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Il
condominio è un
ente di gestione che si costituisce senza alcuna
formalità immediatamente dopo la costruzione
dell'edificio e la vendita anche di uno solo degli
appartamenti di proprietà esclusiva.
L'assemblea
condominiale può
adottare qualsiasi deliberazione inerente alla
gestione condominiale, anche se non è stata redatta
la tabella millesimale per la ripartizione delle
spese, e anche se soprattutto non è stato ancora
approvato e trascritto un regolamento condominiale.
Se i condomini sono in numero maggiore di dieci è
obbligatorio dotarsi di un regolamento condominiale
ai sensi dell'art. 1138 del Codice civile.
I
dettami del regolamento
di condominio,
relativi all'uso delle cose comuni, vincolano i
condomini e devono essere osservati non solo dai
proprietari condomini, ma anche da coloro che
utilizzano le proprietà esclusive, quali i
conduttori e i comodatari dei singoli appartamenti
costituenti l'edificio.
Nel caso un conduttore violi una clausola del
regolamento, per tale inadempimento nei confronti
del condominio è responsabile comunque il condomino
proprietario (il quale è sempre il capro espiatorio
di tutto).
Regolamento
contrattuale e assembleare
Il
regolamento contrattuale
è quello
predisposto dall'unico costruttore o proprietario
dell'edificio e fatto accettare dagli acquirenti
delle singole unità immobiliari con il rogito
notarile.
Il regolamento
assembleare è
quello approvato dall'assemblea dei condomini ex
art. 1138 del Codice civile.
Il regolamento
contrattuale
contiene sia norme regolamentari che norme
propriamente contrattuali. Hanno natura contrattuale
le disposizioni che incidono nella sfera dei diritti
soggettivi di ciascun condomino, mentre hanno natura
regolamentare le norme riguardanti le modalità
d'uso delle cose comuni e in genere l'organizzazione
e il funzionamento dei servizi condominiali. Devono
essere considerate clausole contrattuali, anche
quelle riguardanti l'uso delle cose comuni, quando
dalla loro eventuale modifica possa derivare un
pregiudizio ai diritti che ciascun condomino ha
sulla cosa comune.
Le norme
regolamentari sono
suscettibili di variazione con una delibera adottata
dalla maggioranza prevista dal secondo comma
dell'art. 1136 del Codice civile , vale a dire con
una maggioranza di cinquecento millesimi e la
maggioranza degli intervenuti all'assemblea.
Le norme
contrattuali possono
essere modificate soltanto con l'approvazione
all'unanimità di tutti i condomini rappresentanti
l'intero valore dell'edificio e in particolare con
un voto manifestato in forma scritta. Tra le
clausole di cui trattasi rientrano quelle che
stabiliscono i criteri di ripartizione delle spese,
incidendo le stesse sulla sfera soggettiva dei
condomini. In ogni caso qualora le spese di
manutenzione di alcune parti dell'edificio siano
attribuite soltanto ad alcuni condomini, la
presunzione di comproprietà opera a favore
esclusivamente di tali condomini.
E' legittima
una deroga ai criteri di riparto previsti dall'art.
1123 Codice civile compresa la clausola di esonero
parziale di una singola unità dal contributo alle
spese, soprattutto se il regolamento del condominio
è stato predisposto anteriormente all'entrata in
vigore dell'attuale Codice civile. In sostanza il
regolamento contrattuale predisposto dall'originario
unico proprietario dello stabile costituisce un
contratto e assume forza vincolante in quanto
accettato dai singoli acquirenti dei diversi
appartamenti dello stabile, mediante atto specifico
di adesione consensuale contenuto sostanzialmente
nel rogito d'acquisto dell'immobile.
Il regolamento
contrattuale
costituisce una convenzione pattuita tra tutti gli
acquirenti dello stabile in condominio, dove possono
essere inserite clausole vincolanti per tutti i
condomini anche se in difformità della normativa
legislativa purché non si tratti ovviamente di
norme inderogabili per legge (art. 1138, ultimo
comma Codice civile ). E' ammissibile l'inserimento
nell'ambito del regolamento contrattuale, di una
ripartizione delle spese condominiali diversa da
quella stabilita dalla legge.
Con il regolamento
contrattuale,
predisposto dall'originario proprietario dell'intero
stabile e non adottato in base all'art. 1138 del
Codice civile dall'assemblea condominiale, è
possibile porre limiti alle proprietà esclusive
private, come per esempio vietare di apporre
insegne, targhe o qualunque altra attrezzatura
similare sui muri perimetrali comuni dell'edificio
cioè porre limiti all'aspetto architettonico
dell'edificio.
Altri divieti
possono essere fissati con regolamento contrattuale
come i divieti sulla destinazione dei singoli
appartamenti di proprietà esclusiva . Tali
limitazioni configurano un vero e proprio onere
reale e quindi per essere validi devono essere stati
accettati da tutti i condomini come avviene per
l'appunto nell'ambito di un regolamento condominiale
contrattuale accettato da tutti gli acquirenti dei
singoli appartamenti di proprietà esclusiva.
I limiti di
destinazione alla proprietà esclusiva
possono anche essere deliberati dall'assemblea
condominiale purché adottati all'unanimità da
tutti i condomini costituenti il condominio. I
limiti di destinazione degli appartamenti di
proprietà individuale normalmente ineriscono l'uso
abitativo che non può essere mutato in uso diverso
cioè in usi particolari quali studi medici,
palestre, discoteche, ovvero altre attività
pericolose o rumorose e che possono pertanto essere
vietate nell'ambito condominiale.
Anche i conduttori
di singole unità immobiliari sono obbligati ad
osservare le norme del regolamento condominiale nei
limiti e con le facoltà che eventualmente competono
ai condomini loro locatori.
Fonte
Proprietari Casa.org
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