotonde gocce d'acqua scivolassero, solleticando la loro pelle trasparente, sibillavano i petali mentre si aprivano alla luce come un richiamo alle carezze di ali sottili;sibillavano i respiri del bosco accelerando i loro passi.
"Guarda le bacche!", diceva Sara in un sussurro, "Sono il pane della serpe".
E l'altra si meravigliava che la natura avesse così privilegiato quella creatura, regalandole pane senza fatica.
"E' come la manna!", diceva stupita, "allora Dio l'ama!".
Sara annuiva ridendo e, staccando i rossi frutti, fingeva di masticarli davanti agli occhi increduli della sorella che preferiva, per consolarsi, staccare piccoli pezzi di pane odoroso con cui riempirsi la bocca.
Il piacere della caccia aveva breve durata, il tempo che si fermava nel bosco, correva veloce sul quadrante dell'orologio e uno sguardo caduto lì per caso la riportava alla realtà quando, urlando con tutta la voce, Sara rompeva il silenzio con un "Ti troverò piccola serpe!", e la mano stretta in quell'altra, correva sulla strada del ritorno.
Gli anni furono scanditi dall'ansia della ricerca e spesso, lontana dalla casa felice, Sara si ritrovava a fantasticare sulla piccola amica sconosciuta; cercava raggiungimenti telepatici, concentrandosi su una piccola testa inquita e cercando passaggi tra due pupille strette: finestre chiuse su mondi ancestrali.
Per lei era prorpio il sibilo l'antico richiamo che accumunava tutte le cose e la serpe dalla lucida pelle umida era la creatura più perfetta, col corpo capace di mille carezze inquitanti.
Nel suo chiudersi in spirali in una immobilità incantata c'era tutto il disegno dell'universo:
le stelle dei piccoli occhi freddi, il dilatarsi dell'infinito in tutta la sua lunghezza, il collassamento improvviso del suo corpo che potresti chiudere in una mano, le mille spirali di galassie punteggiate.
Lei le rispondeva nel sonno quando le braccia abbandonate sul lenzuolo si coprovano di piccole squamette invisibili; le mani allora aprivano scchi freddi e immobili e il cammino strisciante del suo corpo si faceva sinuoso.
Si allungavano in lente onde, lasciando umori umidi fino alla gola bianca dove il respiro si faceva affannosa paura; il risveglio improvviso, poi, la lasciava stremata e senza respiro.
Le tornavano poco dopo la coscienza nitida delle cose e un desiderio infinito di viscide carezze.
Un sentore lucido e attento ai richiami del mondo la prendeva e is scopriva, a volte, acciambellata nel suo corpo con i piedi allungati come piccole codine appuntite.
Cercava allora spazi assolati dove riscaldare un corpo scosso da brividi e quando il calore le ridava l'aspetto antico, cercava sui libri di scuola immagini di costellazioni in cui riconoscersi, sicura della sua natura stellare.
La casa felice l'accolse ancora, come ogni anno, sorridendole complice con mille finestre aperte sul bosco e lei, donna di serpe, decise di abitarla per sempre, cercando tra le lenzuola l'abbraccio della piccola compagna nascosta che, come ogni notte, continuava a scivolare sulla pelle fino al cuore.
Lì si acciambellava in spirali perfette per dilatarsi poi di nuovo, come l'Infinito in tutta la sua lunghezza, col lucido corpo punteggiato di galassie accese.

 

 

dopo una lunga attesa,finalmente,il mio libro "Le sedici facce della luna"è stato pubblicato dalla casa editrice "Antitesi";

l'indirizzo del sito sul quale, chiunque fosse interessato, può vedere ed eventualmente ordinare una copia (il costo a consegna è di lire 10.000 e le spese di spedizione sono a carico dell'editore).

http://utenti.tripod.it/superantitesi/annabruna.html

 


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