Zambelli
nasce a Belvedere Ostrense nel 1956.
Qui affonda le sue radici, assorbendo in modo fecondo cultura e modo di
essere della sua terra. Attualmente vive ed opera a Senigallia, dove ha
ulteriormente sviluppato con sensibilità e passione il suo sentire umano,
su cui si innesta un’arte in continua evoluzione.
Il
pittore modella il suo bagaglio espressivo sul versante dell’attualità
aggiungendo nuove tecniche più consone alla sua ricerca e, al tempo
stesso,esercitando una sapiente commisurazione tra il vissuto quotidiano
- cui non si nega né sottrae, anzi tende ad ancorarsi con
decisione e il costante
superamento della contingenza interpretativa.
Un ponte fatto di emozioni e visioni proprie viene così lanciato oltre
l’attuale per addentrarsi in uno spazio infinito ove ritrovare la
soluzione alla sua instancabile “queste”.
Zambelli “sente” il mondo come un presagio in “modi” particolari
proiettandolo su “forme” particolari, decisamente più spaziali che
reali. Ne affiora un “idemsentire” che è “acconsentire” senza
alibi o pretesti, vivificato da un vigore e da un vagare incontrastato
sull’OLTRE, secondo un personalissimo fine, un IO senza
aggettivi.
Si è di fronte a un pittore con grandi esperienze surrealistiche, in cui
il segno si fa contenitore di colore e di cultura.
L’ampio
cromatismo – tratto che immediatamente si imprime con gradevole
sensualità sull’osservatore – è attinto della strada, dalla
pubblicità, dalla vita quotidiana che in esso si trasfigurano per poi
scomporsi in caleidoscopie senza limiti.
Il segno come “contenitore” ANCHE di cultura, s’è detto.
Poiché l’arte è fondamentalmente cultura e tale dovrebbe essere: un
esternare che si prova sperimentando nel sottendere la ricerca di
soluzioni, che si matura e dialettizza nel rischio come
nell’insoddisfazione che fruttifica.
Il
Nostro si immerge nelle composizioni frattali della città come condizione
fisica e metafisica, identificabile con la profondità del pensiero, nei
meandri del ri-creare e del creare ricreandosi, del ri-produrre
all’infinito in un atto di pura energia.
Prodotto di tale espansione vero e proprio “conatus” che si fa
immaginabile, percepibile in parallelo con altri spazi e un ALTROVE che vi
si rifrange.
Zambelli
crea l’infinito per scrutarlo, scandagliandolo negli elementi
costitutivi, nell’essenza senza fine, in un’ontologia che viene
metamorfizzata e affidata ai sensi.
Egli trova e ricerca i SEGNI nei SOGNI mediante un sentire che nasce dal
percepire umano, ma si proietta come un ALTRO DA SÉ spazializzato,
estrinsecando nella tela i segni trovati, persi, e ancora ritrovati
che gli appartengono, ma che tuttavia non possiedono (forse è
proprio ciò che non vuole) mai compiutamente.
Le forme, avviluppate con naturalezza nel colore, raccontano l’irrealtà
del reale, proteso verso un a-dimensionalità in cui quelle stesse forme
si sfaldano, misteriosamente sollecitate da un forza centrifuga che le
frantuma senza posa.
Poi, sia pure per un tempo fuori dal tempo, si ricompongono in esiti di
poetica soavità, impercettibili sfumature.
La
terra di Zambelli, una tavolozza intinta nella solarità delle Marche
nelle persone, nella natura, soprattutto in una gioiosa inquietudine che
lo accompagna nel suo viaggio attraverso lo spazio dell’anima, è un
porto che non cela nostalgie ma dispensa generosamente curiosità e
desideri.
Per questo si coglie in ogni composizione di Zambelli la tensione, nutrita
dalla capacità di comunicare che risponde ad un’esigenza espressa senza
infingimenti o pudori.
L’artista indica così una via nuova, elaborando un sentire che
l’immaginazione sa filtrare con genuinità (senza scadere
nell’ingenuità o nell’espediente), scandendo i sogni ma scegliendo
con scrupolo i simboli, “frammenti di un discorso amoroso” che non
tradiscono l’intento.
Si
comprende bene come le numerose esperienze artistiche
e occasioni in cui Zambelli ha intrecciato il suo dialogo con
interlocutori diversi abbiano riscosso consensi, suscitato emozioni,
avvicinato al suo linguaggio e alla sua ricerca sensibilità di ogni
sorta.
Ma ciò che si avverte di fronte alla sua sincerità, all’assenza di
falsi pudori, alla trasparenza di un percorso che non conosce pose, è
soprattutto un sentire fatto di meditazione e fantasia, consapevolezza di un appartenere al cosmo.
L’infinità cosmica assume in Zambelli la forza di uno stimolo e non si
fa travolgere dallo smarrimento, caratteristica questa delle anime vive
come degli spiriti autenticamente liberi proprio perché pervasi dal
vitalismo.
In
questa arte che non rinuncia alla possibilità di sognare, di trascendere
spazi non più solo fisici, di attingere all’infinito movendosi nei
labirinti del finito, il Nostro sa intraprendere la ricerca e la speranza
che riducono alla radice dell’essere di ognuno di noi.
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