Introduzione :

A Nord-Est di Viterbo, tra i monti Cimini e la valle del torrente Vezza, sorge Vitorchiano, caratteristico e pittoresco borgo medievale.

Il paese è posto su grandi massi di peperino ed è protetto a sud da mura intramezzate da torri ancora tutte coronate di merli, ad est, ovest e nord da profondi e ampi burroni.

Il territorio di Vitorchiano si estende a nord dei monti Cimini per una superficie complessiva di Kmq 29,6.

Confina con Viterbo, Bomarzo e Soriano nel Cimino.

E’ un territorio prevalentemente collinare ricco di noccioleti, vigneti e di uliveti. Non mancano i boschi di querce e numerosi ed accoglienti castagneti.

 

Storia :

All’interno delle mura castellane conserva la tipica architettura medievale con le caratteristiche case, le torri, le viuzze, le piazzette, le scale esterne.

Le sue origini, dati i numerosi reperti archeologici tra cui avanzi di muri a conci di peperino senza malta, sembra risalgano al tempo degli Etruschi.

La zona fu abitata anche in epoca romana.

Desiderio, ultimo re dei longobardi, circa l’anno 757, edificò e ristrutturò nel viterbese città e castelli e, tra questi ultimi, Vicus-Orchianus o Orclanus, oggi Vitorchiano, per garantire agli abitanti dell’etrusca Orchia od Orcla, un luogo di dimora migliore.

Lo stemma di Vitorchiano raffigura una torre merlata sormontata da una corona, un ramo di quercia ed uno di alloro e le lettere S.P.Q.R., (in ossequio alla sua devozione a Roma).

La torre è il simbolo del paese, della città. La quercia è il simbolo della forza e l’alloro il simbolo della virtù, del valore, del trionfo, della vittoria. La corona civica è il simbolo di autorità, di onore, di prestigio. Le lettere S.P.Q.R. significano “il Senato e il popolo romano”.

Vitorchiano poté inserire tali lettere nel proprio stemma intorno al 1265 perché il Campidoglio concesse al paese il titolo di “Terra fedele” e l’onore veramente singolare di potersi fregiare dello stesso identico stemma di Roma e di poter far uso, nel proprio sigillo bronzeo, del motto :

 

“Sum Vitorclanum castrum membrumque romanum”

“Vitorchiano, castello e parte di Roma”

 

I FEDELI DI VITORCHIANO e MARZIO

I motti e le iscrizioni che si leggono numerosi sulle facciate di antiche case, su architravi di porte e finestre del palazzo comunale, lo stemma di Roma sulla torre d’ingresso al paese e sulle porte di private abitazioni, stanno a testimoniare il legame spirituale che unisce Vitorchiano a Roma fin dai tempi più remoti “sembra che fosse al cader dell’etrusca nazione” asserisce il Bovani, storico vitorchianese, riferendo nel suo libro “Memorie dei Fedeli di Campidoglio” la poetica e patetica leggenda di Marzio.

Nel palazzo dei conservatori in Campidoglio c’è una statua di fattura greca “Lo spinario” e cioè un giovane che si estrae una spina dal piede sinistro.

Una leggenda dice che quel ragazzo, il pastore Marzio, partì sfrecciando dalla sua città, Vitorchiano, per recare a Roma una notizia allarmante: i nemici (viterbesi) stavano marciando alla volta della capitale. Durante il tragitto si tolse una spina dal piede sinistro e proseguì.

Giunto in Campidoglio fece appena in tempo ad avvertire i Romani del pericolo incombente, perché trafelato ed esausto come era, stramazzò a terra e morì.

“Meravigliati i Romani di tanta virtù, onorato lo vollero di statua in bronzo, che fu poi monumentato dell’arte, che tuttora tra li molti bellissimi del Campidoglio si ammira, ed i Vitorchianesi in conto si ebbero di Fedeli titolo che sino ad oggi gloria rimane” (Bovani).

 

LE MURA CASTELLANE

Le mura che a mezzodì delimitano il paese furono erette “a riparo delle inimiche escursioni” (Bovani) fin dal 1200. Sono intramezzate da torri quadrilatere e delimitate ad est e ad ovest da due torrioni rotondi. In una delle torri quadrilatere, la centrale, si apre la principale ed unica porta d’ingresso al paese: Porta Romana. Le mura complete di merli a forcella, alla Ghibellina, con barbacani e feritoie, sono in pietrella di peperino e si estendono per un fronte di circa 250 metri. All’altezza dei merli lo spessore è di 50 centimetri, al livello del suolo raggiunge il metro e mezzo e due sono le riseghe. 

Nel corso degli anni nel pomerio interno vi furono addossate abitazioni, sicché ora si notano in più punti aperture che ne deturpano l’aspetto estetico. Le mura nel corso degli anni hanno subito riparazioni e restauri, l’ultimo dei quali quello a cui ha provveduto la Soprintendenza ai monumenti del Lazio nel 1963.

 

PORTA ROMANA

E’ la principale porta che immette nel castello ed è chiamata così perché rivolta a Sud, verso Roma.

La costruzione della torre che sovrasta la porta e dell’intera cinta muraria risalgono al XIII secolo. È quadrilatera, tutta a pietrelle di peperino con un arco a grosse bugne lavorate di notevole bellezza.

La torre è stata più volte restaurata perché nel tempo ha dovuto subire l’urto degli assalti e varie e profonde lacerazioni; l’ultimo restauro risale al 1625 come risulta, in cifre romane, alla base dell’arco.

È munita di bertesche e cateratte e le fanno da corona merli a forcella, a coda di rondine (ghibellini) completi di barbacani.

Sopra l’arco c’è uno stemma identico a quello di Roma con le lettere S.P.Q.R.

Anticamente l’ingresso al paese doveva avvenire attraverso un ponte levatoio, come lascia pensare il fossato che separa le mura dal terreno circostante, ora riempito nel tratto prospiciente l’entrata.

Entrando ci si trova nella piccola Piazza della Trinità che si collega a Piazza Roma tramite la lunga via Arringa.

 

VIA ARRINGA

E’ la principale via del paese. Va da Piazza della Trinità a Piazza Roma.

        Si chiama Via Arringa, perché nel passato dava adito alla Piazza centrale ove si tenevano gli arenghi, cioè le riunioni dei cittadini, per discutere problemi d’interesse pubblico o per ascoltare le comunicazioni dei capi.

A circa un terzo della via è da notare un architrave in peperino che reca una scritta di fedeltà a Roma, in lingua latina :

 

“Deo ubique hiis in terra parendum est”

“A Dio bisogna ubbidire in ogni luogo, in terra a Loro” (ai Romani).

 

PIAZZA ROMA

E’ la piazza principale del paese. Vi si trovano il Palazzo Comunale, la fontana a fuso, la torre dell’orologio, la casa del podestà ed inoltre la chiesetta rinascimentale dedicata a S. Antonio Abate.

La piazza è un punto di congiunzione tra la parte più antica e quella sorta in un secondo momento all’interno della cinta muraria.

Si eleva in questa piazza, davanti alla torre dell’orologio, una delle più artistiche fontane in peperino, così dette a fuso, esistenti in provincia di Viterbo, costruita tra il 1200 e il 1300.

Ha una vasca circolare contornata da cornice ed esternamente adorna di archetti trilobati entro specchi rettangolari. In mezzo alla vasca si eleva un tronco di colonna con capitello tozzo a larghe foglie arricciate, sul quale posa un cippo parallelepipedo che termina a piramide tronca, il cui finale si svolge in un fiore.

Il cippo è diviso in due parti: nella parte inferiore si elevano dalla base quattro colonnine sostenute da quattro archetti da cui sbucano quattro figure che gettano acqua dalla bocca. Le figure rappresentano gli emblemi dei quattro evangelisti:

Il leone (San Marco)

Il vitello (San Luca)

L’aquila (San Giovanni)

L’angelo (San Matteo)

Nella parte superiore del cippo ci sono quattro targhe araldiche triangolari in una delle quali appaiono, in rilievo, le lettere S.P.Q.R.

 

PALAZZO COMUNALE E TORRE DELL’OROLOGIO

Il palazzo del Comune è uno dei migliori della provincia di Viterbo. La sua costruzione risale agli anni che vanno dal 1400 al 1450. Le finestre verso la piazza principale sono a forma di croce guelfa. Nell’interno c’è una grande sala dove si riunisce il Consiglio comunale e sulle cui pareti vi sono : un piccolo pulpito di forma semicircolare con cornice e tre stemmi a rilievo (uno di Roma e due del Comune), e un caminetto entrambi in peperino ed un fascione affrescato tutto intorno alle pareti. Sugli architravi in peperino delle porte all’interno della sala e all’esterno ci sono scritte in lingua latina che ricordano la fedeltà a Roma.

 

“Romano imperio perpetuo dicatum”

“Devoto in perpetuo all’Impero di Roma”

“Romano imperio summa fidelitas”

“Fedeltà somma all’Impero Romano”

 

“Deo Romaeque esto fidelis”

“Siate fedeli a Dio e a Roma”

 

Il palazzo comunale è aderente alla torre, alta 16 metri, eretta per difendere il secondo ingresso del castello, comunemente chiamata “la torre dell’orologio”.

Sulla torre ci fu collocato un orologio a pesi fin dal 1470.

La torre dell’orologio, ha un balcone in ferro battuto dal quale i capi del paese parlavano alla folla radunata nella piazza sottostante.

Alla base della torre dell’orologio si trova una lapide in pietra affissa nell’anno 1320 come risulta dalla lapide stessa. Vi è scolpito a caratteri gotici un bando municipale, la cui traduzione è difficile per le forti abbreviazioni, ma che in sostanza dice che è vietata la dimora nel castello di Vitorchiano agli omicidi ed ai traditori sotto pena di una grossa multa.

 

SANTUARIO DI S. MICHELE ARCANGELO

Da Piazza Roma, attraverso la sottostante “Porta Tiberina” si raggiunge il grazioso rifugio eremitico dedicato a San Michele Arcangelo protettore del paese.

Il Santuario sorge su di un colle, ed è raggiungibile attraverso Porta Tiberina ed una caratteristica strada tutta a zig zag: “Le Piagge”. Fu costruito nel 1358. La piccola chiesa ha sulla facciata un rosone in alto, e sulla parte laterale che guarda verso il paese è incorporato un campanile a vela con una campana. Nell’interno si trova una statua del Santo a grandezza naturale, in peperino.

Anticamente la patrona di Vitorchiano era la Madonna Assunta in Cielo alla quale è dedicata la chiesa principale. In seguito nel 1319 fu scelto San Michele Arcangelo.

Sembra che a voler questo cambiamento fu il parroco del tempo che recatosi a Sant’Angelo del Gargano, in Puglia, dove era avvenuta l’apparizione del Santo, al suo ritorno abbia esternato il desiderio di proclamare S. Michele nuovo protettore del paese e di costruire una chiesa in suo onore.

E così, con il consenso del paese, costruì la chiesa.

La festa del patrono San Michele si celebra l’otto maggio, giorno della sua apparizione.

Per l’occasione, una processione, caratteristica per la partecipazione delle confraternite con Cristi e lanternoni adorni di fiori e della banda musicale, si reca al santuario, seguita da un gran numero di fedeli.

Fino a non molto tempo fa, dopo la processione, accadeva la “Pacchia”, pranzo completo e gratuito che il Comitato dei festeggiamenti offriva a tutti i pellegrini, nei locali attigui alla chiesa.

Oggi rimane ancora l’usanza della “Poggiata” che consiste nel trattenersi dopo la cerimonia religiosa, a gustare le famose ciambelle all’anice e il buon vino che i “Festaroli” distribuiscono gratuitamente ai presenti.

 

CHIESA DI S. MARIA ASSUNTA IN CIELO

La chiesa di S. Maria è la più importante del paese dal punto di vista architettonico ed è la chiesa Madre. Si trova oltre la seconda porta, proprio nel cuore del Borgo. La chiesa risale alla seconda metà del XIII secolo ed ha incorporato un bel campanile di stile gotico a tre ordini di finestroni, monofori, bifori e trifori, adorni di colonnine e di archetti trilobati. Sulla facciata principale ha porte e finestre rettangolari ed un gran rosone centrale in alto.

Interessante il portale laterale presso il campanile, con un acuminato timpano triangolare a contorni lobati.

Nell’interno ha una navata con tetto a capriate, si notano tracce di alcuni affreschi, tra cui uno raffigurante l’incredulità di S. Tommaso e un altro raffigurante il battesimo di Gesù; veramente notevole la figura del S. Giovanni che fa pensare ad influenze di buone scuole pittoriche.

Vi sono un pergamo pensile, un’acquasantiera in pietra e un artistico fonte battesimale.

 

CHIESA DELLA SS. TRINITÀ

La Chiesa, la cui costruzione risale al XIV secolo, si trova all’ingresso del paese appena varcata porta Romana, sulla sinistra, in piazza della Trinità. È nota al popolo come chiesa di S. Amanzio in quanto ne conserva le spoglie. Tutta a conci di peperino, ha sulla facciata, un rosone centrale, un portale decorato con sull’architrave piano un frontone ad arco di tutto sesto.

Nell’interno, ha una navata con tetto a capriate, sulla parete destra, è motivo d’attrazione un affresco di notevole bellezza: “L’Annunciazione” A sinistra nella cappella laterale, interessante è la bella e ricca urna di legno scolpito, laminato in oro, contenente il corpo di S. Amanzio e i bei quadri ad olio raffiguranti uno la morte di S. Giuseppe, l’altro S. Michele nell’atto di uccidere Lucifero. Al centro del presbiterio richiama l’attenzione un crocefisso in legno, a grandezza naturale, risalente al XVI secolo. Il campanile di stile romanico è stato incorporato alla chiesa in un secondo momento. È di pianta quadrata, ha due ordini di finestroni monofori ad arco di tutto sesto e pronunciate trabeazioni orizzontali che ne separano in modo armonico l’entità volumetrica.

 

I PROFFERLI

Per le vie del paese si possono notare molti elementi architettonici. Questi elementi si trovano in molte case e consistono ora in una fila di archi, ora in una nicchia culminante, ora in un’artistica loggia, ora in stemmi a rilievo su portali d’egregia fattura, ora in profferli che se ne stanno nella via. I profferli sono elementi tipici della architettura vitorchianese e consistono in scale esterne che conducono in un balcone di accesso della casa, sostenuto da un arco a sesto ribassato.

 

EX CHIESA DI S. PIETRO

Fuori le mura è da ricordare la ex chiesa di S. Pietro, ma soltanto per il suo portale, o meglio, per gli stipiti del portale in peperino, lavorati con cura in bassorilievo e riproducenti fantastici disegni: girali di vite, grossi girali fogliacei, rozze figure umane e strani animali. Il portale è rettangolare con trabeazione monolitica che sorregge un arco.

Gli stipiti sono sormontati da capitelli di diversa fattura. Questo portale, così costituito, è, secondo alcuni, la traduzione di motivi romanici reinterpretati con arte rozza da qualche maestranza locale, secondo altri, invece, cosa più verosimile, il risultato di una composizione di motivi ornamentali appartenenti ad opere architettoniche diverse. Per quanto riguarda gli stipiti e i capitelli, si pensa siano stati asportati, in epoca medioevale, dalla vicina Ferento. Il portale è interessante in quanto costituisce l’unico esempio del genere nei dintorni di Viterbo.

 

CHIESA DELLA MADONNA DI S. NICOLA

Fuori delle cerchia delle mura, a qualche centinaio di metri dal paese, sulla strada per Viterbo, si trova la chiesa di S. Nicola, cui è annesso un monastero di monache clarisse.

Le origini della chiesa nota al popolo come chiesa delle Monache, risalgono tra la fine del XV secolo e il principio del XVI e ad essa apportarono un contributo costruttivo di rilievo, artigiani lombari che operarono a Vitorchiano in quel periodo. La facciata, a conci di peperino, con tetto a doppio spiovente, presenta un portale architravato coronato da una lunetta sormontato dal grande occhio tondo del rosone, con ai lati, due finestre rettangolari, ed in alto, il monogramma di S. Bernardino da Siena. Sul tetto, dietro l’abside, spunta un piccolo campanile a vela con due campane che sembra provengano dall’antica e vicina Ferento.

L’importanza della chiesa, dal punto di vista artistico, è dovuta ai numerosi e buoni affreschi di scuola viterbese che si trovano al suo interno e che coprono, dal pavimento al soffitto, tutte le pareti dell’unica navata.

Di essi i più importanti sono: “La Vergine protettrice delle puerpere” sulla parete destra, “La Pietà” su quella sinistra ed infine “Il Giudizio Universale” sul catino dell’abside. Altri affreschi di minore rilievo artistico riguardano episodi della vita della Madonna, di Gesù, nonché di S. Nicola di Bari. L’altare maggiore è in peperino e vi si scorgono in alto le lettere S.P.Q.R. e, in basso, lo stemma di Vitorchiano.

La chiesa fu consacrata nel 1533 e le suore vi risiedono dal 1909.

 

CHIESA DI S. ANTONIO DI PADOVA

A circa 800 metri dal centro storico, lungo la strada che porta allo scalo ferroviario, si trova la chiesa di S. Antonio di Padova, nota al popolo come chiesa dei frati. Di stile rinascimentale, a pianta rettangolare, la sua costruzione risale al 1793, anno in cui fu costruito anche l’annesso convento Francescano.

All’interno della chiesa, ad una navata e volta a botte, si accede attraverso un pronao e tre arcate di tutto sesto antistante la facciata. L’altare maggiore, struttura architettonica del 1880, con fredda ispirazione al 1600, è in muratura: due pilastri portanti, affiancati da colonne sempre portanti con capitello corinzio in muratura a stucco, sorreggono una trabeazione con piattabanda fregiata, sormontata da un timpano triangolare dentellato anch’esso fregiato, nel cui centro si nota un quadro, con grande cornice a stucco, rappresentante S. Francesco che adora la croce e S. Antonio in estasi davanti all’Immacolata Concezione.

Il tabernacolo, di cui non si conosce l’epoca, è in legno, a pianta ottagonale, diviso in due ordini da una balaustra ed è sormontato da una cupola lignea ottagonale alla turca. Nell’abside piatta vi è un coro ligneo, a nove specchiature, con relativi seggi e inginocchiatoi, del XIV secolo, di manifattura locale.

All’interno della chiesa vi sono alcuni dipinti ad olio su tela e tavola di non trascurabile rilevanza artistica, come quello che raffigura la Madonna a mezzo busto che attorno al capo reclinato ha un’aureola di stelle, inserito in una cornice a stucco facente parte del secondo altare della parete di sinistra.

I dipinti, tutti di autore ignoto, sono del XVI-XVII-XVIII e XIX secolo ed alcuni hanno subito nel tempo ridipinture.

Il piccolo campanile quadrangolare, opera di un artigiano locale, come attesta una lapide posta nel chiostro del convento, è stato eretto appena mezzo secolo fa, nel 1933.

 

SANTA ROSA

Esule da Viterbo perché in contrasto con i reggitori della città di quel tempo, contro i quali si era levata più volte denunciando il dilagante malcostume morale e politico, S. Rosa si stabilì, in soggiorno obbligato, a Vitorchiano in una modestissima casa del vecchio borgo di recente provvista di una lapide commemorativa. Durante la permanenza a Vitorchiano, era l’anno 1250, S. Rosa avrebbe compiuto alcuni miracoli: la restituzione della vista mediante preghiera ed apposizione delle mani ad una fanciulla di nome Delicata e la conversione di un’eretica “la maga” mediante la prova del fuoco. S. Rosa fece suonare le campane, convocò la popolazione, si inserì nel fuoco che precedentemente aveva fatto accendere e ne uscì, una volta spento del tutto, illesa nelle vesti e nel corpo. I Vitorchianesi, memori di questi prodigi eressero poi per la Santa un altare nella chiesa principale.

 

EX CONVENTO DI SANT’AGNESE

Particolare risalto vorrei dare all’ex convento di Sant’Agnese che è stato recentemente oggetto di restauro (durato circa dieci anni), su progetto dell’architetto Antonio Lisoni, per adibirlo ad “Ostello della gioventù”.

Il monastero ha origine dall’aggregazione spontanea di alcune giovani che vivevano insieme, in povertà, in una casa; successivamente però il primitivo nucleo spontaneo diventa “regolare” ed il Capitolo di S. Giovanni in Laterano, regala una chiesa, dedicata a S. Agnese, al momento della costituzione del monastero.

Nel 1368 le monache ottengono l’autorizzazione a spostare la chiesa in altro luogo, come riportato da P. Giovanni Maria da Vitorchiano nella “Breve cronologica descrizione della fedelissima terra di Vitorchiano”:

 

“…Or scendendo al particolare di quella Terra di Vitorchiano, soggetta all’Ordinario della Città di Bagnorea, è da sapersi, che oltre le due Parochie, Offiziate da quattro Rettori Curati, e da’ loro respettivi Cleri, si trova decorata di un ricco monistero di Vergini, sotto il titolo di S. Agnese, e Regola di S. Agostino, coll’uso del Pastorale all’Abadessa pro tempore, e del Rocchetto, dette perciò rocchettine. E benché della fondazione di questo convento non ve ne sia certa memoria, quanto al tempo, si ha però delle croniche locali, che nell’Anno 1368 dalle suddette Religiose si riportò licenza dal Capitolo Lateranense di rimuovere la loro Chiesa da un luogo, per riedificarla in un altro, sotto il medesimo Fondo Lateranense, con tutte le grazie, e privilegi, che prima godevano, per Istrumento rogato da Gioan Pietro Berti Romano il dì 28 Dicembre Anno Suddetto…”    

 

Il 13 dicembre del 1377 dal Capitolo di San Giovanni in Laterano fu data licenza a frate Joanni Francesco da Camerino, Rettore di San Michele Arcangelo, per poter ordinare le monache a pagare ogni anno di censo al Capitolo predetto “tre once di zaffarano nelle feste di Pasqua di Resurrezione…” (documentata nel Gobbino)

La confermazione del monastero di Sant’Agnese fu fatta insieme a quella di S. Michele Arcangelo e di Santo Nicolao il 20 agosto del1426 (documentata nel Gobbino).

Il monastero è edificato, nel 1466, sul suolo concesso dalla Comunità e, all’epoca della costruzione, confina con la proprietà della comunità, il monte frumentario e la strada pubblica.

La consacrazione della chiesa risale al 13 maggio del 1533, come riporta il “Gobbino”:

“…Il Rev. Mons. Lorenzo Pastorello de Bagnorea deputato dal Rev. Mons. Justo Cortese Vicario del Vicario del Vescovo di Bagnorea ad istanza e d’ordine della commmunità di Vitorchiano a dì 10 maggio 1533 consacrò la Chiesa della Madonna di Santo Nicola della terra di Vitorchiano.

A dì 11 del d. mese il d. Vescovo Pastorello consacrò la Chiesa della Trinità dentro la terra di Vitorchiano.

A dì 12 del d. mese consacrò la Chiesa di S. Maria dentro la terra di Vitorchiano.

A dì 13 del d. mese consacrò la Chiesa di Santa Agnese dentro la terra di Vitorchiano…”

 

Nel 1587 il monastero diventa membro annesso di S. Giovanni in Laterano ma, già nel 1578, un sacerdote sovrintende alla vita del monastero, preoccupandosi di stipulare nuovi contratti di affitto, nel caso di inadempienza, per i locatari di terreni di proprietà del monastero, coltivati a grano, fieno, lino.

Il sacerdote si preoccupa anche della sistemazione del convento utilizzando “La vecchia chiesa in mezzo al monastero, divisa in altezza con un solaio facendo sopra un dormitorio per dieci letti e sotto stanza per ritener farina e fare il pane”.

La nuova chiesa (ora conosciuta con il nome di Auditorium) doveva essere costruita nell’orto del palazzo comunale creando anche motivo di controversia con il Comune, tanto da richiedere la presenza dei Conservatori di Roma per cercare di dirimere la controversia.

Il contenzioso con il Comune continua anche negli anni successivi ed infatti, nel 1692, devono essere chiuse le finestre del Comune che affacciano verso il convento perché, essendo poste in alto, permettono la visuale dell’interno del convento, contravvenendo le ferree regole della clausura.

Il progetto della nuova chiesa procede e, nel 1587, essa è già funzionante, anche se non terminata completamente, e vi si può svolgere la cerimonia di iniziazione di una monaca.

I lavori comunque, si protraggono negli anni:

-1636 viene costruito il nuovo coro ad opera di Angelo Leni e Giambattista Viali da Viterbo;

-1678 viene costruito l’organo ad opera di Emilio de Angelis da Bagnaia;

-1705 si cominciano i lavori per costruire il noviziato;

-1707 costruzione del ciborio, della sagrestia e del parlatorio.

 

Tutto il complesso, costituito dalla chiesa di S. Agnese e dal monastero, è costituito da due blocchi di costruzioni di cui uno, comprendente la chiesa ed alcuni spazi destinati ad attività comuni, è articolato intorno al cortile interno e l’altro, a cinque piani, che si erge sul giardino esterno, ospitava le celle del monastero.

Molti gli elementi decorativi da segnalare, soprattutto nell’ala della chiesa di S. Agnese a cominciare dal portale d’ingresso, opera del 1490, di M. Giorgio.

All’interno, lungo l’asse maggiore dell’aula rettangolare, si trova l’altare maggiore in muratura, attribuibile ad un periodo variabile tra il secolo XVII e il secolo XVIII, incorniciato in alto da due finestroni.

Lungo le pareti laterali due altari in muratura e stucco de secolo XVII in cui le due colonne ripartiscono gli spazi dedicati alla decorazione pittorica, poi riunificati dall’apparato decorativo a stucco.

Le celle delle suore hanno soltanto delle piccole aperture con grata poste in alto e sono caratterizzate dalle scorniciature in peperino che insieme ad alcuni fregi denotano una costruzione di clausura, ma anche di bellezza architettonica.

L’intera struttura è costituita da mura portanti di grande spessore, non sempre parallele ed ortogonali tra loro. La muratura è eseguita in pezzame di pietrame misto. La parte est è stata ristrutturata e consolidata con catene di acciaio, corde di retiflex e piccole iniezioni di cemento.

 

 

Alcune vedute dell’ex Convento di S. Agnese dopo il restauro

 

 

        

 

 

Pianta di Vitorchiano                           Pianta dell’ex convento di S.Agnese

 

 

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