IL DIO DI MIO PADRE

TORNA ALL'ELENCO DELLE OPEREPuò celebare gioie e misfatti del proprio impossibile padre. Oppure raccontare una fuga da casa per cercare di entrare a far parte dellla squadra di baseball dei New York Giants. O ancora descrivere l'eroica epopea di un lavoratore filippino alla conquista di una bionda americana, e con lei di tutta l'America. Quale che sia la situazione, John Fante sa come arrivare al cuore dei lettori. Riesce a stupirli e a commuoverli con la calda, quasi disarmante immediatezza di una scrittura che sembra alimentarsi direttamente dalla vita. Questi racconti, finora inediti in Italia, risalgono per lo più agli anni Quaranta e ai primi anni Cinquanta, e sono un'ulteriore conferma della straordinaria vitalità di uno scrittore che come pochi ha saputo rappresentare gli incanti e gli "assoluti" della fanciullezza e dell'adoscelenza, le intermittenze e le ribellioni di un carattere giovane e "ruggente", che sa sorridere di fronte alle lusinghe e ai disinganni dell'esistenza. Diceva Charles Bukowski: "Fante scrive con le viscere e per le viscere, con il cuore e per il cuore".

"Perché non te ne vieni mai a messa con noi?" gli domandava spesso mia madre. "A che scopo? Dio vede la mia famiglia in chiesa. Basta questo. Lui sa che sono io che ce li ho mandati: Dio è ovunque, quindi perchè mai devo andare a vederLo in chiesa? Lui sta anche qui, in questa casa, in questa stanza. E' nella mia mano. Guarda. E' proprio qui. E' nei miei occhi, nella mia bocca, nelle mie orecchie, nel sangue. Dunque che senso ha farsi otto isolati a piedi nella neve, quando tutto quello che devo fare è star seduto qui con Dio nella mia propria casa?"

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