INEDITI

JURIJ PRESTIJACONO

POESIA

Mi chiamo jurij prestijacopo, ho 23 anni, studio lettere a roma dove sono nato e vivo.

 

UNA SERATA AMARA

 

Una serata amara, di gusto scialbo, l'aria fredda e l'animo incriccato. Il piumino non mi protegge, da quando sono fuori casa sento la terra trascinarmi in giro e lascio il piede sull'acceleratore, supero semafori arancioni e procedo a tentoni verso appuntamenti improbabili.
Non avverto lo spazio intorno e lascio la testa in folle.
Folle appaio al mio arrivo a casa di Freddy, porto con me la solita boccia di rosso e mangio di gusto, ascoltando molto, ma intervenendo poco, come fossi davanti alla TV. Sorrido, ma con discrezione, gestisco il mio carattere con malumore ma riesco indubbiamente a cavarmela da signore. Dico di sì quando devo e tracanno senza fine, sento gli occhi inumidirsi quando accendo la sigaretta e per fortuna in quell'istante c'è un silenzio tale da riuscire a sentire il rumore della carta che brucia quando aspiro.
La testa inizia ad ovattarsi e io mi sento gonfio come un otre. Comunque tutto resta regolare, gestibile.
Converso con un paio di visi noti, di musiche già sentite, navigo per un pò nei loro intellettualismi musicali, nei loro snobbismi. Ascolto conversazioni bene impostate, parole ordinate che disegnano profili precisi di idee ben logicamente identificabili. La cosa per un pò culla la mia apatia ma poi la staticità mi an noia e allora inizio a cercare un orologio.
Cerco un'ora che mi sia da appiglio per la fuga. Inizio in incognita a cercare la svolta buona per prendere l'uscita ma tutti mi sembrano semplicemente tranquilli, autoimmedesimati nel ruolo che hanno scelto: conversatori amichevoli, come in un film di Muccino, rappresentano ciò che è giusto fare e allora via a socializzare, a comunicare, a ridere sotto la spinta del mio rosso. Lo so bene che il mio rosso è sensazionale, uno perchè è mio e poi perchè un Chianti da 15 bombe a bottiglia deve essere per forza non male. Ok mi rassegno e mi accascio per un altro pò davanti alla tv accesa ma senza audio, riesco a farmi ipnotizzare dai colori luminescenti.

Dopo un pò mi arriva una gomitata sul braccio che mi fa svegliare di soprassalto. Oh cazzo! Mi sono addormentato sul divano, al centro del salotto della casa della confidenza, dove i miei amici e legati consumavano una piacevole serata, io abbracciavo Orfeo e ora sveglio di soprassalto vedo tutti pronti ad uscire, sghignazzanti, guardarmi spendendo due battute di merda ciascheduno.
- Ehi ma cosa è capodanno?- si esce tutti insieme vai!!!!!!!!!!!- sempre meglio l'andazzo.

Sono in crisi coniugale da un pò . Da troppo in realtà e sono stanco. Mi rovino la salute cercando di spiegarmi i miei sentimenti e non riesco. Allora come nei film bevo un pò di più e fumo nervosamente, ma uscire di fila tutte le sere a volte fa bene a volte fa male. Dipende dalla compagnia che si sceglie, dipende dalla passione che ci si mette, dipende da quanto la mia metereopatia mi consenta di trovare svago e distrazione in quello che faccio, che incontro sul mio cammino. Stasera sono troppo stanco però per cercare che sia meglio, per pensare a ciò che non mi piace e a ciò che dovrei fare per correre ai ripari. Nell'amore come nella mia vita non so cosa voglio, non riesco neanche ad avere il desiderio di capire cosa desidero, cosa mi farebbe sentire meglio. Nell'andazzo della serata tutto ciò si traduce in un tracollo emotivo senza paragoni. Non parlo, non sorrido, osservo soltanto e cammino trascinato da un luogo all'altro.

Così mi ritrovo sbattuto sul retro di una macchina mediamente grande, mediamente lussuosa, mediamente andante nel traffico convulso di questa sera. Domando quasi ripreso da un barlume di lucidità dove ci stiamo dirigendo, e ovviamente ottengo la risposta che mi aspettavo. Tutti insieme in un bel pub capiente di venerdì sera.

Lasciarsi andare e basta era il mio proposito, ma lì non si poteva, in un ambiente troppo fumoso anch e per me, con tutta quella gente ad osservarmi, con tutti quei baristi isterici che deambulano nervosi tra i tavoli, con me che asociale desidero solo un altro posto per placare la mia crescente irrequietezza.
Inizio disperato a cercare tra gli altri occhi fidati..... ............ ............... ............................ .... .................. .............................. ................... .................. .................... ....................... li trovo, nascosti dalla frangetta. Freddy per fortuna tu. Lo sapevo che solo tu... ... Ora va meglio, mi sento rassicurato. Iniziamo telepaticamente a comunicarci le solite ipocrite difficoltà del congedo. Poi ci riusciamo in tre a salutare, accampando mezze frasi sconnesse: " poi magari più tardi... ..."; "si certo dopo... ... "; " sicuramente dopo allora... ... "

Sono sollevato, mi sento meglio.
Buttato di nuovo nel retro di un'altra macchina penso a me, penso agli altri, penso che non me ne frega nulla solo perchè me lo stò imponendo e ciò non mi rende per niente felice, non mi fa sentire appagato nè soddisfatto.
Però ora sto finalmente a Trastevere, casa mia, che passeggio risvegliato dalla carezza del nostro tiepido freddo e posso dirmi veramente sollevato, tra quello scenario umano. Respiro aria come dopo un'apnea e ne sono magicamente sorpreso. Propongo un brindisino e gli altri mi seguono, delicati favoriscono il mio invito a passeggiare ed insieme andavamo così ad assaporare l' aria freschetta di quella notte capitolina.
Miglior momento non avrebbe potuto scegliere per apparire, nel centro di quella notte, il fantasma magnifico che mi si pose davanti agli occhi distratti. Derivavo.
Incerto per secondi lunghissimi lasciavo il mio inebetimento offuscare la comprensione di cosa stesse accadendo e per un paio di volte oscillai la testa come per cercare conforto nei miei amici.
Vano.
Passeggiava con me, davanti a me, insieme a me oscillava e rallentava, mi cullava nell'andatura migliore per godere: la mia.
Non volevo sapere cosa stavo vivendo e lasciavo il pilota automatico condurmi, occupato come ero nel metafisico non desideravo disturbo.
I caratteri dolci erano inpercepibili, i colori rassicur anti, il fascino conturbante e rapinatore, lo stile ridondante e sconvolgente trascinava con se regalando distrazione, i suoni aritmati erano cullanti e conturbanti, confondevano i sensi infondendo rilassamento e anche spossamento.
Da subito infatti mi salì un morso prima alla gola e poi allo stomaco, la debolezza mi dava tremore e precarietà che distoglieva da quel senso inebriante che mi trastullava, ma io testardo rimanevo aggrappato, facendo fatica però.
Vedevo la sua bocca muoversi senza recepire suono ma il movimento era ondivago e io rimanevo incollato con lo sguardo che esplorava forme circoscritte in uno spazio ridottissimo. Vedevo affascinato la punta del suo nasino muoversi tirato dal labbro superiore che instancabile continuava ad oscillare. Ero rapito. Come poteva un labbro trascinare con se in quella splendida danza un nasino così esile e delicato? Una farfallina gli si agitava sul volto ogni volta che apriva bocca, neanche il migliore dei fumettisti aveva mai illustrato nulla del genere, neanche un pittore, neanche il signore aveva mai regalato a questo mondo una meraviglia così sorprendente e naturale.
Inutile aggiungere che mi esplose dentro il frutto della confusione, non parlare non ascoltare amputava la mia forza di reazione, di analisi, trascinavo movimento e nulla più e il mio cervello mi seguiva forse stancamente. Sprazzi di lucidità iniziarono con la forza a crearsi spazio in me. A tratti avevo la sensazione di sentirmi meglio poi subito contraddetta dalla nausea crescente. Vedevo il colore scuro del mio Virgilio-fantasma predominare sugli altri colori circostanti e la confusione divenne sempre più feroce.
Confusione uguale sopravvento dell'irrazionale... ...mi piace ma poi mi dispiace di quello che posso fare.
Iniziai a soffrire quell'adorabile fantasmino, iniziai a parlare di freddo, di nausea, di fastidio, di insofferenza, di problemi, iniziai a trascinarmi impunito contro tutto quello che non mi andava, inizia a rompere i coglioni a tutti quelli che mi stavano intorno, inizia a riaprire gli occhi. Così il mio fantasma svanì, tra lo scherno degli amici, se ne è andato per sempre e io non so più, forse perchè non lo voglio sapere, forse perchè non lo ricordo neanche cosa voleva da me, cosa volevo da lui io e cosa avrebbe potuto essere di noi.

 

 

UN GIORNO TRISTE

 

 

Era più di un’ora che stavo seduto su quel cazzo di muretto, non riuscivo a fuggire via, non riuscivo a fregarmene, ero intellettualmente paralizzato e non solo.

Che bella mattinata! E’ sempre bella la mattina di un giorno qualsiasi, le preoccupazioni o le illusioni appartengono ai giorni importanti, quando si ha da fare qualcosa da imporre aspettative, tensioni , ansie, e non a quei bei giorni senza senso, che ne passano nella tua vita milioni e tutti importantissimi e pieni di particolari graffianti il destino.

Uscii bello tonico, insolitamente attivo e sveglio, il pretesto era andare all’università ma in realtà non ne avevo alcuna voglia, mi interessava soltanto fuggire da mio padre, che nella sua prepotente pensione mi soffocava ogni spazio. Fantasticavo sulla mia esigenza di staccarmi dalla famiglia, per prendere finalmente in mano la mia vita, ma era pura fantasia la mia e ne ero maledettamente cosciente per sorriderne.

Troppi costi e la fretta di terminare il corso di studio mi soffocavano a causa della mia insanabile inconcludenza e dell’incapacità di propormi un obiettivo preciso capace di garantirmi una prospettiva, proprio ciò che rifuggivo.

Mi sentivo nudo e scemo, mi sentivo un pezzo di carta bianca, mi sentivo insolitamente solo.

Ero stato capace in mezzo kilometro di motorino di rattristarmi così rapidamente da annulare ogni buon proposito per la giornata, mi fermai ad un bar e per la prima volta nella mia vita presi da bere alle 10 di mattina. Pensai che la nottata di boria precedente l’avevo conclusa con una sambuca e decisi di riiniziare. Arrestato il motorino di colpo entrai nel primo bar che trovai e dentro solo vecchiette che prendevano un litro e mezzo di cappuccino con un cornetto da sei kili in mano ciascheduna. Senza rendermene conto chiesi una maledetta sambuca e come avvicinai il bicchiere al labbro sentii il vomito. Decisi di sparare tutto giù di un colpo e scappai fuori.

Salito sul motorino ripresi la marcia verso l’università.

 

Mi girava un po’ la testa, ma soprattutto avevo una gran voglia di cacare, temevo che mi venisse il mal di pancia, ero troppo distante da casa e io riesco come si deve solo tra le mura amiche.

Incontrai un paio di facce da cazzo e non ricordo neanche se riuscii a strascicare un saluto, di sicuro rafforzai la mia voluta immagine di antipatico, di pulcettina che gioca a fare la tigre, poco male comunque, non me ne importava niente.

Decisi di passare all’azione drastica, mi accesi una sigaretta, o scappavo ad evacuare con un urgenza tale da farmene fregare del luogo in cui ero o ero ancora a prova di bomba. Mi scoprii così salvo.

Di colpo il pensiero di aver lasciato il motorino senza catena, una goccia di sudore freddo mi attraversò la schiena e ora stavo cacandomi sotto per davvero.

Corsi giù da matto, sbattevo contro la gente e me ne fregavo, poi…… salvo cazzo, sono salvo. La catena c’era e chissà perché questo svarione di non averla messa? Chissà?

Salii su di nuovo e la gente mi guardava sempre peggio e io cercavo di non accorgermene, fino a quando una ragazza venne lì a gridare non so cosa riguardo alle mie braccia che mentre correvo le avevo sbattuto sul viso e del rispetto …..che non ho capito e che non avrei avuto educazione e così a lungo ancora per molto. Io mi beccai tutto di un fiato senza batter ciglio, poi al suo cessare realizzato che mi aveva veramente fracassato le palle risposi:- scusi sono costernato ma era una questione gravissima che mi spingeva ad essere così irrispettoso, mi perdoni – e me ne andai rattristato senza più dire nulla, lasciando lei e quel suo capannello di amiche che subito si era formato, come sempre in caso di incidenti, con una faccia a metà tra l’incredulo e il sorpreso. Sapevo di averle fatte irritare con quel modo di congedarmi, d'altronde lo facevo apposta.

Tornato su ripresi quella pseudo conversazione che stavo trattenendo da prima e poi scelsi di fuggire via perché lo stomaco mi faceva di nuovo male e mi imbarazzava trovarmi in difficoltà in mezzo a gente che non conoscevo.

Uscii e salii sul motorino diretto verso casa della mia ragazza, sapevo che non c’era e non sapevo perché mi ci stavo dirigendo. Lei era occupata con questo nuovo lavoro che aveva trovato non appena finita l’università. Come nelle migliori famiglie subito dopo il 110 lo zio le aveva beccato un bel posto spacca culetti in non so quale azienda privata, di fatto lavorava otto-nove ore giornaliere e questo era sufficiente da sapere per me. Era da un bel po’ che le cose non andavano più tanto per la quale tra di noi, ma erano lustri che si cresceva insieme e io ancora assaporavo bei tempi del liceo, quando tenera e fragile mi guardava come il suo istruttore di vita e mi seguiva per tenersi aggiornata sulle evoluzioni del nostro microcosmo. Forse per nostalgia mi dirigevo verso casa sua invece che a casa di corsa, con la pancia che doleva sempre di più, volevo solo allungare forse, volevo rifugiarmi in un itinerario amico, riassaporare qualcosa grazie a strade, luoghi.

In realtà mi sentivo sempre peggio, con il freddo che attaccava le mie ossa e l’animo in tumulto, era un presentimento a funestarmi.

Giunto lì di fronte a quella casa, nel luogo del nostro primo bacio, nel luogo di mille momenti d’amore sincero, puro come alle origini, che vidi la sua macchina parcheggiata e sentii il cuore sobbalzare.

Suonai il citofono ma niente, telefonai e la sua voce tenue mi rispose- ciao, che sorpresa! Come mai al cellulare- io- dove sei?- lei- al lavoro- io – e come ci sei andata oggi- perché?- come ci sei andata voglio sapere- ma che è questo tono? Sei pazzo o cosa? Mi chiami e inizi a fare il matto ma che vuoi?- aveva mangiato la foglia, aveva capito tutto e anche io. Attaccai il telefono e una lacrima scolò decisa sul mio naso e poi giù fino sul collo fino ad essere assorbita dalla maglietta.

Salii di nuovo sul motorino e in un oceano di nostalgia e tremore mi recai nell’unico posto che potevo: il muretto. Il muretto della mia gioventù che non era più con me, il muretto della comitiva scolastica, il muretto che ancora portava i segni di quell’epoca che ora era ormai finita.

 

 

BREAKBEAT

 

Scrivo di istinti tribali: mille teste che rimbalzano nel buio squarciato da mille luci colorate mal assettate.

"We Will Be In Front Of God"- ripete il campione scampionato del DJ set in action ed io lì buttato contro un muro osservo facce, facce, solo facce e penso che è caldo ormai, la saletta che per tutto l’inverno mi ha fatto da tana proteggendo il mio letargo inizia a diventare una trappola dove solo i duri sanno giocare ed io di certo son tutto ma non un duro- decido:- "esco". Quando provo a muovermi una sensazione di dolore mi colpisce più nel cuore che nelle gambe, non riesco a dominarmi, non riesco a collegare i miei istinti razionali agli arti, non riesco, non riesco, non riesco a muovermi.

Son qui inchiodato, bloccato, angosciato, buttato addosso al muro con le gambe che non mi rispondono e la gente che rolla intorno, una delle casse è molto vicina, troppo e io non ho più voglia di ascoltare questa musica che non mi piace, non c’è niente di peggio di un DJ che vuole fare lo strano per forza, "ma che cazzo di musica è questa? Come si chiama? Come si classifica e soprattutto a che cazzo serve questa cassa techno retrò abbinata a sonorità di questo tipo? Questa è spazzatura, solo spazzatura"- dico, ma intanto nessuno mi ascolta, ci son solo quei quattro/cinque che con me dividono la mattonella di spazio in cui mi trovo che giocano ad incrociare i loro sguardi con i miei, a cercarsi nei movimenti senza soffermarsi più di mezzo secondo. Non so chi siano, mi rendo conto di sentirmi insopportabilmente solo, mi rendo conto di non aver neanche realizzato il sesso di chi mi sta intorno, non mi sono soffermato sulle loro t-shirt, sugli accessori; sono sicuro però che nessuno di loro sa ballare o solo non ne hanno voglia, tutti invece rolling, lo sento dall'odore, lo vedo nelle pupille di quegli sguardi che solo in quel momento inizio a ricambiare.

Poi di nuovo un fulmine torna in me riportandomi alla realtà:- sono solo e bloccato e non so neanche perché- " voglio uscire hai capito, voglio uscire che non mi piace neanche questa musica di merda"- continuavo a ripetermi mentre la mia testa acquisiva movimento autonomo iniziando a rimbalzare (- almeno lei si muoveva).

Ma gli altri dove sono? Siamo venuti in otto, lo ricordo perfettamente e ora sono solo; perché? Forse non avrei dovuto rispondere così a quel coglione, ah ecco lui è uscito fuori tutto offeso ok, ma gli altri?

No non mi dire che sono lì, crocerossini ad esprimere solidarietà verso il debole maltrattato e disprezzato verso il reietto abbandonato alla sua antipatia, alla sua repulsione, alla sua ribellione.

Eccomi qui orgoglioso coglione buttato contro il muro con il tetto che trasuda dal calore e fa ricadere goccioloni di sudore dal cielo dritti dritti sul mio cuore.

La selezione è migliorata, ha capito di doversi tirar fuori dalla fogna dove si era cacciato e si sta avvicinando alla breakbeat, leggo nelle sue intenzioni dai suoni che inizia ad accostare, si ma poi? Ho altro a cui pensare, ho da pensare a quei bastardi là fuori che giocano e sparlano nel giardinetto, parlano di me ne son certo, ora che ho bisogno bastardi compagni mi avete abbandonato.

Provo a telefonare ma non ce la faccio, prima per orgoglio, poi quasi sollevato scopro che è tutto isolato, non prende nulla e la mia angosciata solitudine diviene consolatoria auto-protezione dalla coscienza del mio errore, dal non sapersi comportare, dal mio essere incapace di chiedere scusa.

Ho voglia di lasciarmi scivolare fino a chiudere la testa fra le cosce, ma la ragione poi mi salva dall'istinto struzzesco e rimango lì, in piedi, salvo dall'ansia di accosciarsi e vivo ancora nel mio tormento paralitico. Inizio a temere di dover vomitare , il panico mi assale, paura, vergogna si mischiano in un sentimento non dissimile al dolore mentre il DJ continua a suonare un ritmo che prende sempre più, inizia a scalare e la mia testa d'improvviso riesce a rientrare nello svago.

È giunta così la breakbeat, la musica che piace a me, a persuadermi che tutto è migliore di come pensavo per il solo motivo che non ci sto pensando più, la tempesta di battute al secondo ha spazzato via tutto ed io, amici miei, ne sono uscito, non ci crederete come non ci credevo io ma sto saltellando con il mio stile nel pieno della sala, sono lì che ballo e basta, piroetto e nulla più.

Proprio in una di queste giravolte trovo gli altri con la coda dell'occhio che entrano in fila sorridendosi addosso, intercetto i loro sguardi che mi cercano tra le facce che rimbalzano, vedo volti tirati e volti sorridenti, vedo corpi maltrattati che resistono nel loro dimenarsi e vedo loro, "i miei", finalmente vicini. Mi hanno portato una birra e dicono delle cose che non capisco ma è uguale, perché non ho proprio nessuna voglia di capire, io so solo quello che devo fare: bevo un sorso di birra e poi la offro a tutti pretendendo in un modo o nell'altro che ognuno beva e accetti il mio abbraccio che loro interpretano, sghignazzando, come il gioco di uno stupido ubriaco, ma che per me è la salvezza, è la mia vita.

Poi magari un giorno, in uno spazio di assoluto silenzio, questa storia ritornerà in me e allora sarà il tempo di spiegargli tutto.

 

 

IL CIRCOLO CHIUSO

 

Pensieri ridondanti colori stanchi della mia vita spaziano nella testa pervadendo il corpo intero e il cuore di questo rumore di vuoto che sento dentro. Sentirsi stanchi, svuotati spinge chiunque a valutarsi, a considerarsi a interrogarsi, a sottostimarsi.

Io l’avevo persa, facile buttare tutto in filosofia, io l’avevo solo persa e null’altro al mondo mi fregava, né la bomba atomica né la fine della mia squadra del cuore avrebbe potuto farmi sentire coscienzioso che poi a tutto c’è fine, ad ogni inizio segue un the end. A tratti sentirsi come dentro un film, lo odiavo, mi faceva odiare tutto il mondo e la musica poi, la mia musica non mi poteva sollevare, era la fine ,la fine di tutto, con la mia depressione da schiacciare, con il vuoto che cresce fino ad inglobarti. Sto male quindi non esiste null’altro al mondo che me stesso.

 

Dai entriamo- inutile tentativo di questo coglione di dissuadermi dalla sua amichetta preferita -beh non so se è ok per gli……..aho ciao Maurì –bella fratello tutto ok?- mai lamento in me, ciao. Scusa tu che dicevi? Bella Paolè, si mò entramo pure noi- intanto con la coda dell’occhio la vedevo che mi guardava mentre parlottava con le sue amiche. Era carina da farmi impazzire, era divertente il modo in cui esaltava la sua normalità, né alta né bassa, castana, occhi marroni, viso regolare, comportamento distinto contenete la sua magia, quella voglia che metteva addosso di farla tua.

Mi piacevano i suoi movimenti, l’eco delle sue parole, mi piaceva trovare un tipo così in un posto di quel genere, mi piaceva che un tipo così frequentasse quelle quattro troiette. Iniziai a chiedere info ma nessuno sapeva nulla era un angelo e mi guardava, non ci credevo neanche io, la guardavo e lei rispondeva, ogni volta che mi allontanavo al ritorno era ancora lì in ansia per il mio ritorno e non faceva nulla per nasconderlo. Mi sentivo Tony Manero re del locale e come sensazione non era nulla male, trascinato dai "miei" in 2/3 colpetti, ero pronto ora ad affrontarla e come arrivo lì nel solito angolo non c’è più. Vago mi giro, mi volto e la vedo in pista che smolleggia con un anonimo quanto me e penso- merda che schifo. Da lì parte la mia solita dissoluzione le urla degli amici le risate da caserma merdosa e tutti quei codici che si applicano per sentirsi protetti in un ambiente esterno alla propria casa, per sentirsi tribù. Poi le gambe e le tempra non ti sostengono più e dici basta, uscendo realizzi che in molti hanno anticipato la tua scelta e così, re leone, esci soddisfatto di aver fatto il tuo. Appena fuori la rivedi in disparte in un gruppo di gente che conosci, vai a salutare tutti senza levarle mai lo sguardo da dosso e lei di nuovo sola si gira di botto e inizia a frugare nella borsetta, pensi merda e ci metti una pietra sopra, così rientri in te stesso, spallato saluti tutti i fratelli presenti, dici due cazzate a ciascuno senza vèrve né passione e sei pronto a scappare via con i "tuoi". Quando stai per fare il –ciao- generale la rivedi che ti guarda si avvicina e senza dire una parola ficca un biglietto nella tasca del piumino e ti da un bacetto sulla guancia per poi scappare via.

Eccola la notte rovinata dal pensiero di te mia nuova regina, qualsiasi cosa ci sia scritto so già che mi piacerà, so già che sarà la mia vita per le prossime settimane, sarà quello che ho.

 

Un appuntamento di sabato sera davanti ad un cinema nell’ora in cui mille spettatori escono dalle sale, dato con un biglietto anonimo, non è il massimo della sicurezza, non è ciò che piace a uno come me ,troppo ansioso per rinunciare, troppo ansioso per aver sicurezza in me. Aspetto un sacco di tempo e quando non esce più nessuno, un attimo prima che spengono le luci dell’insegna eccola che esce la mia bigliettaia preferita e sento di aver sempre amato il cinema e le sale e i produttori che consentono ad una come lei di esistere. Poi cesso di blaterare mentalmente e mi presento e parlo e sorrido e faccio pian piano sempre più me stesso, fino a sentirnmi a mio agio, fino a riuscire ad ascoltare anche quello che dice lei, apprezzarla e illudermi di capire.

Ci vediamo di nuovo ok? Dammi un bacio prima di entrare ti prego, e mentre lo penso mi saluta sorridendo e dicendo- non potrei resistere di aspettare una tua telefonata invano. IO son il re , io sono tutto ciò che esiste al mondo perché esiste lei, questo ho dentro, felice omino. E’ presto per dormire, becco gli altri al pub, mi ubriaco e poi felice del mio dolce segreto, vado a crollare.

 

Chiamo ma il tel. è spento.

Chiamo ma è spento.

Chiamo ma è spento.

Chiamo anche se ormai è tardi.

Non chiamo più………..magari domani. Merda perché a lei non ho dato il mio, perché non ho il no° di quella cazzo di Caterina l’amica sua, perché?

 

Giorni passano ed è tutto finito.

Schiaccio una vecchia amica ma penso a lei e sono triste.

Quella stessa sera vado davanti al cinema ed entro dritto come un treno. Faccio fila e me la trovo di nuovo di fronte per fortuna, allora glielo dico- un biglietto per veder te.- Sorride e mi prega di aspettare.

Io aspetto.

Esce mi saluta, mi dice che si è molto arrabbiata per il fatto che non l’ho chiamata, ma è diversa, lo vedo, capisco e mi oscuro, cazzo.

Gli spiego del telefono e lei controlla per scoppiare in una odiosa risatina isterica quando scopre di avermi dato il no° errato in una cifra. Io la odio.

Mi dice che ora deve tornare dentro, mi dice- chiamami che ci vediamo oppure ci si rincontro alla Rottimax, io sorrido e gli rispondo che lì hanno sgomberato tutto, non esiste più Rottimax. Lei sorride allontanandosi di già, io mi giro cortese ma non troppo. Ha trovato qualcun altro e poi un altro e poi un altro e capisco di non aver capito un cazzo dall’inizio, ecco perché ci ritorno.

 

 

 

 


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