I dipinti di Sergio Zambelli
Indietro

Zambelli nasce a Belvedere Ostrense nel 1956.
Qui affonda le sue radici, assorbendo in modo fecondo cultura e modo di essere della sua terra. Attualmente vive ed opera a Senigallia, dove ha ulteriormente sviluppato con sensibilità e passione il suo sentire umano, su cui si innesta un’arte in continua evoluzione.

Il pittore modella il suo bagaglio espressivo sul versante dell’attualità aggiungendo nuove tecniche più consone alla sua ricerca e, al tempo stesso,esercitando una sapiente commisurazione tra il vissuto quotidiano  - cui non si nega né sottrae, anzi tende ad ancorarsi con decisione e  il costante superamento della contingenza interpretativa.
Un ponte fatto di emozioni e visioni proprie viene così lanciato oltre l’attuale per addentrarsi in uno spazio infinito ove ritrovare la soluzione alla sua instancabile “queste”.
Zambelli “sente” il mondo come un presagio in “modi” particolari proiettandolo su “forme” particolari, decisamente più spaziali che reali. Ne affiora un “idemsentire” che è “acconsentire” senza alibi o pretesti, vivificato da un vigore e da un vagare incontrastato  sull’OLTRE, secondo un personalissimo fine, un IO senza aggettivi.
Si è di fronte a un pittore con grandi esperienze surrealistiche, in cui il segno si fa contenitore di colore e di cultura.

L’ampio cromatismo – tratto che immediatamente si imprime con gradevole sensualità sull’osservatore – è attinto della strada, dalla pubblicità, dalla vita quotidiana che in esso si trasfigurano per poi scomporsi in caleidoscopie senza limiti.
Il segno come “contenitore” ANCHE di cultura, s’è detto.
Poiché l’arte è fondamentalmente cultura e tale dovrebbe essere: un esternare che si prova sperimentando nel sottendere la ricerca di soluzioni, che si matura e dialettizza nel rischio come nell’insoddisfazione che fruttifica.

Il Nostro si immerge nelle composizioni frattali della città come condizione fisica e metafisica, identificabile con la profondità del pensiero, nei meandri del ri-creare e del creare ricreandosi, del ri-produrre all’infinito in un atto di pura energia.
Prodotto di tale espansione vero e proprio “conatus” che si fa immaginabile, percepibile in parallelo con altri spazi e un ALTROVE che vi si rifrange.

Zambelli crea l’infinito per scrutarlo, scandagliandolo negli elementi costitutivi, nell’essenza senza fine, in un’ontologia che viene metamorfizzata e affidata ai sensi.
Egli trova e ricerca i SEGNI nei SOGNI mediante un sentire che nasce dal percepire umano, ma si proietta come un ALTRO DA SÉ spazializzato, estrinsecando nella tela i segni trovati, persi, e ancora ritrovati  che gli appartengono, ma che tuttavia non possiedono (forse è proprio ciò che non vuole) mai compiutamente.
Le forme, avviluppate con naturalezza nel colore, raccontano l’irrealtà del reale, proteso verso un a-dimensionalità in cui quelle stesse forme si sfaldano, misteriosamente sollecitate da un forza centrifuga che le frantuma senza posa.
Poi, sia pure per un tempo fuori dal tempo, si ricompongono in esiti di poetica soavità, impercettibili sfumature.

La terra di Zambelli, una tavolozza intinta nella solarità delle Marche nelle persone, nella natura, soprattutto in una gioiosa inquietudine che lo accompagna nel suo viaggio attraverso lo spazio dell’anima, è un porto che non cela nostalgie ma dispensa generosamente curiosità e desideri.
Per questo si coglie in ogni composizione di Zambelli la tensione, nutrita dalla capacità di comunicare che risponde ad un’esigenza espressa senza infingimenti o pudori.
L’artista indica così una via nuova, elaborando un sentire che l’immaginazione sa filtrare con genuinità (senza scadere nell’ingenuità o nell’espediente), scandendo i sogni ma scegliendo con scrupolo i simboli, “frammenti di un discorso amoroso” che non tradiscono l’intento.

Si comprende bene come le numerose esperienze artistiche  e occasioni in cui Zambelli ha intrecciato il suo dialogo con interlocutori diversi abbiano riscosso consensi, suscitato emozioni, avvicinato al suo linguaggio e alla sua ricerca sensibilità di ogni sorta.
Ma ciò che si avverte di fronte alla sua sincerità, all’assenza di falsi pudori, alla trasparenza di un percorso che non conosce pose, è soprattutto un sentire fatto di meditazione  e fantasia, consapevolezza di un appartenere al cosmo.
L’infinità cosmica assume in Zambelli la forza di uno stimolo e non si fa travolgere dallo smarrimento, caratteristica questa delle anime vive come degli spiriti autenticamente liberi proprio perché pervasi dal vitalismo.

In questa arte che non rinuncia alla possibilità di sognare, di trascendere spazi non più solo fisici, di attingere all’infinito movendosi nei labirinti del finito, il Nostro sa intraprendere la ricerca e la speranza che riducono alla radice dell’essere di ognuno di noi.