I dipinti di Giorgio Orefice | Indietro |
La
biografia di Giorgio Orefice, nato a Siracusa nel 1941, Dal 1998 vive a Jesi, sempre in quelle Marche cui è particolarmente legato, senza tuttavia mai interrompere la sua attività artistica in Italia e all’estero. Emergono già nell’analisi più ravvicinata di questi scarni elementi alcuni fattori che in buona parte entrano nella sua produzione. Innanzitutto gli apporti linguistico-espressivi, le sperimentazioni molteplici (si pensi all’esperienza romana di Cinecittà con registi e attori oppure all’interesse per la scenografia in collaborazione con Pasolini). Ma non va trascurato altresì il nesso tra la pluralità degli SPAZI, qui da intendersi anche quali contatti artistici, umani, culturali della più varia specie veicolati da un senso spiccatamente sperimentalistico dell’agire artistico. Tale
sperimentalismo si è esercitato e si esercita incessantemente su
contenuti e blocchi matrici, plasmandoli parallelo nel corso della ricerca
creativa. Il
primo contatto con l’INFINITO, l’inesauribilità del cosmo minacciata
dall’esaustività delle ambizioni umane e dall’inaridirsi delle
energie è stata la scoperta dell’ecologia che lo ha visto tra i primi e
non sospetti paladini, senza certi cedimenti al sentimentalismo o alle
successive strumentalizzazioni di anni più recenti. Negli
anni Ottanta Orefice si propone come referente di una ETOLOGIS nel duplice
significato di impegno per la rigenerazione dell’ambiente
e dell’uomo, un nesso di interdipendenza bisognoso di supporti
culturali seri e di comunicatori efficaci come il Nostro Il
rapporto tra la scoperta del FRATTALISMO e le premesse per uno sbocco
INFINITISTICO dell’opera di Orefice si configura, a questo punto, assai
chiaramente. Tutto questo è alla base della scelta di una tecnica mista e della conseguente ricerca di una saldatura tra mezzo e messaggio. In
altri termini, nell’opera di Giorgio Orefice ogni elemento nasce
qualcosa che si fraziona e intraprende più vie: questo è l’INFINITO
nella sua accezione di frazionamento inesauribile. Per
questo, l’arte del Nostro è cultura in-formativa, che non solo ritrae
senza ritrarsi di fronte alle forme organizzative del percepire, ma ne
propone di nuove per il tempo a venire, per l’uomo di oggi che è già,
nel tempo infinito, possesso del futuro.
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